Talento che sboccia e coraggio premiato: la virtù di chi crede nel "nuovo corso"

Luis Enrique e Southgate
Luis Enrique e Southgate / Soccrates Images/Getty Images
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Quante volte si sente parlare di "nuovo corso" o di "nuovo ciclo" riferendosi a un progetto calcistico? Si tratta spesso di un modo diverso di guardare al fallimento, provando a proiettarsi oltre e a lasciarsi alle spalle il peso di risultati deludenti, talvolta ripetuti.

Ne sa qualcosa, o anche di più, la Nazionale italiana che, di fatto, rappresenta il prototipo esatto di quel che un nuovo corso, appunto, dovrebbe significare: risorgere dalle ceneri di un fallimento, la quintessenza del disastro sportivo della mancata qualificazione ai Mondiali 2018, per costruire nuove basi, un'identità diversa, un gruppo che non sia soltanto un'unione di singole parti ma qualcosa di più.

Ed Euro 2020 consegna un quadro piuttosto efficace a tal proposito, permettendoci di individuare più esempi di "nuovi cicli" in contesti che, anche se in misura diversa, richiedevano una rinascita, un riscatto. Prendiamo qui in considerazione nello specifico i casi di Spagna, Inghilterra e Germania, percorsi più o meno virtuosi e riusciti di rinnovamento, di approccio verso il nuovo che avanza.

Il coraggio di Luis Enrique

L'esempio più radicale è probabilmente quello spagnolo, nel nome di Luis Enrique: è pacifico come una Nazionale campione di tutto tra il 2008 e il 2012 (due Europei e un Mondiale) viva come fisiologico un calo, una fase discendente rappresentata dal disastroso Mondiale brasiliano del 2014 e dagli ottavi di finale di Russia 2018 e Francia 2016. Al contempo va riconosciuto l'esercizio di coraggio e sfrontatezza compiuto da Luis Enrique, anche dal di là delle semifinali raggiunte: il CT della Roja ha fatto una decisa scelta di campo, non solo a livello anagrafico (era la quinta rosa più giovane di Euro 2020) ma di nomi scelti e di protagonisti lasciati fuori.

Spagna a Euro 2020
La Spagna di Luis Enrique / Carl Recine - Pool/Getty Images

Scelte per niente conservative già a partire da Unai Simon, preferito ai più celebrati De Gea e Kepa, con due soluzioni che di fatto sono l'emblema dell'approccio del tecnico: a casa Sergio Ramos e tutti i possibili convocati del Real, dentro Pedri (classe 2002) a cui vengono consegnate le chiavi del centrocampo. Scelte che hanno trovato un iniziale scetticismo, rafforzato dai primi risultati deludenti, ma che di fatto hanno forgiato una squadra in grado di dominare dal punto di vista del possesso e di sorprendere, soprattutto contro l'Italia, per intensità e tenuta fisica oltre che per classe.

I Tre (giovani) Leoni di Southgate

Altro esempio virtuoso è quello inglese, targato Southgate: i Tre Leoni sono ancora in corsa per la finale e di fatto aspettano soltanto di potersi giocare il successo finale proprio a Wembley, pregustando il trionfo. Al di là dei discorsi organizzativi, più o meno criticati, va comunque dato atto a Southgate di aver saputo creare un gruppo giovane (il secondo più giovane in assoluto dell'Europeo) e di aver individuato nuovi protagonisti, anche inattesi o poco reclamizzati, per la sua Nazionale.

Jadon Sancho, Declan Rice, Bukayo Saka, Tyrone Mings, Phil Foden
Esultanza inglese / Pool/Getty Images

Il percorso in crescendo, dagli ottavi di Francia 2016 al quarto posto di Russia 2018, può trovare dunque ulteriore slancio oggi, a Euro 2020, con una generazione di talenti dal sicuro avvenire (da Bellingham a Saka passando per Foden e Sancho) unita a nuovi protagonisti forse un po' snobbati sulla carta ma divenuti fondamentali per questa squadra, elementi come Shaw, Rice e Phillips. Gioventù al potere e tanta voglia di osare, preferendo la logica del gruppo e del giocatore funzionale al gioco rispetto al nome di grido o più in vista Una logica che ha premiato, come dimostrano fin qui i casi di Spagna e Inghilterra, al contrario di percorsi rimasti un po' incompiuti, col caso della Germania a fare da emblema.

Löw fermo a metà del guado

Certo è che, chiaramente, con un CT in procinto di salutare sarebbe risultato complesso lanciarsi con decisione in un nuovo corso, Löw però ha dato l'impressione di aver tirato indietro la mano proprio sul più bello: il fatto stesso che Hummels e Muller siano stati richiamati dopo un periodo più "sperimentale" dice tanto a riguardo. Il solo Havertz, tra i giocatori al di sotto dei 25 anni, ha trovato spazio con continuità in un contesto anagraficamente più che mai esperto, con un'età media di 27,6 abbassata solo da elementi come il diciottenne Musiala, in campo solo per 8 minuti e dunque non centrali nel percorso dell'Europeo.

Kai Havertz, Thomas Muller
Havertz e Muller / BSR Agency/Getty Images

Un percorso dunque solo abbozzato e poi lasciato da parte per gli Europei, senza una reale fiducia in possibili protagonisti di domani, passando la palla interamente a Flick per quello che dovrà essere, stavolta davvero, un nuovo ciclo dopo le ultime delusioni. In sostanza, anche analizzando il contesto generale, squadre più esperte come Belgio, Francia, Portogallo e Croazia si sono trovate, seppur in modo diverso, a lasciare il passo a compagini più fresche, intraprendenti, costruite dal coraggio di chi (Luis Enrique e Southgate) ha saputo capire davvero quel che di bello stava sbocciando, andando fino in fondo.


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