Pitch Moments - La storia di Angelo Ogbonna

Il difensore centrale del West Ham è il protagonista del nuovo episodio di Pitch Moments, la serie di 90min che racconta la storia dei calciatori attraverso i momenti speciali della loro carriera

Angelo Ogbonna - Pitch Moments
Angelo Ogbonna - Pitch Moments / 90min Italia
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Da Torino all'est di Londra, dal granata al claret and blue, senza mai smettere di sognare. "Chi lo dice che i treni passano una volta sola? Alla fine dipende sempre da dove ti trovi". Parola di Angelo Ogbonna.

Il difensore centrale del West Ham, giunto alla sua nona stagione con la maglia degli Irons, è il secondo italiano con più presenze nella storia della Premier League. Nel terzo episodio di Pitch Moments, la serie di 90min che ripercorre le storie dei calciatori attraverso i momenti che le hanno caratterizzate, ci ha raccontato il suo viaggio partendo dall'esordio in Serie A con il Torino fino alla vittoria della Conference League nella notte di Praga, passando per Crotone e vincendo due Scudetti con la maglia della Juventus con il filo conduttore di una crescita costante manifestata giorno dopo giorno.

Un'avventura piena di emozioni e momenti speciali con l'amore per il calcio che emerge più di ogni altra cosa.

I Pitch Moments di Angelo Ogbonna

L'intervista

Qual è il primo ricordo che hai legato al calcio?

“Mi viene in mente il mio esordio con il Torino contro la Reggina, in cui perdemmo 2 a 1. Ero totalmente emozionato perché non mi aspettavo che Zaccheroni mi desse la possibilità di esordire. Per me e soprattutto per la mia famiglia fu un momento veramente eccezionale”.

Normalmente negli esordi si entra in campo per qualche minuto, invece in quell’11 febbraio 2007 ti schierò subito titolare. Come hai vissuto la settimana?

“Eravamo in un momento veramente critico, anche quando andammo a Verona Zaccheroni mi disse di tenermi pronto e io non me lo sarei mai aspettato”.

Quanto è importante per un giovane sentire la fiducia di un allenatore quando sta muovendo i primi passi? 

“Ogni allenatore mi ha lasciato qualcosa e devo dire che sono sempre stato fortunato nel mio percorso. Non solo l'allenatore, ma anche la dirigenza che mi ha sempre sostenuto. Essendo un ragazzo fuori casa sentivo il bisogno di una figura paterna e ho sempre avuto sostegno anche dal direttore Comi ai tempi. Non fu solo Zaccheroni, anche Gianni De Biasi fu uno dei primi che mi portò in prima squadra quando eravamo in Serie B. Nella vita non hai bisogno di tanti alleati, ne basta uno giusto che ti dia la forza per andare avanti”.

Pitch Moments - Angelo Ogbonna
Pitch Moments - Angelo Ogbonna / 90min Italia

Dopo l’esordio in Serie A c’è stato il prestito al Crotone. Quanto è importante per un giovane che si sta formando fare un’esperienza in prestito?

“È stato il momento in cui è iniziata la mia carriera. Io penso che Crotone sia stata una delle migliori scelte che potessi fare, perché era come se fossi cresciuto in casa, cresciuto in una bolla in cui non mi mancava niente. All’inizio non fu semplice, però devo dire che mi ha totalmente maturato”.

C’è stata una figura a cui ti ispiravi?

"Ancora oggi porto il mio numero di maglia perché mi sono sempre ispirato a Lilian Thuram. Mi ricordo ancora che anche quando giocavo al Torino delle volte andavo a vederlo giocare. È stato uno dei miei idoli, poi ovviamente il grande Paolo Maldini. L’educazione e anche la dedizione che hanno dato al calcio li ha contraddistinti rispetto agli altri”.

Poi sei tornato al Torino con cui ti sei affermato nel calcio italiano. Che ricordo hai di quell’esperienza?

“Torino è casa. Sono cresciuto, ho conosciuto mia moglie e ho costruito quella che è la mia vita, che è la mia famiglia, i miei amici. A livello calcistico devo dire che mi ha dato tantissimo e anche l’innesto di Ventura che ha dato la sua impronta. Fu uno di quelli che mi diede una visione del calcio totalmente diversa”.

Estate del 2013, perché hai fatto un salto importante. In conferenza stampa dici: “Io non ho tradito il Toro perché il mio cuore è legato al calcio, siamo dei professionisti e quindi devo ambire al massimo e in questo momento per me la Juventus è il massimo”. Come hai dovuto vivere questo passaggio e poi cosa hai provato nel sapere che il club più vincente d’Italia ti stava cercando? 

“Il mio sogno da ragazzino era quello di aspirare a qualcosa di più grande. Nel mio percorso ho sempre avuto un rapporto onesto e quel salto non mi ha mai allontanato dai miei veri amici che sono tutti Granata”.

Angelo Ogbonna  - Pitch Moments
Angelo Ogbonna - Pitch Moments / 90min Italia

Alla Juventus hai trovato uno dei reparti difensivi più forti degli ultimi 20 anni. Come hai vissuto quell’esperienza calcistica e poi com’è stato vincere lo Scudetto?

“Con i leader di quella Juventus ho un buon rapporto ancora oggi e anche le nostre famiglie si sentono. Il gruppo era totalmente solido e Conte in questo è stato capace di raggruppare quasi tutti, poi vincere al primo anno con 102 punti è stato memorabile”.

La Juventus è diversa da tutte le altre squadre, hai percepito quella differenza?

“Sì, non mi baso solo sull’aspetto calcistico, ma devo dire anche a livello societario. A differenza degli altri club ha sempre avuto qualcosa in più. Vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta. Quella è una frase che mi ha sempre colpito e identifica quello che è la Juventus, non era importante, era fondamentale dover vincere”.

Dopo la Juventus perché hai sentito il bisogno di cambiare?

“Io ero sempre stato affascinato dalla Premier League, uno perché pensavo che rispecchiasse quelle che erano le mie caratteristiche, alla Juve necessitavo di giocare più così con il mio agente prendemmo la decisione di andare in Premier League, optai per il West Ham ed eccoci qua. Non mi sarei mai aspettato di rimanerci per tanto tempo”.

Angelo Ogbonna - Pitch Moments
Angelo Ogbonna - Pitch Moments / 90min Italia

Quanto è cresciuta la Premier League da quando sei arrivato rispetto a oggi? 

“Tantissimo, non smette mai di crescere. Tutti gli allenatori più bravi vengono qui e hanno l’aspirazione di poter allenare una squadra di Premier League, penso che sia il miglior campionato al mondo”.

Quali sono le differenze che hai notato con la Serie A? Non solo a livello di campo, ma proprio nel modo di vivere il calcio…

“L’approccio alla partita, il giorno della partita. Il ritiro in Inghilterra quasi non esiste però ci sono molti aspetti che si differenziano dal calcio italiano”.

Come è stata la prima volta in cui sei entrato al Boleyn Ground? E com’è stato il 10 maggio del 2016, quando con una vittoria contro il Manchester United avete detto addio a un pezzo gigantesco della storia del West Ham?

“Boleyn Ground era geniale… amazing! Nell’ultima partita soprattutto, ma ci sono stati dei momenti in cui si percepiva che giocare in casa erano 3 punti garantiti, però con il tempo siamo riusciti a trasformare anche il London Stadium in una casa”.

In questi anni hai capito che cosa significa il West Ham per la gente? 

“Io distinguo il West Ham dalle altre società perché fa parte di una comunità familiare. Io trovo che si tratti di un gruppo di amici che non hanno più le possibilità di una volta di poter passare del tempo insieme e il West Ham è l’unico momento per poterlo fare. È lealtà nei confronti dell’amicizia e questo mi ha sempre colpito. Crescendo ognuno alle proprie responsabilità, le proprie famiglie, però c’è una cosa in comune che ancora ti tiene legato ed è il West Ham”.

Angelo Ogbonna, Declan Rice
Fiorentina - West Ham - Finale UECL 2022/23 / Craig Mercer/MB Media/GettyImages

Arriviamo alla notte di Praga… com’è stato vincere con il West Ham?

“È stato molto emozionante, vedere tutti i tifosi in giro incitare noi giocatori è qualcosa che mi porterò sempre dietro”.

Cosa ti hanno dato gli allenatori che hai avuto al West Ham?

“Bilic è stato quello che mi ha portato qui, quindi lo devo anche a lui. Poi venne Pellegrini con la sua esperienza dopo aver vinto con il Manchester City e avendo allenato anche il Real Madrid. Ha cercato di portare un po’ del suo calcio internazionale. Moyes ha portato disciplina e le statistiche stanno ancora parlando per lui. Moyes è ancora il nostro allenatore e ci ha dato moltissimo. La crescita del club è stata esponenziale e ogni settore è cresciuto in una maniera veramente importante. Oggi il West Ham non è soltanto un club inglese, ma è un club internazionale che viene visto e riconosciuto in tutto il mondo e la vittoria della Conference è stata la ciliegina sulla torta per il club. Un percorso importante per una società che è sempre stata grande e può crescere ancora di più”.

Tra i compagni del West Ham che ti hanno impressionato di più a livello tecnico, se ne devi nominare uno o due, chi scegli? 

“A livello tecnico Paqueta. È un giocatore straordinario, di livello internazionale. Glielo ripeto sempre, quando spegne la spina è come se spegnesse la PlayStation. La stessa cosa aveva Payet. Faccio un paragone incredibile, era come lo Zidane di turno. Era il leader in mezzo al campo che faceva girare la squadra. Possiede un’intelligenza calcistica che gli permette di leggere le situazioni di gioco alla perfezione. Paquetà, Payet, Lanzini, sono giocatori che mi hanno sempre impressionato

Qual è il rapporto con la Nazionale e cosa ti ha dato la maglia Azzurra?

“Un rapporto positivo, perché ogni ragazzino spera di poter giocare in Nazionale, spera di poter indossare la maglia della Nazionale, perché vieni chiamato ti senti a casa e ti senti anche un supereroe no?! Perché quando ti chiamano tu vuoi dare qualcosa. Mi sarei aspettato magari anche una chiamata in più, naturalmente perché ognuno aspira a qualcosa che ha sempre sognato”. 

C’è qualcos’altro che sogni?

“Io sogno tutti i giorni, sono un Peter Pan che non cresce mai, quindi è quello che consiglio a ogni ragazzo, di sognare sempre e di non smettere mai di sognare, perché non sai mai quello che puoi trovare dietro l’angolo. Si dice sempre che il treno passi una volta sola, ma non è detto, non lo sai e dipende sempre da dove ti trovi”.