Com'è nato l'inno dell'Atalanta? Storie, aneddoti e curiosità

Atalanta
Atalanta / Giuseppe Cottini/GettyImages
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Per identificare una passione calcistica, per individuare un filo conduttore che non risenta del tempo e delle circostanze, ci riferiamo spesso al concetto di "maglia" e all'idea che i colori restino indelebili nonostante il naturale corso delle cose. Accanto alla maglia e ai suoi colori, però, non manca un altro aspetto costitutivo del legame tra un tifoso e la propria squadra del cuore, un altro tratto cruciale nella costruzione del DNA di un tifoso: si tratta di dare il giusto peso a quei suoni che, allo stadio in occasione di una partita, diventano una parte fondamentale del proprio mondo emotivo.

I cori di una curva, sì, ma anche quella canzone (o quelle canzoni) che in maniera più o meno ufficiale restano nella memoria e rimangono come segni indelebili, al pari di uno stemma tatuato sulla pelle o di una maglia custodita gelosamente. L'inno della propria squadra ha dunque uno spazio speciale nella vita di un tifoso e, al contempo, la sessa storia degli inni delle società calcistiche permette di scoprire aneddoti più o meno nascosti, curiosità e vicissitudini (spesso poco note anche al più accanito dei tifosi) che si sono susseguite nel corso dei decenni.

Forza Atalanta e Atalanta Azzurra

Il capitolo dedicato all'Atalanta merita uno spazio particolare non soltanto per una mera questione alfabetica, il tema dell'inno della Dea - infatti - ha tutte le carte in regola per rappresentare quel che, introducendo, si sottolineava: non sempre l'inno ufficiale, ad esempio, è quello in cui tutti si riconoscono e, soprattutto, non è scontato che una singola canzone resti per sempre l'unica legata a un club.

Parlando dell'Atalanta non si parte, anche per un mero discorso cronologico, da quello che potremmo intendere in senso stretto come "inno ufficiale" ma da quanto accaduto all'inizio degli anni '80 e, soprattutto, si parte da un input arrivato proprio da un calciatore che militava nella squadra bergamasca in quegli anni, sulla scia di un'atmosfera che (anche al di là dei risultati sportivi sul campo) sa di genuine rimpatriate e di rapporti amichevoli vissuti fuori dal campo.

Ricorrendo al ricordo offerto da ValserianaNews nel 2019, per festeggiare i 35 anni del pezzo Forza Atalanta, si scopre dunque un gustoso riferimento alla genesi della canzone incisa dal calciatore Marino Magrin (alla Dea dall'81 all'87, 192 presenze e 40 gol in nerazzurro). Già sul finire dei '70 i ritiri di Ziano e Roncegno divennero sempre più occasione per cementare il gruppo anche fuori dal campo, per creare sintonia anche in nome di raccolte fondi e iniziative di solidarietà; Magrin - fin dal proprio arrivo - partecipò attivamente a quei momenti, mettendosi in gioco in prima persona e cantando in occasione di cene e incontri.

E proprio sull'onda di quell'entusiasmo musicale lo stesso Magrin, nel 1983, ebbe l'idea di unire quei momenti scanzonati al proposito di regalare un inno all'Atalanta. Il centrocampista ne curò dunque il testo, aiutato da Alessandro Poli, Enzo Conti e Beppe Guerini nella composizione della musica: il risultato fu appunto Forza Atalanta, canzone che seguiva a conti fatti l'entusiasmo che la squadra stava ricostruendo sul campo (con una brillante promozione dalla B alla Serie A, sancita anche dai gol dello stesso Magrin nel 1983/84).

Una canzone, quella di Magrin, che porta in sé quello spirito appunto scanzonato e un po' naif rispecchiato nel testo e negli "alè oh oh" che caratterizzano il pezzo, come ricordo di un calcio lontano e di una partecipazione persino più ingenua e bambinesca a quanto accadeva in campo. Il tutto amplificato anche dalla natura chiaramente amatoriale e divertita con cui il calciatore partecipò all'incisione del pezzo.

Qualcosa di distante, per ovvie ragioni, da un altro brano che ha caratterizzato - sempre negli anni '80 - la formazione bergamasca: si parla in questo caso di Roby Facchinetti, inconfondibile voce dei Pooh, e della sua Atalanta Azzurra del 1986 (prima canzone dello stesso Facchinetti dedicata all'Atalanta, prima di Dea).

Un brano che, anche a dire dello stesso componente dei Pooh, non ha riscosso il successo ottenuto poi da Dea (del 2007) e che del resto dovette fare i conti anche col ritorno dell'Atalanta in Serie B al termine della stagione 1986/87: l'abbandono della massima serie sancì anche il ritorno in voga dell'inno di Magrin, forse con la speranza che facesse nuovamente da amuleto (come nel momento in cui venne composto e inciso).

Del resto l'espressione "da Bergamo all'Europa ci porti via con te" poteva stridere, appunto, con la retrocessione maturata sul campo. Ci si muoveva d'altronde attorno al paradosso di una retrocessione accompagnata alla qualificazione alla Coppa delle Coppe (tramite la Coppa Italia). Un respiro europeo tornato comunque attuale, rinverdendo i fasti di quel pezzo di Facchinetti ed esaltandone la natura per certi versi profetica: "Atalanta antica, Atalanta del 2000".

Dea e Atalanthem

Spostandoci proprio negli anni 2000 troviamo due nuove canzoni, da un lato la già citata Dea di Facchinetti e dall'altro quello che, a conti fatti, dovrebbe essere un inno dotato dei crismi dell'ufficialità come Atalanthem del 2017. Dea mette in risalto in modo ancor più lampante rispetto ad Atalanta Azzurra come un pezzo scritto da Facchinetti non possa essere ritenuto meramente un inno da stadio ma, in sostanza, un'opera fatta e finita, godibile anche a prescindere dal contesto strettamente calcistico (qualcosa di meno ingenuo e naif rispetto all'inno di Magrin, anche se privo di quella verve amatoriale e divertita).

Il cerchio si chiude poi con Atalanthem, inno dotato come detto dei crismi dell'ufficialità e diffuso anche dal club nerazzurro sui propri canali. Il nodo, il punto critico, risiede in questo caso nell'esecuzione da parte di "un'eccellenza bergamasca a livello internazionale" (citando la didascalia del club) come i Piccoli Musici di Casazza.

Già l'inizio del brano ci porta ad atmosfere distanti da quelle di uno stadio: "Un bambino salirà quella scala col papà, lui lo guida proprio là verso la libertà". Diventa complesso correlare un tono solenne e aulico come quello del brano con l'atmosfera di uno stadio, più naturale immaginare la canzone connessa a un ruolo appunto "ufficiale" e istituzionale, con un'indole meno viscerale e diretta rispetto alle canzoni di Magrin e di Facchinetti.