La storia dietro all'esultanza: come e quando sono nate le mille trovate di Totti
La circostanza più comune, ripercorrendo le esultanze più celebri e popolari dopo un gol segnato, prevede che l'esultanza stessa vada a braccetto con un campione e che ne rappresenti a conti fatti il marchio di fabbrica: i vari episodi passati in rassegna, dalla mitraglia di Batistuta alla Dybala Mask, sanciscono insomma un legame inscindibile e abituale tra un protagonista sul campo e il suo gesto distintivo, una vera firma d'autore.
Esiste poi, accanto alla routine che si ripete, lo spazio per la fantasia e per la sorpresa: chi, più di Francesco Totti, poteva trovarsi più a proprio agio quando la posta in palio era per l'appunto lo stupore? Quella stessa bocca aperta per parabole imprendibili non poteva chiudersi subito dopo il gol, poteva mutare al più in sorriso per quel che il dieci della Roma avrebbe messo in scena dopo aver gonfiato la rete.
Il museo dei capolavori realizzati, a livello di gesti tecnici e di reti segnate nelle sfide più pesanti, scopre dunque una sponda eccezionale (o almeno una cornice ideale) nelle trovate che, per tanti anni, Totti ha saputo regalare nel momento della festa, dell'abbraccio con la propria gente o, semplicemente, scoprendo l'attimo giusto per far partire un messaggio speciale. Gesti, sorrisi e momenti rimasti nella memoria, parte di quello stesso immaginario che permette poi di conservare le immagini di Totti sul campo: la classe, una mente fatta per creare calcio e, accanto, fotografie più scanzonate oppure più private, che restano con altrettanta forza.
Questo perché, dote più unica che rara, Totti ha saputo spesso intercettare il momento e appunto fotografarlo, che fosse sul fronte privato o che semplicemente si trattasse di "giocare" coi propri tifosi facendosi un selfie, prendendo il controllo di una telecamera a bordocampo, rivolgendo le stoccate giuste e mirate ai rivali di sempre. Tutte maniere per intrecciare calcio e vita, la sua e la nostra, come pochi altri hanno saputo fare e in modo innato, naturale, favorito in questo senso dall'espressione più spontanea di romanità.
6 unica
La risonanza mediatica e il frastuono delle voci sulla possibile rottura, isteria collettiva compresa, rendono chiaro quanto ciò che viene derubricato come gossip possa nel tempo tramutarsi in una solida certezza: Totti e Ilary come archetipo familiare, certezza conclamata che non pensi possa vacillare che, per l'appunto, nacque dall'intreccio tipico (persino un cliché) di un calciatore di successo che incontra "la velina" (un must del racconto gossipparo del tempo).
Quando Totti si tirò su la maglia per esultare, dopo il 5-1 nel derby del 10 marzo 2002, non si poteva certo immaginare che tipo di momento fosse in gioco: c'era una donna del mistero, c'era il gossip in agguato, non c'era però la piena consapevolezza di assistere in diretta alla creazione di un album dei ricordi realmente privato, a uno dei suoi scatti principali.
L'alba di una storia d'amore che s'intreccia con l'eterna rivalità sul campo, l'intimità che si confonde col momento più pubblico e visibile che a Roma si possa immaginare: siamo oltre il reality show e, a posteriori, ben oltre quel che potremmo etichettare come spettacolarizzazione. Totti intendeva mandare un messaggio a Ilary in mezzo ai 75mila dell'Olimpico, nei primi tempi della loro frequentazione, e come in una sceneggiatura ben congeniata (come sempre, parlando del dieci giallorosso) pescò proprio quel jolly, quel pallonetto da fuori area, che gli permise di inviare quel "6 unica" e di incastonare un'altra perla nel repertorio dei gol più belli.
Il dito in bocca
Rimane in ballo, parlando del dito portato alla bocca, la famiglia e rimangono in ballo i legami più profondi: succede però che, al di là dell'apparenza e del primo pensiero associato a quel gesto, lo stesso Totti debba in qualche modo correggere il tiro e spiegare a cosa si riferisca realmente. Non una dedica ai figli, come farebbe pensare il ciuccio, ma un omaggio a Ilary e alla sua abitudine di fare quello stesso gesto nei momenti in cui si concentra. Anche qui, insomma, un momento privato diviene parte della gioia condivisa.
Il bacio all'anello
Qui rimane prioritario il valore della famiglia ma accanto ad esso trova spazio la fede e la riconoscenza di Totti per quel che ha ricevuto, un gesto - quello del bacio all'anello del matrimonio - su cui lo stesso storico capitano giallorosso è tornato in occasione di un'intervista alla trasmissione A sua immagine: "Ogni volta che segno un gol bacio l'anello del matrimonio e rivolgo un ringraziamento al Signore per avermi regalato una vita piena di soddisfazioni. Non solo sui campi di calcio ma soprattutto nella vita di tutti i giorni".
Una dimensione privata e mai sbandierata da Totti, conservata e custodita come motore delle scelte e delle azioni, fuori dal campo, senza farne punto d'orgoglio nei suoi momenti pubblici. Lo spazio della fede torna doppiamente a bussare: da un lato la fede di Totti, come silenziosa compagna di vita, dall'altra la dimensione di venerazione e persino di devozione del mondo Roma nel suoi confronti, con una tensione costante tra la voglia di restare "il Francesco di sempre" e la spinta potente e rumorosa di un popolo che ti segue.
Il selfie nel derby
"Ci avevo pensato in settimana, ora c'è la moda dei selfie, io non ci sono abituato perché ci tengo alla mia vita privata, ma era un'occasione unica ed irripetibile". Lo stesso Totti, riferendosi al gol segnato nel derby dell'11 gennaio 2015 e finito 2-2, ha dunque spiegato le ragioni dietro a quel gesto che suscitò un divertito stupore anche fuori dai confini della Capitale.
Non si trattò del resto di una concessione episodica, di una deviazione istrionica rispetto alla normalità: la convivenza dell'anima ridanciana e di quella più profonda appartengono a Totti come cifra distintiva, come sorriso alternato al logoramento, gioia da condividere che lascia spazio poi ai dolori da vivere in solitudine.
E la Lazio, in tal senso, finiva inesorabilmente per essere il bersaglio preferito per la faccia più ironica del Pupone, come le frasi scritte direttamente sulla maglietta, affilate come pugnali, con tutta la voglia di prendersi la scena. Non stava immortalando del resto un momento qualsiasi: una doppietta in un derby nato male, con la Roma sotto di due gol, rimesso in piedi proprio dal capitano giallorosso.
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