Il richiamo USA e il ritornello playoff: arricchire il calcio minandone le basi?
Ci son cascato di nuovo, cantava Achille Lauro sul palco di Sanremo 2020 in Me ne frego, per sottolineare quell'umana tendenza a ripercorrere le strade degli stessi e familiari vizi, come in una inesorabile ripetizione del già noto.
Un andamento circolare e ripetitivo a cui il calcio è tutt'altro che impermeabile e che, anzi, proprio nel pallone trova spesso una cassa di risonanza clamorosa e palese: ricette che tornano nel giro di giorni, mesi o anni, interventi magici e salvifici che (magari con formule lievemente alterate) bussano alla porta quando, ormai, pensavi di averli visti andar via da tempo.
E poi un richiamo, un canto di sirene irresistibile e magnetico che ripete "America", che si presenta sotto la forma di quel sogno americano bramato e istituito a massima vetta da raggiungere per dimenticare noie e fastidi, come orizzonte che dia respiro e interrompa gli affanni.
E, senza neanche troppo bisogno di leggere tra le righe, vediamo riproporsi il riferimento agli USA anche nelle parole di Carlo Bonomi, candidato alla presidenza della Lega Serie A che, al Corriere dello Sport, ha sostanzialmente citato l'universo degli sport americani e quello della NBA per giustificare (come virtuoso) un ricorso ai playoff in Serie A anche per l'assegnazione del titolo, traghettando così il contesto del calcio italiano "nel futuro".
Il riferimento esplicito al contesto americano, nello specifico all'NBA, torna dunque attuale dopo che, già in occasione del ciclone Superlega, si era posto quell'esempio come vero e proprio faro, come obiettivo da raggiungere per arrivare alla piena realizzazione di un calcio spettacolare e vendibile per l'appunto come show oltre che come competizione sportiva.
Un movimento in evoluzione
Una missione che, certo, rappresenta anche una reazione di un mondo incerottato e alle prese con perdite sensibili dovute anche alla pandemia da Covid-19 e alle restrizioni conseguenti, un mondo che - anche al di là di questi mancati introiti - si rivela alla costante ricerca di formule che lo rendano più appetibile, che spremano ogni goccia di appeal possibile anche al di fuori dei confini più consueti e già percorsi.
Un'ottica sposata dalla UEFA, pensiamo alla riforma della Champions League che avrà luogo dal 2024, che dovrà dunque trovare una traduzione anche nei vari contesti nazionali, se non altro in quello italiano, per diventare più competitivi e per garantire (nelle ragioni di chi si riferisce agli sport negli USA a titolo di esempio) uno spettacolo che duri dalle prime alle ultime battute di una stagione, senza "tempi morti".
Cambiare o rinnegarsi?
La posizione di Bonomi, un po' tornando sul solco di chi premeva per la Superlega, ha senz'altro dei presupposti degni di attenzione e di rispetto: la necessità di non porre paletti aprioristici su possibili accorgimenti, su novità da introdurre e idee funzionali ad arricchire lo spettacolo. Arricchire, appunto, la chiave sta tutta lì: per rendere più attraente un evento o un prodotto diventa basilare non percorrere la strada dello stravolgimento delle sue stesse fondamenta.
Un po' come se, riferendoci a un individuo, gli si promettessero mari e monti a patto che cambi nome, connotati e Paese di residenza per poterne usufruire. Sarebbe più ricco, senz'altro, ma non sarebbe più lui. La rinuncia ad aspetti fortemente radicati nel contesto del calcio europeo, come la struttura stessa dei campionati nazionali e le annesse dinamiche che portano al successo, rischia di minare le fondamenta e di non essere un mero maquillage: non un ritocco, in sostanza, ma un terremoto.
L'America è lontana
Il tutto considerando come il riferimento al mondo sportivo americano non tenga conto delle infinite differenze tra quel contesto e quello calcistico europeo: da un lato si parla di squadre che possono persino passare da uno Stato all'altro, da una città all'altra, si parla di un universo chiuso e privo di un sistema di promozioni e retrocessioni, di franchigie e non di squadre; spostandoci da questa parte dell'Atlantico ci si imbatte invece in forti istanze identitarie, in legami profondi tra società sportive e luoghi in cui queste agiscono, in un coinvolgimento che trascende dal mero show da godersi.
Toccare certi aspetti, pur giovando al portafogli, finirebbe per rompere un patto originario di fiducia tra chi popola gli stadi, chi compra gli abbonamenti, e chi mette in scena il loro stesso oggetto d'interesse: diventa vitale a questo punto, pur senza apparire reazionari, trovare formule che connettano le anime del pallone e che non forzino un concetto astratto di futuro da importare ad ogni costo da mondi lontani (non solo geograficamente).
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