Il Milan ha usato Paolo Maldini?
Capita talvolta che, volendo specificare di tenersi alla larga da qualcosa, ci si finisca dentro (almeno all'apparenza) con tutte le scarpe. Ecco dunque che una particolare risposta di Paolo Scaroni nel corso dell'intervista concessa al Corriere della Sera finisce per sortire, probabilmente, l'effetto contrario rispetto alle intenzioni del presidente rossonero: "Devo dire che oggi, e non suoni irriconoscente, ne abbiamo meno bisogno: il Milan uscito dalla gestione Yonghong Li faceva fatica ad attirare talenti, il Milan di oggi, che ha vinto lo scudetto ed è arrivato in semifinale di Champions League, penso che sia più attrattivo" ha detto Scaroni, parlando dell'addio di Maldini.
Il rischio di cadere nell'irriconoscenza emerge proprio nel momento in cui si dichiara di volerlo evitare, soprattutto considerando il modo in cui Scaroni arriva a spiegare e raccontare la parabola dirigenziale di Paolo Maldini all'interno del Milan. In sostanza, senza neanche girarci troppo intorno, si sottolinea quanto l'ex difensore - e bandiera tutt'ora riconosciuta dentro e fuori dal mondo rossonero - sia servito alla causa milanista, abbia rappresentato di per sé un marchio di garanzia, un timbro anche agli occhi di calciatori e addetti ai lavori.
Bandiera o strumento?
Una sorta di strumento utile, anzi necessario, soprattutto in ottica mercato: non mancano del resto gli esempi di calciatori che, proprio a colloquio diretto con Maldini, hanno scelto di abbracciare la causa rossonera, sono rimasti stregati dal prestigio e dall'autorevolezza dell'ex calciatore. Lo stesso Scaroni ha riconosciuto come, dopo anni complicati, Maldini abbia fatto da scudo a una mancanza globale di forza del club, una carenza che (sempre a dire del presidente) sarebbe ormai acqua passata, sostituita da uno Scudetto e dal ritorno in pianta stabile in Champions League.
Una lettura probabilmente parziale, nei fatti, ma soprattutto ingenerosa a livello comunicativo nei confronti dello stesso Maldini, raccontato come un ex campione allergico al lavoro di squadra (a disagio con una prospettiva di team) ma utile in quanto nome, in quanto bandiera da sventolare di fronte agli scettici più che come risorsa utile per competenze e valori.
Si torna del resto sull'eterno dubbio legato alla presenza delle bandiere all'interno dei club, col rischio annesso di tramutarsi appunto da risorse a mero specchietto per le allodole, da punto di forza a semplice parafulmine per celare magagne societarie o periodi di transizione. Un corto circuito, almeno comunicativo se non sostanziale, che getta un'ombra evitabile sul ruolo (cruciale) ricoperto da Maldini nella sua avventura in rossonera, soprattutto considerando il profilo fortemente aziendalista che - almeno mediaticamente - la bandiera milanista ha sempre mantenuto.