Oltre al Ringhio c'è di più: Gattuso e l'emancipazione da un passato ingombrante

Un'etichetta è quanto di più duraturo e resistente esista, anche nel mondo del calcio, e non sempre il passare del tempo permette di divincolarsi dal marchio che rimane impresso: Rino Gattuso come combattente, Ringhio, un indomito battagliero in grado di fare dell'interdizione e della generosità il proprio marchio di fabbrica. Trasferendo la nomea di Gattuso sulla sua carriera di allenatore, decollata solo parzialmente e tratteggiata da numerose esperienze mai troppo durature, si potrebbe immaginare il ricorso a quell'etichetta, una superficiale proiezione di quel passato da calciatore da cui - tutt'ora - Gattuso prova a emanciparsi definitivamente.
Lontano dai luoghi comuni
L'inizio dell'avventura alla guida della Nazionale italiana, probabilmente uno snodo decisivo all'interno del percorso di Gattuso in panchina, pone davanti a questo eclatante contrasto: quello tra l'etichetta e la sostanza, quello dei luoghi comuni che si trascinano nel tempo opposti al riscontro pratico offerto dal campo (e a quello offerto dal diretto interessato). Esiste probabilmente un Gattuso in linea con quel racconto, parliamo del Gattuso che si presenta ai microfoni e che - certo - non riesce a nascondersi dietro frasi di rito, a fare buon viso a cattivo gioco, a indorare pillole.
Il linguaggio e l'approccio comunicativo ricalcano dunque il tragitto di Ringhio, di quell'icona, mentre il percorso sul campo - come allenatore - si esprime in modo differente. Gattuso lo ha voluto sottolineare anche in sede di presentazione, lo ha fatto a chiare lettere, chiedendo proprio di emanciparsi da un calderone di luoghi comuni fatto di grinta, aggressività, sudore e sangue: "La figura da calciatore è difficile da cancellare. Tutti pensano a un Gattuso tutto cuore e grinta, ma oggi un Gattuso nella mia squadra non lo metterei per come voglio giocare. Questa è la verità. Bisogna analizzare bene: con cuore e grinta non si sta undici-dodici anni ad allenare".
Oltre alla grinta c'è di più
Non solo, il discorso si sposta anche oltre: anche l'approccio al gruppo è quanto di più distante dall'idea di un tecnico che "attacca i calciatori al muro" o che si pone a muso duro rispetto al gruppo, Gattuso ha anzi voluto sottolineare quanto il profilo attuale del calciatore richieda ad un tecnico doti diverse da quelle del passato, capacità di comprensione e di interazione "in linea coi tempi che sono cambiati". Superficialmente potremmo proiettarci su un tecnico vecchia scuola, sul sergente di ferro e non su un fine psicologo, ma è chiaro che la prospettiva di Gattuso vada ben oltre quel proposito di durezza, di toni che si alzano.
Si tratta dunque, all'alba di un nuovo corso di una Nazionale smarrita, di distaccarsi dalla retorica della grinta e di comprendere quanto il Gattuso allenatore - che fin qui ha visto nell'esperienza di Napoli l'episodio più degno di menzione - predichi un calcio fatto di possesso, desideroso di controllare il gioco, un calcio lontano da un approccio speculativo e che ha saputo trovare nel 4-3-3 o nel più recente 4-2-3-1 la forma a cui tendere (al di là di qualche tentativo in direzioni diverse, poi rinnegate). La scoperta di un nuovo Gattuso appare oggi cruciale, sia per comprendere fino in fondo un percorso ancora incompiuto da allenatore (se non altro frammentario) che per distanziarsi, in modo definitivo, dai ricordi dell'altro Gattuso, quello che ringhiava e correva, quello rimasto semplicemente icona.
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