I primi indizi sulla Fiorentina di Vanoli: cosa è cambiato e cosa cambierà

  • Il tema della condizione fisica appare una criticità
  • Presto per le rivoluzioni tattiche: si riparte dalle basi
Paolo Vanoli
Paolo Vanoli / Simone Arveda/GettyImages
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In pochi, anche tra i più pessimisti, si sarebbero figurati uno scenario tale da vedere - a novembre - un allenatore diverso da Stefano Pioli sulla panchina della Fiorentina. L'investimento fatto dai viola sul tecnico, la trattativa per liberarlo dal suo ricco contratto, l'auspicio di vederlo come simbolo concreto dell'ambizione del club: tutti aspetti che, a priori, rendevano Pioli blindato anche in virtù di un rapporto storico con la piazza, di un credito umano ancor prima che professionale. Pochi mesi, nel calcio, hanno il potere di ribaltare ogni prospettiva, di invertire i ruoli: da volto amico a figura invisa all'ambiente, da timbro sulle ambizioni a zavorra di cui liberarsi, dai propositi alti al fango della lotta per non retrocedere.

Un'inversione radicale che trova un riscontro, oggi, nell'impronta che Paolo Vanoli sta provando a dare al contesto viola: immagini lontane da ogni proposito futuribile, un immaginario che obbliga ad accantonare sogni e progetti, un richiamo al presente e alla necessità - fattuale - di imparare nuovamente a camminare. L'ultimo posto in classifica ha il potere di parlare da solo, innumerevoli statistiche sulla prima parte di stagione da incubo fanno altrettanto: Vanoli ha invitato innanzitutto la squadra e l'ambiente a prendere coscienza e consapevolezza del momento, a non cadere nel vizio di sentirsi immuni, di immaginare che "tanto vinceremo la prossima".

Pragmatismo e condizione da ritrovare

Un bagno di realtà che appare un primo passo, ma cruciale: Vanoli accompagna dunque una Fiorentina convalescente e lo chiarisce con le parole e coi fatti, senza perdersi dietro l'idea di rivoluzioni tattiche ma facendone un discorso di ABC, di cose semplici, pochi concetti - ma chiari - per uscire dal momento critico e tornare a respirare. Il nuovo tecnico ha dunque rifuggito ogni discorso aprioristico di natura tattica, al di là di rari riferimenti alla rosa a disposizione e alle proprie idee: ad esempio si sottolinea come abbia ammesso lacune a centrocampo rispetto a ciò che vorrebbe vedere ("manca qualcosa al centrocampo, per il mio concetto di gioco").

Non si esclude, per il futuro, un passaggio alla difesa a quattro, non si escludono esperimenti o nuovi principi da inserire, ma ora non è il tempo delle rivoluzioni o delle questioni di principio: è, appunto, il tempo della convalescenza. Un aspetto chiave del percorso di Vanoli in viola riguarda il tema della preparazione e della condizione atletica del gruppo: il nuovo allenatore non si è esposto in modo esplicito, per un discorso di forma e di rispetto nei confronti di chi lo ha preceduto, ma tra le righe - pensando alle parole del DS Goretti o di Piccoli - emerge una consapevolezza anche interna, quella di essere fisicamente indietro, di non essere al massimo della condizione.

Paolo Vanoli
Vanoli in Genoa-Fiorentina / Image Photo Agency/GettyImages

Che Fiorentina sarà nel concreto quella di Vanoli, dunque, si potrà capire solo quando - e se - i viola riusciranno a tirarsi fuori dalle attuali sabbie mobili: soltanto da lì in poi si potrà iniziare a discutere di moduli, di possibilità di passare al 4-3-2-1, di convivenza di due punte di peso (come accaduto a Torino all'inizio dello scorso anno) e del tema critico dell'assenza totale di esterni offensivi. Spunti futuribili, idee che meriteranno attenzione, ma secondarie rispetto agli aspetti di natura psicologica e atletica che - oggi - reclamano la priorità assoluta.

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