Effetto Dzeko: l'arrivo di un esperto è segnale di scarsa programmazione?

Età anagrafica dei nuovi arrivi e capacità di programmazione non sono necessariamente aspetti legati tra loro.
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Fenerbahce-v-Galatasaray-Turkish-Cup-QF / BURAK BASTURK/GettyImages
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Un singolo acquisto porta in sé un buon numero di diverse chiavi di lettura, gli aspetti tecnici e le valutazioni tattiche si affiancano ad altre questioni: quella anagrafica, innanzitutto, oppure quella connessa all'effetto di un nuovo arrivo sulle dinamiche di un gruppo (anche al di là di ciò che può dire il campo). Ecco dunque che, in base anche a posizioni pregiudiziali in positivo o in negativo, l'ingaggio di Edin Dzeko da parte della Fiorentina - domani dovrebbero andare in scena le visite propedeutiche alla firma - si accompagna a due reazioni diametralmente opposte.

Dzeko alla Fiorentina: due punti di vista

Da un lato c'è chi sottolinea il curriculum del bosniaco, la sua esperienza internazionale e la capacità di giocare con continuità nonostante l'età che avanza; dall'altra parte troviamo chi avrebbe preferito un investimento già funzionale ma proiettato anche sul futuro e sulla possibilità di crescere in viola. Un ruolo non marginale, in tutto il discorso, è rivestito da Moise Kean: le valutazioni si ribalterebbero qualora partisse, a quel punto Dzeko rischierebbe di non essere più solo un partner (o un vice) ma qualcosa di più.

Edin Dzeko
Dzeko / Ahmad Mora/GettyImages

Al di là delle incognite su Kean, con una clausola che spaventa, le valutazioni su Dzeko si muovono sostanzialmente attorno al dato anagrafico e non manca chi vede nell'ingaggio di un elemento ormai prossimo ai 40 un segno di "scarsa programmazione" (parere sostenuto di recente da Lorenzo Amoruso o parzialmente da Silvio Baldini, per citare due esempi). Di fatto si confonde il dato anagrafico del singolo con la visione d'insieme: si ritiene che l'ingaggio di un calciatore sul finire della carriera escluda in toto la programmazione dallo scenario.

L'esperienza è nemica della programmazione?

Un prospettiva parziale, che non tiene conto di quanto il fattore esperienza possa risultare una chiave di volta anche - ad esempio - per la volontà di ottenere la tanto agognata Conference League, aiutandosi con profili abituati alle pressioni di una coppa europea. Non si può sottovalutare poi l'effetto Ibrahimovic su cui Pioli potrebbe tornare a puntare, alla luce di quanto accaduto al Milan dopo l'arrivo dello svedese a fine 2019: si trattò di uno dei tasselli cruciali per forgiare il gruppo condotto poi allo Scudetto, per aggiungere carisma e leadership ad un collettivo caratterizzato da un'età media ridotta.

ACF Fiorentina v Juventus - Women Serie A Playoffs
Viola Park / Simone Arveda/GettyImages

Il tema della programmazione non può essere legato, in modo automatico, alla semplice età dei nuovi arrivati ma trova conforto (oppure criticità) più nella valutazione di altri due fattori: il legame tra giovanili e prima squadra, con la capacità dunque di concretizzare o meno il lavoro fatto al Viola Park, e la coerenza tra gli input del tecnico e l'operato della dirigenza. Per certi versi il concetto di programmazione si avvicina più a quelli di coerenza e di chiarezza, senza dipendere necessariamente da un discorso anagrafico e dall'età media di una squadra: può esistere una squadra priva di programmazione dall'età media ridotta così come, di contro, non è irrealistica una rosa esperta in un club assolutamente in grado di programmare.

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