Una Fiorentina più azzurra: Commisso rispolvera un vecchio sogno

I primi passi dell'avventura di Rocco Commisso alla guida della Fiorentina, nel 2019, si muovevano - come ovvio che sia - anche sull'onda di slogan e input da imprimere a caratteri cubitali sul futuro del club: il tormentone del fast, fast, fast caratterizzava il dibattito sullo stadio (rimasto poi inesaudito, al di là del restyling in corso) e d'altro canto abbondavano riferimenti al desiderio di una Fiorentina in grado di fornire tanti calciatori alla Nazionale italiana.
Un tema che, in origine, si legava anche a lontani ricordi del patron gigliato e al pensiero che correva a una Fiorentina più azzurra - quella di un passato remoto - ma che successivamente ha trovato conforto anche in un Viola Park come centro all'avanguardia per costruirsi in casa (perlomeno nelle intenzioni) i protagonisti di domani. Una voglia, insomma, di rafforzare il legame tra vivaio e prima squadra ma - ancor di più - tra settore giovanile e territorio, valorizzando i propri talenti e favorendone il percorso di crescita.
Fiorentina più italiana: un input dall'alto
Si può sottolineare come questa fase preparatoria del mercato, accanto al veterano Dzeko, veda la Fiorentina forte su talenti italiani e - pensando agli affari sostanzialmente fatti - a giovani toscani come Fazzini e Viti (uno di Massa, l'altro di Borgo San Lorenzo). Già a suo tempo, nelle prime tappe della proprietà Commisso, si ribadiva a più riprese (per un discorso identitario) quanto contasse un nucleo di calciatori italiani in un contesto anche internazionale e ricco di talenti di ogni provenienza, attualmente però questo stesso indirizzo appare ancor più definito e accentuato.
Accanto ai prossimi arrivi (Viti e Fazzini) non mancano altri obiettivi caratterizzati dalla giovane età e dalla provenienza. Una viola Made in Italy, dunque, con Fabbian, Zanoli e Sebastiano Esposito come altri possibili innesti ad aggiungersi a quelli già presenti: Martinelli, Comuzzo, Ranieri, Parisi, Fortini, Fagioli, Mandragora, Ndour, Kean (oltre a giovani come Caprini e Rubino). Un potenziale undici in larga parte italiano a cui aggiungere elementi di spessore come Gosens, Dzeko, Dodò e Gudmundsson (a titolo esemplificativo, considerati i dubbi sugli ultimi due, tra voci di mercato e un mancato riscatto). Un tragitto di italianizzazione che, evidentemente, trova anche in Pioli - prossimo tecnico - uno dei principali fautori.
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