Un normalizzatore che accontenta la piazza: Fiorentina-Pioli, i perché di un ritorno
- Un legame profondo e duraturo con la piazza
- La voglia di riallacciare un discorso interrotto in modo amaro
- La garanzia portata in dote da un tecnico divenuto vincente

Seguendo suddivisioni grossolane e fin troppo nette potremmo separare gli allenatori, anziché percorrere l'inflazionato e ideologico discorso giochista-risultatista, in base alla loro indole e ai sentimenti che la loro presenza instilla nella piazza che li accoglie: si può facilmente osservare, citando un altro tecnico spesso accostato a Firenze, come un Maurizio Sarri percorra vie diverse da Stefano Pioli per "arrivare" all'ambiente.
Linguaggi e presenze diverse, anche a monte rispetto alle valutazioni tattiche e di pensiero calcistico, che riescono a toccare corde diverse in un universo calcistico. In un periodo di evidente apatia o di entusiasmi fin troppo tiepidi, come quello per una Conference League raggiunta in extremis dalla Fiorentina, è persino fisiologico che una piazza possa risollevarsi nello spirito seguendo la strada di chi può infiammarla, di chi può irrompere con energia (a livello comunicativo e di immagine ancora prima che tattico). Anche per questo, difficile negarlo, il partito dei sarristi era quanto mai affollato prima del ritorno ufficiale alla Lazio, con annessa disillusione per una nuova chance mancata (per una storia tanto spesso citata quanto mai praticata realmente dalla dirigenza gigliata).
Una questione di stile
Da Sarri a un altro profilo che infiamma? No, l'esatto opposto. Dopo le dimissioni di Raffaele Palladino, capaci di cogliere di sorpresa i tifosi, la proprietà e la dirigenza, si è scelta la strada opposta: non per un discorso anagrafico - allontanandosi dunque dai giovani tecnici in rampa di lancio - quando per un tema di approccio, persino di stile. Eppure oggi, pur andando in controtendenza rispetto all'idea della benzina del fuoco di un entusiasmo affievolito, i riscontri provenienti dal mondo del tifo rispetto al ritorno di Pioli risultano incoraggianti: di fatto, caso raro, siamo di fronte a un normalizzatore (non certo in senso riduttivo) che fa felice l'ambiente.
Esistono motivi più o meno lampanti in grado di spiegare perché il profilo di Pioli riesca, in un momento critico nei rapporti tra la proprietà e il mondo viola, a pacificare e a portare in dote fiducia. Il tema umano non può essere sottovalutato: Pioli è già stato viola da calciatore, dall'89 al '95, e ha vissuto da allenatore il periodo della tragica scomparsa di Davide Astori, il suo capitano, quello che ancora adesso porta tatuato addosso. Un legame innegabile e tutt'altro che retorico con la città, qualcosa che - ancora oggi - riesce a toccare un popolo che spesso invoca scelte "identitarie". Non si tratta però di un aspetto in grado di esaurire il discorso: il solo legame con la città, insomma, non avrebbe mai garantito un senso di fiducia come quello dovuto al Pioli-bis.
Oltre al cuore c'è di più
Si può sottolineare come, dopo l'addio a Firenze nel 2019, il tecnico parmense sia passato dal poco edificante epiteto di padre Pioli (tornando al tema di stile, quello già citato) a quello di Pioli on fire: un percorso complesso, costellato anche di critiche e malumori, tale però da aggiungere uno Scudetto al palmares dell'ex allenatore di Lazio e Inter. In questo senso, ancor di più rispetto al tema identitario e umano, è logico immaginare che il sì di Pioli al ritorno si colleghi a garanzie di natura tecnica sul livello del progetto: niente che si ricolleghi all'ultima Fiorentina targata Della Valle, quella da cui Pioli si dimise, ma la possibilità di scrivere una pagina di storia diversa, riallacciando un discorso interrotto in malo modo per metterlo sotto una luce diversa.
La sfida, adesso, risiede nell'attesa: quella di potersi liberare dall'Al-Nassr, innanzitutto, ma anche quella (spesso snervante) con cui i tifosi bramano il colpo di mercato sotto l'ombrellone. L'addio improvviso di Palladino e la volontà di puntare su un tecnico sotto contratto fanno sì che, per forza di cose, la fretta esca dal vocabolario di Pradè e Goretti per l'estate che sta per iniziare: anche per questo la dote di credito in mano a Pioli risulta vitale per sedare malumori, per allontanarsi dalla coda lunga della contestazione vista col Bologna al Franchi.
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