Un calcio ai pregiudizi: il manifesto di Gollorius e una verità inattesa

Pierluigi Gollini
Pierluigi Gollini / Claudio Villa/GettyImages
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Lo vedi arrivare alle visite mediche con delle collane d'oro al collo (mica una, tre), lo vedi e magari ripensi al legame sentimentale con una protagonista dell'Isola dei Famosi, immerso insomma in faccende gossipare, come uno stigma inesorabile con cui fare i conti.

Quelle collane e la maglia di Conor McGregor ti rimandano a un immaginario slegato dal campo, attivano subito degli allarmi (implicitamente) e viene subito da tirar fuori l'aria da snob, quella di chi prende le distanze a priori, pur senza sapere esattamente da che cosa.

Le parole del portiere viola in conferenza stampa #forzaviola

Posted by ACF Fiorentina on Friday, July 15, 2022

Spesso, troppo spesso, apparenti banalità possono diventare anche macigni, o comunque colpi ben sferrati, se espresse quando meno te lo aspetti, in un contesto generalmente adibito ad altro, in un frangente che generalmente va poco più in là del "rispetterò le scelte del mister". Certo poi la sobrietà di un nome e di un cognome, Pierluigi Gollini appunto, viene interrotta da una pletora di pseudonimi e di nomi d'arte: Gollorius, sì, oppure semplicemente Piergollo.

Ed ecco che si riattiva quel meccanismo: sarà poco serio, poco professionale, le persone serie alla fine si riconoscono in un nome e in un cognome, non siamo mica alle medie. Poi capita anche che, nel corso di una conferenza stampa in casa Fiorentina, Piergollo inizi a cantare. In senso figurato, sì, ma con del significato dietro.

Il manifesto di Gollini

Dalla sala stampa arriva una domanda che devia dal discorso calcistico, dal dualismo con Terracciano o dalle ambizioni viola: ci si sposta sulla musica, sulle canzoni già pubblicate e su quelle in cantiere. Gollini non la prende col sorriso, non la derubrica come domanda fuori contesto e, anzi, si mette in gioco e lo fa senza nascondersi.

"Ci sarebbe da aprire un discorso molto lungo, più culturale e legato al nostro Paese. Io ho fatto le canzoni perché è una mia grande passione e cerco di sdoganare un po' di pregiudizi sul fatto che gli atleti non possano fare certe cose. Il direttore (Barone, NDR) essendo americano sa come vengono viste certe cose in America e credo che, essendo nel 2022, i giocatori debbano essere giudicati per la loro professionalità, per l'amore che mettono per la maglia e per il loro valore come calciatori, non se a un calciatore piace fare musica, se gli piace dipingere, se gli piace studiare determinate cose o giocare alla Playstation, avere macchine di un colore strano, portare i gioielli oppure la moda. Credo che siano cose molto superficiali".

Ma non solo, Gollini approfondisce ulteriormente il discorso: "In Italia tante persone sono ancore legate a vecchi pregiudizi e io con la musica cerco di lanciare un messaggio diverso. Un messaggio che magari potrà essere di aiuto alle prossime generazioni, credo che le persone non debbano avere paura di seguire le passioni. A me andare in studio e fare musica fa stare bene, per staccare dal calcio. Ognuno quando va a casa ha cose che fanno staccare dal quotidiano, per me la musica fa questo e continuerò a farla, nel rispetto del mio lavoro".

La lezione di Eric

Ognuno ha delle passioni, degli hobby, interessi che esulano dalla professione. Bene: un'ovvietà, per certi versi. Eppure, un discorso apparentemente scontato, si eleva in modo inatteso se espresso durante una conferenza stampa, se affrontato da un calciatore. Lo fa poiché va a esprimere un'esigenza di normalità, la spinta a non assecondare in eterno lo stereotipo del calciatore come figura mitologica che si spiega da sé, con pochi contenuti e tanti lustrini, ma di provare a lasciare spazio ad altro.

Eric Cantona, col suo piglio provocatorio, si definì a suo tempo un artista prestato al calcio, pronto - una volta accantonato il pallone - a tornare appunto all'arte, alla passione. E forse non è un diritto, per chi affronta una carriera così breve, costruirsi il proprio mondo senza diventarne mediaticamente schiavo? Non è assolutamente liberatorio poterle portare, quelle collane d'oro, senza che il giudizio altrui - superficialmente - si sposti?


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