La storia dietro all'esultanza: come e quando è nata la posizione del loto di Haaland

Com'è nata l'esultanza iconica del bomber del Manchester City?

Haaland contro il PSG
Haaland contro il PSG / Jörg Schüler/GettyImages
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Può esistere un gesto iconico senza che, per ambire ad esserlo, debbano passare i decenni e si debbano perciò raccogliere polvere o ruggine? Può, cioè, il richiamo del presente e persino del futuro dare senso pieno a un'esultanza anche se, come in questo caso, non diventa frutto della ripetizione e di un ricordo ormai sedimentato, perciò romantico?

La risposta affermativa al quesito, sicuramente retorico, ha nome e volto di Erling Braut Haaland, ha le fattezze di un campione che spontaneamente leghiamo al calcio del futuro - non per un discorso soltanto anagrafico - e che non collochiamo dunque nell'alveo consolante della nostalgia, nel rifugio delle memorie passate.

In visita dal futuro

Si ricerca spesso, come a voler trovare un filo conduttore di umanità, la componente fragile o persino biasimevole nel campione: tutti a caccia di un tratto o di un vizio che, addirittura, possa far sentire lui meno alieno e noi meno mortali, come appiglio confortante (spesso anche illusorio). Del resto non mancano occasioni in cui si indugia sul lato morale delle biografie dei campioni, basti pensare alla percezione di Best o di Maradona, affiancando al ricordo dei dribbling e delle giocate anche un affascinante "lato oscuro", deprecabile agli occhi di alcuni ma d'altro canto intrigante per costruire l'icona.

Da tutt'altra parte, rispetto ai campioni spesso vittime di sé per quanto investiti dal mondo che li circonda, si collocano come statue imperturbabili fuoriclasse fatti di un'altra pasta, pronti a guardarci dall'alto al basso (pur senza farlo fisicamente) e ad enfatizzare l'inadeguatezza del normale rispetto allo straordinario. Ci imbattiamo dunque in Cristiano Ronaldo che allontana con sdegno una bottiglia di Coca Cola, reclamando con severità il primato dell'acqua nella costruzione di un atleta che, insomma, non potrà mica buttar via una carriera per due bollicine nel bicchiere.

Nella natura di simili atleti, tendente alla perfezione, si scopre dunque una proiezione verso il futuro, verso un ideale prototipo di centravanti del domani: una letale fusione di potenza fisica e progressione in campo aperto, la capacità di vestire il ruolo del rapace d'area di rigore abbinata ad un tiro secco e minaccioso anche dalla distanza, come a voler ridurre le distanze tra più idee diverse di prima punta, sintetizzandole idealmente.

Quel che del resto impressionò di più, ricordando l'esplosione di Haaland nella stagione 2019/20, fu la capacità di mantenere freddezza e lucidità sul palcoscenico della Champions League e di bruciare così le tappe, macinando record e scuotendo (appena diciannovenne) il panorama calcistico europeo come nuovo fenomeno. Come si può legare, dunque, questa tendenza precoce alla perfezione, l'identikit da predestinato, ad un'esultanza? Potremmo immaginare - e potremmo anche trovarne esempi - la verve giovanile trasposta in entusiasmo, gesti provocatori e atteggiamenti da istrione, ma parleremmo in quel caso di altri e non di Haaland.

Come nasce l'esultanza di Haaland

Qui troviamo lo specchio, nell'esultanza stessa, dell'obiettivo puntato costantemente sull'automiglioramento, sulla necessità vitale (per un campione del futuro) di non sedersi, di non accontentarsi dello status quo, di lavorare su se stesso e di non farlo solo tra campo e palestra. Ecco dunque che, dopo un gol, Haaland ha saputo sorprendere tutti interrompendo la propria corsa e assumendo quella che, di fatto, è la posizione del loto (Padmasana), una figura che del resto appare familiare anche a chi è digiuno di pratiche meditative, automaticamente associata allo Yoga.

Giovanni Reyna, Erling Haaland, Raphael Guerreiro
Borussia Dortmund v Paris Saint-Germain - UEFA Champions League Round of 16: First Leg / Jörg Schüler/GettyImages

Gambe incrociate quindi e palmi delle mani rivolti verso l'alto, con pollice e indice che si toccano, e occhi chiusi: Haaland ha dichiarato in modo esplicito di abbinare la meditazione al suo allenamento quotidiano, un rito che ormai fa parte della sua vita al pari del lavoro necessario sul campo, per crescere atleticamente e come calciatore.

L'episodio più noto ed emblematico associato all'esultanza in questione riguarda, con tutta probabilità, gli ottavi di finale della Champions League 2019/20, edizione in cui Haaland riuscì a collezionare 10 gol in 8 presenze tra Red Bull Salisburgo e Borussia Dortmund. Ottavi di finale, appunto, e Borussia opposto al Paris Saint Germain: la sfida di andata vide i tedeschi ottenere il successo per 2-1, con doppietta dello stesso Haaland.

L'ennesima prova da incorniciare per il norvegese, col primo gol celebrato proprio assumendo la posizione del loto. Una situazione che si ribaltò però in modo beffardo al ritorno, col 2-0 del PSG firmato Neymar e Bernat e con la conseguente esultanza ironica del PSG che, in gruppo, imitò proprio la posizione assunta da Haaland nella sfida d'andata. Una beffa sportiva unita a una sorta di umiliazione personale, uno smacco a cui tanti avrebbero reagito rabbiosamente.

Non Haaland: quest'ultimo non ha mai espresso sete di rivalsa per il gesto di Neymar e compagni, sottolineando anzi come (involontariamente) i parigini abbiano contribuito a diffondere la pratica della meditazione presso un pubblico più vasto.


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