Sottintesi e fiducia: Roma, il Mourinho pensiero non lascia niente al caso

Mourinho dopo il derby
Mourinho dopo il derby / Giampiero Sposito/Getty Images
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Dopo il triplice fischio del derby della Capitale in tanti, vedendo José Mourinho accelerare il passo e chiamare qualcuno a sé con eloquenti gesti della mano, avrà pensato che il tecnico della Roma volesse avventarsi con rabbia verso un componente della squadra arbitrale o della panchina biancoceleste, come a voler regolare i conti dopo una sfida segnata da episodi importanti in avvio. Niente di più distante dalla realtà: mentre Maurizio Sarri faceva volare Olimpia, col sorriso stampato sulla faccia, Mourinho teneva a rapporto i suoi a centrocampo, invitandoli a raggiungere i tifosi della Sud e a raccogliere il loro sostegno nonostante la sconfitta.

Maurizio Sarri, Josè Mourinho
Sarri e Mourinho / Giuseppe Bellini/Getty Images

Forma e sostanza

Del resto, persino profeticamente, Mourinho ha sottolineato di recente quanto conti per lui uscire dal campo con l'impressione di aver dato tutto, anche in caso di mancata vittoria o di sconfitta. Non frasi di vuota retorica, quelle d'archivio per gli allenatori che parlano alla stampa, ma un intento reale palesato anche a posteriori con quel post-partita così d'impatto. La seconda vita italiana di Mourinho si snoda fin qui tra gesti e segnali apparentemente estemporanei ma, in realtà, densi di significati: dalla voglia di metter mano a ogni dettaglio a Trigoria, manifestata in quel sorprendente gesto nella prima conferenza stampa quando il tecnico si alzò e spostò dei rumorosi pannelli, al sorriso compiaciuto a bordocampo in amichevole contro il Porto, con le due squadre impegnate a darsela di santa ragione, come se lo Special One avesse appena visto uno schema realizzato alla perfezione e non una rissa. Ma la stessa abitudine di esaltare i tecnici avversari, soprattutto dopo una vittoria giallorossa, e di abbracciare apertamente umori e simboli della Roma (dall'inno alla tifoseria) vanno a comporre un quadro in cui niente è lasciato al caso, a prescindere dal risultato, un contesto in cui gesti e parole vengono chirurgicamente pesati, col bene della squadra come fine ultimo.

Josè Mourinho
José Mourinho / Giuseppe Bellini/Getty Images

Una cosa per un'altra

Un quadro dentro il quale Mourinho sta dosando sapientemente ironia e sottintesi, lasciando talvolta che i messaggi passino pur dicendo apparentemente l'esatto opposto. Nel momento in cui Mourinho afferma di "riconoscere quanto il calcio italiano sia migliorato, perché anche dopo questa partita nessuno parla di arbitri" lo fa anche per punzecchiare, lo fa intendendo che di fatto un derby come quello di ieri non consente grandi chiavi tattiche di discussione o di analisi, essendosi ribaltato nel suo svolgimento dal rigore non concesso a Zaniolo al successivo gol di Pedro, apoteosi della doccia fredda e quintessenza di una beffa. Quando rivolgendosi a Parolo nel post-partita si complimenta con l'ex biancoceleste per la vittoria lo fa apparentemente per caso, buttandola lì: è chiaro in realtà come il messaggio sia ben più diretto, legato magari anche a quanto visto sul campo, coi cenni d'intesa tra lo stesso Parolo, ora commentatore per DAZN, e gli ex compagni e con un atteggiamento piuttosto distante da quello dell'opinionista distaccato (più in una logica di botta e risposta con Balzaretti, pur senza alzare i toni).

SS Lazio v AS Roma - Serie A
Tifosi giallorossi nel derby / Giuseppe Bellini/Getty Images

La forza della fiducia

Quel che traspare inesorabilmente dagli atteggiamenti di Mourinho è il desiderio (persino la necessità) di rafforzare costantemente il senso di fiducia e di autostima della squadra, senza volare alto in caso di vittoria e senza drammatizzare in caso di sconfitta. Una posizione affatto scontata, sulla carta, considerando come in realtà la squadra palesi carenze piuttosto chiare e potenzialmente risolvibili col mercato, portando maggiore esperienza (Xhaka il rimpianto più grande) e alternative più pronte a lasciare il segno a partita in corso. Niente alibi dunque nella retorica di Mourinho e tanta voglia di ribaltare il senso di una sconfitta, di uno smacco che rischierebbe di lasciare ferite profonde se non gestito correttamente. E quel cerchio a centrocampo dopo il fischio finale può avere in fondo una forza propulsiva persino superiore ai festeggiamenti in grande stile di chi ha vinto, alle bottiglie stappate e ai salti di gioia.


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