La sorellastra Coppa Italia reclama (e merita) un posto più grande
Nel bel mezzo dell'euforia (o dello sconforto) per l'esito delle notti europee, tra le righe di un campionato di Serie A più che mai incerto nel suo andamento, ecco porsi come una sorta di noiosa tassa da pagare l'impegno di Coppa Italia, arrivata ora ai sedicesimi di finale, con squadre della massima serie già implicate (anche in scontri diretti, come Verona-Empoli, Genoa-Salernitana e Samp-Torino).
La "noia" di un simile impegno si collega senz'altro a un appeal diverso da quello esercitato dalle sfide di Serie A e dalle suddette notti europee, con scenari spesso consueti fatti di stadi semideserti e di formazioni infarcite di riserve, coi protagonisti che rimangono a guardare e aspettano di tornare in campo quando il gioco si farà duro.
Esistono da un lato ragioni storiche e pratiche per le quali il torneo finisce per divenire una Cenerentola del panorama italiano, come risalto e come percezioni mediatica, d'altro canto esistono motivi altrettanto validi (e pratici appunto) per i quali si renda necessario viverla diversamente, comprenderne il peso, ricollegandoci anche a un panorama europeo in evoluzione.
Formula e identità
Diventa chiaro come la percezione alterata, in negativo, di una competizione non possa essere casuale, non possa semplicemente essere attribuita come peccato originale ai singoli club, ai tecnici e ai calciatori. Esiste un senso diffuso di instabilità e di frammentarietà associato alla Coppa, collegato a una formula che (storicamente) fatica a diventare certa, continua negli anni, ma che deve invece fare i conti con questioni più grandi di lei, andando a incunearsi tra i calendari, tra le coppe europee che cambiano, tra le esigenze di quella sorella maggiore chiamata Serie A.
Non è un caso se ci troviamo, adesso, a vivere l'ennesimo cambio di formula (quella dell'edizione in corso) e al contempo troviamo numerose voci critiche e pochi consensi attorno all'attuale assetto. I nodi sono molteplici, uno di questi riguarda senz'altro l'ingresso delle prime otto squadre della Serie A della stagione precedente già agli ottavi di finale, con realtà più piccole che - dal canto loro - si trovano invece ad affrontare una scalata utopistica, ai limiti dell'impresa.
L'aspetto della possibile "favola calcistica" diventa dunque più vicino alla fantascienza che non al reale auspicio, togliendo una parte di fascino alla competizione che, d'altro canto, cambiando spesso connotati non riesce ad assumere un'identità chiara, forte, o comunque non prima delle fasi finali, delle ultimissime battute.
Certo, considerando le ragioni storiche di un interesse come minimo discontinuo, potremmo anche ripensare all'assenza di una coppa europea esclusiva, come poteva essere la Coppa delle Coppe, e dunque al poter raggiungere obiettivi raggiungibili anche tramite altre vie (il campionato, appunto), senza dunque il bisogno di arrivare fino in fondo, di "perdere energie" percorrendo una strada quando ne esiste una alternativa. Il punto, ora, risiede tutto nel capire quale delle due strade sia in effetti più percorribile, almeno nel contesto italiano.
Perché la Coppa Italia merita attenzione
Potremmo suddividere le ragioni per cui la Coppa Italia non merita di essere sottovalutata in un aspetto interno al contesto italiano e in uno esterno, correlato all'assetto attuale delle coppe europee. Sul fronte nazionale appare lampante come arrivare tra le prime sei squadre in Serie A sia una missione sempre più ardua e, al contempo, sorprende pensare come una tra le big sarà destinata ad accontentarsi di un posto in Conference League.
Un panorama che vede Inter, Atalanta, Milan, Juventus, Napoli, Roma, Lazio e l'outsider Fiorentina: otto squadre per sette posti in Europa e solo sei posti tra Champions ed Europa League. La Conference League, per una realtà come la Fiorentina, potrebbe apparire come una buona tappa intermedia per riaffacciarsi sullo scenario europeo, ad esempio, ma in altri casi avrebbe il sapore di un purgatorio lungo e neanche troppo agevole in cui barcamenarsi.
Diventa dunque chiaro come, al di là delle prime quattro squadre in fuga verso un posto Champions, sia fatale snobbare la Coppa Italia e ritenerla un mero fastidio in mezzo a ciò che più conta. Di pari passo il riassetto delle coppe europee, con la nascita della Conference e una maggiore interazione tra le varie competizioni internazionali, rende già prestigiosa la partecipazione all'Europa League, sia rispetto alla Conference stessa che pensando alla possibilità di partecipare alla Champions in caso di vittoria finale.
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