La rosa della Roma è davvero deficitaria come sostiene Mourinho?

José Mourinho
José Mourinho / Maurizio Lagana/GettyImages
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Ancora un passo falso per la Roma, il secondo consecutivo in campionato, e ancora ferite: è il periodo più difficile dall'arrivo di José Mourinho alla guida dei giallorossi e, dopo un avvio di campionato incoraggiante, sono emerse criticità che lo stesso allenatore (come suo solito) non ha mancato di segnalare, pur senza attacchi veri e propri alla proprietà e agli uomini mercato.

Al netto delle polemiche arbitrali, a onor del vero anche giustificate nel caso della sconfitta di Venezia, è emerso dalle parole di Mourinho nel post-partita qualcosa si particolarmente significativo: il portoghese ha spiegato di ritenere la rosa a disposizione tale da non garantirgli quelle scelte che invece possono permettersi Pioli al Milan, Inzaghi all'Inter e Allegri alla Juve.

Non un attacco alla proprietà, insomma, ma un dato indicato quasi come oggettivo: il mercato della Roma è stato "di reazione e non di costruzione" tanto da metter su una rosa definita a tutti gli effetti deficitaria da Mourinho, soprattutto nelle alternative.

Vediamo dunque, reparto per reparto, quanto la rosa del club capitolino possa davvero essere definita così lacunosa e limitata, tanto da arrivare a rimpiangere Juan Jesus e Bruno Peres, elementi a più riprese apparsi come fuori dal progetto prima dell'addio.

1. Porta

Rui Patricio
Rui Patricio / Giuseppe Bellini/GettyImages

La porta rappresenta per certi versi un'eccezione nel ragionamento di Mourinho: Rui Patricio è stato un acquisto evidentemente concertato col tecnico e il rendimento dell'ex Wolverhampton è stato fin qui in linea con quel che ci si sarebbe attesi, dopo annate convulse tra i pali della Roma. In questo senso, quindi, nessun rimpianto rispetto al recente passato: la situazione è migliorata.

2. Difesa

Gianluca Mancini, Roger Ibanez
Ibanez e Mancini / Silvia Lore/GettyImages

Il discorso cambia radicalmente pensando alla difesa, reparto in cui si può già vedere lo specchio del mercato "reattivo" fatto dalla Roma e dell'assenza di una pianificazione efficace, soprattutto sulle corsie esterne.

Le rinunce a Fazio e Juan Jesus non possono regalare alibi e apparivano per certi versi fisiologiche, la batteria di centrali a disposizione (Mancini, Ibanez, Kumbulla e Smalling) appare all'altezza mentre quel che accade sulle fasce è ben più preoccupante: né Vina né Calafiori sono alternative all'altezza di Spinazzola, il primo ha anche portato a un esborso importante pur fornendo rare garanzie, quando per sostituire l'infortunato Spinazzola forse sarebbe stato più opportuno puntare sull'usato sicuro.

Karsdorp, dal canto proprio, sta facendo gli straordinari: secondo giocatore di movimento più utilizzato (più di lui solo Mancini) in un ruolo del tutto dispendioso come quello di laterale, con compiti anche di spinta. Reynolds non è un'alternativa al livello dell'olandese: la situazione è effettivamente critica come sottolinea Mourinho.

3. Centrocampo

Bryan CristanteJordan Veretout
Veretout e Cristante / Giuseppe Bellini/GettyImages

Consideriamo qui i giocatori utilizzabili davanti alla difesa nel 4-2-3-1 di Mourinho e il trequartista: è evidente come il triangolo Veretout-Cristante-Pellegrini sia un totem assoluto, un marchio di fabbrica di questa Roma, mentre rimane qualche dubbio sulle alternative.

Dubbi non legati al valore assoluto dei giocatori ma all'idoneità all'interno di questa Roma, targata Mourinho: Diawara e Villar sarebbero preziosi in tante altre squadre ma non rappresentano alternative "coerenti" rispetto a Veretout e Cristante. Un elemento tecnico e di regia come Villar, su tutti, appare sacrificato e fuori contesto, Darboe dal canto proprio manca ancora di esperienza ed è ugualmente indietro rispetto ai due titolarissimi.

Come livello assoluto non è un panorama così sconfortante, dunque, ma sicuramente ricco di contraddizioni (elementi come Xhaka o Zakaria sarebbero apparsi più funzionali e apprezzati dal tecnico).

4. Attacco

Tammy Abraham, Eldor Shomurodov
Abraham e Shomurodov / Silvia Lore/GettyImages

Infine l'attacco, altro reparto in cui Mourinho ha parlato di scelte di reazione più che di costruzione: in sostanza l'addio di Dzeko sarebbe stato così improvviso da porre la società nella condizione di ovviare in fretta e furia alla defezione, con Abraham arrivato proprio per rispondere a tale esigenza.

Non è un attacco che manca di prime punte, tutt'altro: Abraham, Shomurodov e un Mayoral fin qui ai margini offrono soluzioni importanti e diverse per il 4-2-3-1, con tanto di possibilità di utilizzare Shomurodov accanto ad Abraham (come accaduto positivamente a Venezia).

Come in difesa il problema riguarda gli esterni: Zaniolo può essere devastante, si sa, ma pone di fronte a problemi di gestione e di tenuta non da poco, Mkhitaryan dall'altra parte è tra i più in ombra e sta assistendo al ritorno di El Shaarawy.

Carles Perez e il giovane Felix Afena (debuttante a Cagliari) per motivi diversi non rappresentano alternative migliori rispetto a Kluivert e Cengiz Under, partiti in estate.

Ha ragione Mourinho?

Mourinho, dunque, ha ragione? Potremmo dire di sì, sottolineando soprattutto un fatto: il lavoro di Tiago Pinto in estate si è concentrato ampiamente sulla necessità di sfoltire la rosa e abbassare il monte ingaggi, con elementi come Fazio, Santon, Nzonzi e Pastore che necessitavano di risolvere situazioni anche ingarbugliate e spinose. Tutti nodi che hanno tolto spazio a una pianificazione serena e concertata pienamente col tecnico, pur senza contrasti veri e propri tra le parti.

FC Porto v AS Roma - Pre-Season Friendly
Tiago Pinto / Gualter Fatia/GettyImages

In sostanza il mercato giallorosso ha rappresentato che una prima parte di un lavoro ancora in corso, che già a gennaio richiederà integrazioni: l'assenza di riserve all'altezza sulle fasce (in difesa come in attacco) e un centrocampo con giocatori poco adatti al gioco di Mourinho sembrano le due lacune principali, aspetti a cui ovviare necessariamente attraverso il mercato, togliendo poi del tutto spazio a possibili alibi o all'impressione deleteria di cantiere ancora aperto.


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