La Roma riscopre il vero nove: Abraham ribalta lo status quo

Tammy Abraham
Tammy Abraham / Silvia Lore/Getty Images
facebooktwitterreddit

Tra le immagini e i fotogrammi della prima giornata di Serie A 2021/2022 resterà senz'altro impresso in modo chiaro il volto di Tammy Abraham, accompagnato dai numeri messi a referto: due assist nel suo debutto assoluto con la maglia della Roma e un contributo ulteriore, non riassumibile nelle statistiche, risultato di fatto decisivo per la conquista del successo contro la Fiorentina. Un impatto ancor più sorprendente pensando alle previsioni della vigilia, con uno Shomurodov in rampa di lancio dopo un ottimo precampionato e una partenza dalla panchina, per l'inglese, che appariva la soluzione più logica, con debutto nella ripresa al posto dell'uzbeko.

Abraham
Tammy Abraham in giallorosso / MB Media/Getty Images

Sulla carta e nei fatti

Quel che accade sulla carta, a priori, non sempre però si realizza nella realtà dei fatti: lo ha mostrato Mourinho gettando subito in campo il suo nuovo numero nove, sapendo quanto potesse far male alla difesa gigliata, e lo ha dimostrato soprattutto lo stesso Abraham, nell'arco di pochi minuti. Del resto non sembra la più facile delle missioni andare a rimpiazzare il terzo miglior marcatore della Roma, in tutte le competizioni, e prendere di fatto il posto di un elemento come Dzeko, dalle qualità più uniche che rare per il ruolo di centravanti. Sulla carta, peraltro, un'ultima stagione condita da 6 gol e 2 assist in Premier League, con un utilizzo più che mai discontinuo da parte di Tuchel, non sembrava il biglietto da visita ideale per riempire quel vuoto. Il tutto considerando anche il dato anagrafico, da un lato uno Dzeko forte di un'esperienza riconosciuta a livello internazionale, con presenze e gol in Bundesliga, Premier e Serie A, dall'altro lato un classe '97 forte di una sola stagione convincente in Premier League (con Lampard) dopo l'esplosione in Championship. Come detto, però, ciò che a priori sembra scritto in un modo riesce, nei fatti, a prendere una piega diversa e non lo fa per casualità.

Effetto Mourinho

Spesso, per spostare gli eventi dall'andamento previsto, occorre una mossa inattesa, una visione più lungimirante che non si soffermi solo sui dati e sulle osservazioni più alla portata di tutti: il ruolo di José Mourinho in tal senso è evidente, lo Special One ha sempre stimato Abraham pur senza averlo mai allenato direttamente e, da conoscitore privilegiato delle cose del Chelsea, ha spesso sottolineato quanto i Blues dovessero tenere nella giusta considerazione quell'attaccante formato proprio nelle giovanili del club, fin da bambino. Nel momento dell'addio di Dzeko, definito inatteso dallo stesso Mourinho, la sua intuizione non è stata dunque quella di puntare sull'usato sicuro o su elementi d'esperienza, già rodati in Italia, ma di dare fiducia a un giocatore che non aveva mai varcato i confini inglesi, con dei margini di miglioramento importanti e la necessità di ambientarsi in una realtà diversa da quella della Premier.

Tammy Abraham, Josè Mourinho
Abraham e Mourinho / Silvia Lore/Getty Images

Il tempo è relativo

Una vicenda, questa, che dimostra come anche nel pallone il tempo abbia evidenti tratti di relatività: un classe '97 può essere in sostanza un giovane in rampa di lancio, ancora lontano dalle responsabilità o dal peso dei troppi occhi addosso, ma può rivelarsi anche un trascinatore carismatico, un vulcano sia a livello atletico che di personalità, con tanto di incitamenti rivolti direttamente al tifo della Sud e di confronti faccia a faccia con l'arbitro, senza spazio per timori o timidezze di sorta. Mourinho evidentemente conosceva già questi tratti e sapeva di poterli portare nella realtà giallorossa, di poterseli godere fin dall'inatteso debutto dal primo minuto.

Il vero nove

Può sembrare un paradosso, considerando i due assist collezionati ieri, ma parliamo in questo caso di un profilo di attaccante diverso da quello che nel corso degli anni la Roma ha imparato a vedere in campo: un terminale offensivo che attacca la profondità e lo spazio, che parte sul filo del fuorigioco (ben due volte ieri), che si divora il campo obbligando il portiere a contromisure rischiose (ha provocato infatti l'espulsione di Dragowski), inserendosi al meglio tra i centrali avversari e tirando fuori un vero e proprio istinto da killer. Se si perde qualcosa a livello di costruzione e di lavoro spalle alla porta, con Dzeko spesso capace di rendersi regista avanzato, qualcosa di nuovo e di incoraggiante si prospetta in quanto a potenza, atletismo e spirito da leader. Siamo all'alba di qualcosa che deve ancora esprimersi e concretizzarsi con continuità ma, di fatto, la Roma sta scoprendo il suo "vero nove" ed è possibile che lo spazio per i rimpianti, pensando a chi se n'è andato, duri meno del previsto.