Rivoluzione Juventus: è saggio cambiare così tanto?
Il quarto posto assicurato con tre giornate di anticipo ha chiuso anzitempo la stagione 2021/22 della Juventus, decisamente non positiva se si prendono in esame gli scivoloni di Supercoppa e Coppa Italia - la Champions resta al momento solo un sogno, non un obiettivo concreto. Quanto raccolto dagli uomini di Massimiliano Allegri non può soddisfare proprietà e dirigenza bianconera, che alla firma di un oneroso contratto da svariati milioni annui per il tecnico toscano si aspettava ben altro. La realtà dei fatti è però un'altra, ben evidente: la Vecchia Signora si trova ora a fare i conti con gli spettri del passato, con quei demoni intravisti anni fa che però nessuno finora è stato in grado di scacciare.
Rendiamo più chiara la situazione. Ci troviamo nel recente 2019, in un periodo in cui il Covid è ancora una parola senza significato e la Juventus continua a vincere scudetti ininterrottamente. Al termine di quella stagione la Vecchia Signora decide di non continuare a percorrere la stessa strada di Allegri e le parti si salutano. Tutto normale, se non che il tecnico livornese anticipa e non di poco il futuro dei bianconeri. Pronto ad essere sostituito Maurizio Sarri, Allegri senza peli sulla lingua si espone sulla rosa a disposizione, sottolineando come non ci fosse una base duratura per continuare.
Il gruppo aveva nel suo organico tanti validi elementi, ma necessitava di essere rivoluzionato per mantenere la vetta della Serie A. La storia è poi proseguita e tutti sanno come sono andate le cose: la Juve non ha mai rivoluzionato il gruppo, focalizzandosi soprattutto sulla Champions - senza particolare successo. A farne le spese sono stati gli allenatori, creando un cerchio che dopo due anni ha riportato Allegri a Torino.
La Juventus si trova, quindi, a fare i conti ora con quella rivoluzione non intrapresa due anni fa e che ora è diventata necessaria. I reparti a disposizione di Allegri sono zeppi di atleti strapagati, in età avanzata o addirittura inutili alla causa bianconera. È il caso di Alex Sandro in difesa, il quale da due anni non convince più per prestazioni offerte, ma che ancora continua a calcare i terreni di gioco della Continassa. C'è poi il capitolo Bonucci - Chiellini, simboli di una juventinità radicata che non ha trovato degni sostituti. Se de Ligt resta il pupillo della tifoseria ed il punto fermo da cui ripartire, lo stesso non si può dire del compagno di reparto. Prima Romero e poi Demiral hanno lasciato la Vecchia Signora troppo velocemente, obbligando ora Allegri a doversi affidare a Rugani - che non ha fatto male quando chiamato in causa, ma lontano dall'avere quella personalità per guidare da titolare la retroguardia bianconera - come primo rimpiazzo. Lo sguardo potrebbe essere allungato da qui fino al reparto offensivo e ci sarebbero tanti altri nomi da prendere in considerazione, da Rabiot e Arthur a Bernardeschi e Dybala.
La pandemia, quasi fosse un ossimoro, è diventata da questo punto di vista un grande alleato della Juventus. Le difficoltà riscontrate economicamente hanno spinto i vertici a rivedere il tetto ingaggi massimo e la funzionalità degli atleti al progetto, dando il via ad un esodo bianconero senza precedenti negli ultimi anni. In una sola sessione di calciomercato la Vecchia Signora potrebbe salutare ben sette atleti (se non di più), con quattro di loro già certi della partenza.
Se il capitolo Chiellini era giusto si chiudesse dopo 17 anni di servizio alla causa, diversa è la situazione per Dybala e Bernardeschi. Nel caso dell'argentino, le cifre richieste non giustificavano quanto dimostrato dalla Joya nelle ultime stagioni, quando sarebbe dovuto definitivamente esplodere al fianco di Cristiano Ronaldo. Il nuovo progetto, inoltre, non lo vede più al centro degli automatismi del tecnico livornese, improntato sempre più ad un dinamico 4-3-3 - e Dybala in quel ruolo l'ala di certo non la può fare, come ha già dimostrato in passato. La separazione era l'unica soluzione che potesse rendere soddisfatte entrambe le parti, nonostante sotto sotto la Joya avrebbe preferito di gran lunga rimanere all'ombra dell'Allianz Stadium.
Il capitolo Bernardeschi, invece, racconta tutt'altra storia. L'enfant prodige della Fiorentina ha deluso tanto dal suo approdo a Torino, giustificando solo in alcune circostanze il grande sforzo economico fatto diverse stagioni fa. Con una evidente distanza tra domanda e offerta il futuro del campione d'Europa sembrava già scritto mesi fa, raccontando di una storia arrivata ormai al punto di arrivo.
La rottura del rapporto con Bernardeschi potrebbe però diventare una lama a doppio taglio per i bianconeri, soprattutto in vista della prossima stagione. L'addio certo di Dybala, quello probabile di Morata - per cui trenta milioni sono eccessivi per un giocatore fuori dai piani futuri dell'Atletico Madrid - ed il dubbio Kean lasciano un vuoto in attacco enorme. Allegri può contare al momento solo su Vlahovic, Aké e Soule (possibilmente anche Cuadrado, ma la stagione in corso ha dimostrato come più volte ci sia la necessità delle sue giocate in difesa). In una situazione del genere l'aiuto dell'ex Fiorentina avrebbe fatto comodo alla Vecchia Signora, che avrebbe avuto un'altra pedina su cui fare affidamento. Kaio Jorge e Chiesa sono, infatti, ancora alle prese con i propri infortuni e restano tuttora delle incognite.
L'altro lato della medaglia racconta di un'alternativa che porta il nome di Angel Di Maria. L'argentino dovrebbe rimanere a Torino per un anno, coprendo lo spazio lasciato libero il tempo necessario per permettere alla società di investire in quel ruolo dalla stagione 2023/24. In questa ottica, considerando anche l'esperienza internazionale dell'ex Real Madrid, la separazione con Bernardeschi diventa meno amara e più "accettabile" - anche considerando una forma fisica che ha consentito a Di Maria di avere qualche problemino in meno rispetto all'italiano negli ultimi campionati.
C'è da aprire, poi, il capitolo centrocampo. Se Ramsey è certo dell'addio, che sia in vendita o tramite rescissione del contratto, i bianconeri potrebbero salutare anche Arthur. L'umore del brasiliano non è dei migliori dal suo arrivo a Torino e le prestazioni sottotono messe in mostra rischiano di compromettere la sua presenza nel Brasile. Queste condizioni potrebbero spingere via l'ex Barcellona, dando vita ad una rivoluzione in mediana che alla Juve non dispiacerebbe. Il brasiliano si è guadagnato a suon di prestazioni deludenti il primato nella lista dei partenti, spingendo la società ad insistere per profili di maggiore qualità dopo la sua completa bocciatura. I problemi a centrocampo della Juve sono noti a molti e la scelta di affidargli la mediana si è rivelata controproducente, consegnando ad Allegri un elemento in grado di tenere palla ma non di verticalizzare (l'esser stato superato nelle gerarchie da Miretti dice molto).
La rivoluzione, per quanto spaventosa per il numero di trasferimenti da eseguire, è necessaria in casa Juventus. Troppe sono le pedine che giustamente hanno terminato, o potrebbero concludere a breve, la loro avventura in bianconero e c'è bisogno di nuova qualità e fame di vittoria. Il rischio di perdere armonia interna allo spogliatoio e di trasformarsi in un ammesso di giocatori messi insieme a caso c'è in casa Juventus, ma deve essere corso se si vuole tornare nel breve periodo ad essere competitivi. I bianconeri non si possono più permettere di tergiversare o di accontentarsi se si parla di motivazioni all'interno dell'organico. È sicuramente un azzardo stravolgere in questo modo la rosa, ma negli ultimi anni si è visto come muoversi un passo alla volta non abbia portato gli esiti sperati. Molto dipenderà anche e soprattutto dal lavoro del duo Arrivabene - Cherubini: se scelti i profili adeguati la Vecchia Signora potrà tornare a rifondare il proprio ciclo in tempi zero.
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