I rischi di mandare anzitempo Dusan Vlahovic sul banco degli imputati
Le parole di un tecnico, non è una novità, possono racchiudere in sé significati di facciata, spinte nascoste per motivare una squadra, specchietti per le allodole nell'ottica di limitare i danni o di tenere botta: è evidente che quanto affermato da Max Allegri dopo l'1-1 della Juve col Toro faccia storcere il naso a tifosi e addetti ai lavori, sancendo una distanza netta tra chi pensa a un pari che sa di sconfitta e chi (Allegri, appunto) si tiene stretto anche quel punto e non lo ritiene da buttare.
Accanto a una valutazione diversa sul peso specifico del punto, poi, si affaccia una lista di titoli e parole amare riferite a Dusan Vlahovic e alla sua prova nel derby. Una sfida sancita dall'ennesima affermazione di Bremer contro il centravanti di turno e seguita, il giorno dopo, da brutti voti in pagella per il serbo (una collezione di 5, comunque una lecita valutazione di campo) e soprattutto da parole forti che mal si sposano con l'entusiasmo dei primi giorni bianconeri dello stesso Vlahovic.
Mettere il classe 2000 sotto i riflettori in chiave negativa, ritenerlo già imputabile di una qualche colpa, porta con sé il pericolo di affievolire quella scia di entusiasmo sorta proprio con l'acquisto di Vlahovic, vero terremoto in grado di scuotere il mercato.
1. Il patrimonio di entusiasmo
L'aspetto basilare a cui la Juve non può permettersi di rinunciare riguarda l'impatto devastate del colpo Vlahovic sul mondo bianconero e ben oltre, considerando l'effetto mediatico di un simile acquisto concluso nel mercato invernale.
Una vera e propria dichiarazione d'intenti da parte della proprietà, un biglietto da visita da parte di chi intende tornare quanto prima a lottare per la vetta e competitivo anche sul fronte europeo. Biglietto da visita fondamentale, poi, pensando anche al vuoto lasciato da CR7 e dalla necessità di individuare un nuovo campione che sappia essere un trascinatore e non semplicemente un ingranaggio.
2. L'investimento fatto
Nella marcia d'avvicinamento al mercato invernale sembrava che la Juventus dovesse vivere un mercato invernale conservativo, al più con qualche ritocco a metà campo e con qualche uscita tra i giocatori che meno avevano convinto.
L'investimento fatto su Vlahovic, la prova di forza anche di fronte alle resistenze iniziali di Commisso, rappresenta un altro patrimonio da non disperdere e da tenere a mente: dai 70 milioni più 10 di bonus per il cartellino all'ingaggio da 7 milioni a stagione, è evidente come lo sforzo sia da proteggere. Il tutto sommato alla capacità di sbaragliare la concorrenza di altre importanti realtà europee.
3. La svolta tattica
Uno dei meriti "indiretti" di Vlahovic riguarda la grande mano data a Max Allegri nella ricerca della quadratura del cerchio, nell'individuazione di un assetto offensivo che segni una svolta di fronte alla precedente discontinuità: il 4-3-3, col serbo affiancato da Dybala e da un Morata più largo e sgravato dall'ossessione del gol, ha segnato un momento chiave nella stagione bianconera e merita soprattutto continuità.
Non si tratta in sostanza di dover proseguire nell'eterna ricerca di un'identità, adesso, ma di proseguire su una strada virtuosa aiutata anche dal mercato condotto a gennaio tra attacco e centrocampo.
4. Obiettivo Champions
L'entusiasmo ritrovato, pensando alla rincorsa a una rimonta in Serie A che conduca il più in alto possibile, si può automaticamente accostare anche al percorso europeo dei bianconeri.
La presenza di un Vlahovic in più può dare una spinta fondamentale per proseguire nel percorso in Champions, al di là dell'assenza di esperienza europea da parte del serbo. Proprio il dato anagrafico e il digiuno da certi palcoscenici rende chiaro, una volta per tutte, quanto Vlahovic possa essere una risorsa chiave ma non un giocatore da valutare soltanto a stretto giro e a breve termine: tutto di guadagnato, dunque, senza potersi concedere deleteri processi anticipati.
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