Ripercorriamo la (breve) storia della Super League

Florentino Pérez e Aleksander Ceferin
Florentino Pérez e Aleksander Ceferin / Alexander Hassenstein/Getty Images
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Un sogno, fu un sogno, ma non durò poco.

Questo verso, tratto da una canzone di Fabrizio De André, sembra calzare alla perfezione per riassumere il fenomeno Super League, più simile a un incubo che a un sogno a essere onesti. Sì certo, tra la nascita e la sua conclusione sono passate solo 50 ore, ma in così poco tempo è successo veramente di tutto: ammutinamenti, minacce, scese in piazza dei tifosi, c'è perfino chi ha inscenato un vero funerale al calcio.

Ma andiamo per ordine. Siamo nella notte tra domenica e lunedì, quando su Internet viene diffuso un comunicato. Parla di una nuova competizione calcistica destinata a salvare il mondo del calcio dalla crisi in cui sta scivolando. Si chiama Super League e dietro a quest'idea ci sarebbero i presidenti delle 12 squadre più importanti al mondo (6 inglesi, 3 spagnole e 3 italiane), convinti che Uefa e FIFA non tengano questi gloriosi club abbastanza in considerazione, e pronti allora a separarsene.

La reazione delle istituzioni calcistiche mondiali, le sopracitate Uefa e FIFA, è immediata e quasi rabbiosa. Estromissione delle società coinvolte da tutte le competizioni, anche dai rispettivi campionati nazionali, e niente Nazionale per i giocatori dei vari club: queste le misure che Alexander Ceferin minaccia di adottare contro le squadre ribelli. Il presidente della Uefa non usa mezzi toni, definendo la Super League un "Golpe calcistico", un atto di ribellione per rivoltare lo status quo del pallone.

Sorge il sole, si prospetta una giornata movimentata. I tifosi di tutta Europa si svegliano e scoprono della nascita della Superleague. Disapprovazione, sdegno e disgusto: queste le reazioni a caldo di tutti gli appassionati. Ma non solo semplici supporters, a schierarsi contro la Super League ci anche allenatori, ex giocatori e molte squadre che non vi aderiscono. Sir Alex Ferguson ritiene che un campionato del genere rinneghi 70 anni di storia sportiva, Klopp minaccia persino di dimettersi se la cosa dovesse andare in porto; la bandiera dello United Gary Neville paragona la Superlega a un atto criminale. Significative anche le uscite di Wolverhampton e Leeds United: i primi decidono di autoproclamarsi campioni dello scorso campionato, visto che a precederli furono proprio le big 6, ormai deposte; i secondi "censurano" sui social il nome del Liverpool, dopo il pareggio per 1-1 nella partita di ieri.

Intanto, iniziano a trapelare i primi dettagli sulla Super Lega: 20 squadre partecipanti, di cui 15 fisse e 5 ammesse esclusivamente per invito; un campionato che si articolerebbe in due gironi da 10, con sfide di andata e ritorno. La qualificazione sarebbe riservata alle prime 3 classificate e alla vincitrice dei playoff tra la quarta e la quinta. Come se non bastasse, emergono anche le cifre economiche: la competizione sarebbe sponsorizzata dalla JP Morgan, la banca più ricca al mondo, pronta a mettere sul piatto 3,5 miliardi di euro, da dividere tra tutte le partecipanti.

La Super Lega finisce sulle prime pagine di tutti i giornali sportivi e non, i notiziari non parlano d'altro e la questione diventa oggetto anche di discussione politica. Il presidente francese Macron appoggia la decisione dei club di Ligue 1 di non aderire al progetto, ritenendolo contrario ai principi di merito e solidarietà tipici dello sport. Il Premier Mario Draghi si schiera con le autorità calcistiche italiane ed europee, le uniche a garantire i valori etici e sociali del calcio. Non usa mezzi toni invece Boris Johnson affermando con decisione che "non permetterò questo orrore".

Se il mondo del calcio inizia a movimentarsi, non si hanno però dichiarazioni da parte dei club interessati. L'unico a prendere la parola è Florentino Perez, presidente del Real Madrid e principale fautore della Superleague, che in un'intervista alla tv spagnola El Chiringuito spiega le ragioni della nascita di questa proposta.

Il patron dei Blancos parte da un presupposto ben chiaro: il calcio mondiale è in crisi e la pandemia non ha fatto altro che velocizzarne la caduta libera. Perez ammette sì che la Uefa si stia ingegnando per rinnovare la Champions League, ma si tratterebbe di interventi tardivi e poco efficaci. Ecco allora l'idea di fondare una competizione nuova, formata da club conosciuti e ammirati in tutto il mondo. Il principio alla base della Superleague è quello di creare un torneo in cui ogni sfida è un big match, con l'obiettivo di offrire ai tifosi un prodotto d'intrattenimento di qualità. Sarebbero molti i soldi guadagnati dalle squadre partecipanti, ma il presidente del Real ritiene che dalla salute dei grandi club dipenda quella dell'intero sistema calcistico. Inutile dire che quest'intervista provochi molte polemiche.

Nella tarda mattinata di ieri si svolge anche una riunione d'emergenza tra le 20 squadre di Serie A, nella quale Juventus, Milan e Inter manifestano la propria intenzione di restare nel campionato italiano. Nell'assemblea i toni sembrano essere molto accesi e un blocco molto numeroso di presidenti si scaglia fortemente contro Andrea Agnelli. A prendere la parola è Urbano Cairo. Il patron del Torino chiede le dimissioni dei dirigenti dei 3 club coinvolti, rei di aver tradito la Serie A. Come se non bastasse, afferma che con i soldi provenienti dalla Superlega, il campionato diventerebbe ogni anno una questione tra le big 3, con le altre 17 compagini costrette a guardare. La risposta del presidente della Juventus è un misto di superbia e antisportività: "In 80 anni di Serie A è sempre stato così".

Ieri pomeriggio la Superleague inizia la sua parabola discendente. In occasione del turno infrasettimanale, i tifosi delle squadre inglesi colgono la palla al balzo per andare a protestare (almeno fuori dallo stadio) contro la neonata competizione. I supporters delle big 6 contestano la decisione delle rispettive società di aver scelto di unirsi alla Super Lega senza essere stati prima interpellati. Sono anche i calciatori a scendere (metaforicamente) in campo: Jordan Henderson convoca infatti un meeting d'emergenza di tutti i capitani del campionato per esprimere in maniera compatta la propria disapprovazione.

È nella stessa serata che il castello di carte inizia a crollare. La prima squadra a defilarsi è il Manchester City che attraverso un comunicato annuncia l'abbandono del progetto. La squadra allenata da Guardiola viene quasi immediatamente seguita da Arsenal, Liverpool, United e Tottenham; i club si sono addirittura scusati per quanto successo, ammettendo di non aver tenuto in conto dell'opinione dei loro fan e di aver quindi commesso un grosso errore. L'ultima compagine inglese ad abbandonare la nave è stata il Chelsea e l'entusiasmo dei tifosi alla notizia è stato evidente:

Nella notte tra martedì e mercoledì, anche l'Inter annuncia di volersi tirare fuori (ma l'ufficialità arriverà solamente nella mattinata di mercoledì. Così attraverso una nota, la stessa Super League ha sospeso il progetto, consapevole degli errori commessi, ma intenzionata solo a rivedere l'idea, non ad abbandonarla.

Probabilmente la Superlega non avrà mai luogo, troppo esclusiva, troppo distante dai veri valori del football per essere vera, però è bastato davvero poco tempo per spingere l'intero mondo calcistico sul piede di guerra. Cosa ci insegna questa esperienza (almeno per ora)? Che il football sta diventando sempre più una questione economica, questo è indiscutibile, ma non potranno mai toglierci la speranza e il diritto di vedere Davide sconfiggere Golia.


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