Il diritto di sognare non chiede giustificazioni: Qatar 2022 nella mente di Buffon
Tra le infinite suddivisioni possibili, all'interno del mondo del calcio, potremmo citare quella tra campioni e brocchi, quella tra giocatori estrosi e generosi gregari, potremmo persino scomodare il contrasto tra chi lega il proprio nome a una squadra in eterno e chi, anno dopo anno, va legittimamente a caccia del contratto migliore, dell'occasione per accrescere status e stipendio. Esiste però, di lato, una demarcazione probabilmente più sottile e tenue, forse anche meno sviscerata: i giocatori robot e i giocatori uomini.
Non che i primi, in sostanza, uomini non lo siano: la natura è quella, per quanto ogni individuo sia diverso nel fisico e nella mente, ma esistono di certo macchine da guerra che, dall'esterno, non lasciano trasparire (se non per incidente) sfumature di debolezza, di umanità o di vicinanza con la folla di comuni mortali che stanno là sotto ad acclamarli, a volersi tramutare proprio in loro, con tutta la retorica del supereroe. E, paradosso lampante, l'altra categoria (quella dei calciatori umani) trova un esponente di spicco in chi, in gioventù, indossò proprio la maschera del supereroe, quella maglia di Superman che ha fatto storia e che tutt'ora rientra nei simboli e nelle istantanee più riconoscibili della carriera di Gianluigi Buffon.
Proprio Gigi Buffon, insomma, continua a regalare oggi nuovi sprazzi di quel che da sempre lo muove nelle scelte, arrivato a un punto in cui, di fatto, le grandi cose son già state conquistate e messe in cassaforte: la scelta di tornare al Parma, in Serie B, per far capire ai figli cosa abbia significato per lui Parma e cosa lui stesso abbia significato per la piazza emiliana, è una svolta che parla e ci dice tante cose. Una scelta di comprensione, personale prima ancora che professionale, che consegna una chiave efficace per capire su che piano si muovano le decisioni di Buffon, anche nel raccontarsi e nel definirsi come portiere nel 2021. Anche percorrendo a ritroso la sua carriera e la sua storia non mancano certo tracce di momenti e frangenti che, con forza, hanno visto la dimensione umana prendere il sopravvento, tanto da spostare anche il significato del discorso da atleta, da professionista.
Combattere lo spettro della depressione scoprendo l'emozione dell'arte, trovarsi come protagonista del velenoso calderone gossipparo e scoprire di non dover più parare solo i tiri in porta ma anche il sospetto, le illazioni, una fama ondivaga che sconfinava sul fronte umano e abbandonava quello puramente tecnico e sportivo. Alle orecchie di qualcuno, oggi, potrebbe suonare ridondante e retorico citare Qatar 2022 come sogno, come mira, ma il discorso cambia volto e connotati proprio pensando al senso della parola "sogno" e osservando il percorso di Buffon nel calcio, intrecciato col suo percorso nella vita. Il diritto di sognare, la libertà di non dover più dimostrare niente e di non dover elemosinare spazio, trovando invece nel sogno una spinta propulsiva, un movimento interno che dia ancora senso all'essere lì, all'allenamento quotidiano, ai novanti minuti vissuti tra i pali.