Perché la flessione del Milan è un risvolto naturale: un problema di DNA

Massara e Maldini
Massara e Maldini / Giuseppe Cottini/GettyImages
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Sia che si tratti di salire che di scendere, quando si valuta il rendimento di un club non solo nell'arco di una singola stagione ma considerandone in qualche modo il momento storico, diventa costante e insidioso il richiamo delle montagne russe: le vertigini di chi sale possono tramutarsi poi nella paura di ricadere nella mediocrità, le discese di chi vive un momento di crisi possono - al contempo - annebbiare la vista e impedire di riconoscere il giusto credito a chi lo merita.

Il Milan si trova esattamente al centro, sul precario punto d'equilibrio, tra chi sale e chi scende: è una conseguenza logica di chi vive un'evidente flessione dopo aver trionfato, per certi versi da underdog, nella stagione scorsa. Il peso delle aspettative legato ai numeri e al rendimento sul campo si connette, in modo profondo e di sicuro impatto mediatico, alla strada parallela del mercato, altrettanto attraente (ed efficace) quando si tratta di tirare fuori accuse e criticità.

Stefano Pioli, Paolo Maldini
Stefano Pioli e Paolo Maldini / Nicolò Campo/GettyImages

Sostenibili e vincenti: equilibrio complesso

Il discorso si sposta, del resto era questione di tempo perché accadesse, su un DNA profondamente mutato rispetto alla realtà rossonera a cui siamo storicamente abituati. Una questione emersa del resto anche nell'arco della stagione scorsa, a proposito del ritorno in Champions League e della necessità di viverla come "palestra" per i tanti giocatori (e per un tecnico) che non avevano ancora assaporato il prestigio della principale competizione europea per club.

Un dato che faceva riflettere, senz'altro, e che trovava uno specchio in quanto professato dalla società sul fronte del mercato, sul fronte della definizione della propria identità: non più un club in grado di competere, a livello di ingaggi, con le realtà più importanti del panorama europeo ma una società che si immagina sostenibile e al contempo vincente, che si propone di individuare il talento e di esaltarlo, dando fiducia a chi altrove non ne aveva o rilanciando elementi finiti ai margini.

Olivier Giroud, Theo Hernandez, Sandro Tonali, Brahim Diaz
Esultanza rossonera / Emilio Andreoli/GettyImages

Il contrario di un instant team

Si tratta del resto di uno specchio perfetto del panorama globale della Serie A e del suo peso specifico nel contesto europeo: in questo senso lo Scudetto dello scorso anno appare un ulteriore riflesso di una realtà mutata a sua volta, quella del campionato italiano.

Come si passa dunque dall'euforia per un miracolo sportivo all'involuzione attuale? La sorpresa e lo stupore sono frutto, oggi, di un fraintendimento di fondo e dell'idea secondo cui uno Scudetto - di per sé - offra un'immediata garanzia di futuro, uno spiraglio sicuro di grandezza a breve termine.

Il Milan, nella sua forma attuale, rappresenta l'esatta antitesi dell'instant team, rappresenta un'eccezione lampante anche rispetto a realtà come Inter e Juventus, contesti radicalmente diversi in cui - realmente - può sorprendere la distanza dal vertice alla luce di un approccio ben diverso al mercato (e alla conseguente definizione di sé).

Vincere...e poi aspettare

Non è complesso capire la distanza, non di qualità ma di aspettative più o meno lecite, tra il profilo del mercato condotto dai rossoneri e quello vissuto da Inter e Juventus: i rossoneri hanno proseguito col timone ben indirizzato sul versante della sostenibilità, ritenendo valida l'idea di acquistare giovani in rampa di lancio per renderli delle realtà consolidate, continuando a rivendicare questo nuovo volto, e affiancandoli a elementi più esperti a caccia di rilancio (Origi su tutti). Il tutto col rischio, sullo sfondo, di poter sbagliare.

Divock Origi
Origi / Maurizio Lagana/GettyImages

Il risultato infausto ed evidente di questa contraddizione tra DNA storico e realtà dei fatti è sotto gli occhi di tutti e si specchia in un ambiente che, riassaporata la grandezza, fatica ad accettare che questa non sia grandeur. La parte più complessa diventa trasmettere l'idea dell'attesa paziente, della possibilità di sbagliare, a chi pensava (dopo uno Scudetto) di poter assistere a un film diverso, con un finale più semplice da capire.