Perché il Napoli di Spalletti è una macchina (quasi) perfetta

Il Napoli a Udine
Il Napoli a Udine / Alessandro Sabattini/Getty Images
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Dopo quattro giornate di Serie A le gerarchie effettive restano ancora tutte da scrivere e gli equilibri sono ancora da definire, al netto di sorprese iniziali in positivo o in negativo, ma la partenza a razzo del Napoli resta un fatto: 10 gol fatti e 2 soli subiti, primo posto in solitaria grazie ai successi su Venezia, Genoa, Juventus e Udinese e numerosi spunti positivi da sottolineare. Al momento il Napoli appare come realtà particolarmente solida e già saldamente in mano al suo nuovo tecnico, una situazioni idilliaca che passa da punti ben individuabili, tratti spesso mancati anche nella recente storia azzurra, tra illusioni e successive delusioni.

Una rosa su misura

Un punto di partenza centrale, probabilmente uno dei motivi basilari del successo fin qui della squadra azzurra, si lega proprio alla scelta di Luciano Spalletti come nuovo tecnico: fin dal suo arrivo l'allenatore di Certaldo non ha posto l'accento su cosa mancasse ma, in assoluto, ha fatto capire quanto ritenesse ricca e valida la rosa del Napoli. Non certo espressioni di retorica, usate spesso per apporre un prezzo più alto sull'etichetta dei giocatori in fase di mercato, ma una consapevolezza fondata sia sul livello dei singoli che sulla possibilità (con quella rosa) di poter costruire calcio in linea con le migliori tappe della storia calcistica di Spalletti.

Luciano Spalletti
Luciano Spalletti / Alessandro Sabattini/Getty Images

Quando un tecnico arriva in un nuovo club e propugna la rivoluzione, col conseguente viavai di mercato, in qualche modo passa la patata bollente alla società, si deresponsabilizza e si mette in posizione di attesa. Spalletti al contrario non ha cercato riferimenti a chi doveva arrivare, rimarcando carenze o vuoti, ma ha spiegato in prima persona quanto la rosa attualmente a disposizione sia valida, con gli arrivi di Juan Jesus e soprattutto Anguissa a puntellare la squadra e con nomi congrui sia per il suo classico 4-2-3-1 che per il 4-3-3. Una situazione di partenza ideale per trasmettere subito ai giocatori quel che, in caso di rivoluzioni tecniche o spostamenti in massa, avrebbe richiesto probabilmente un maggiore tempo di maturazione.

Il livello medio

Quel che occorre rimarcare, viene anche naturale farlo, è il livello della squadra a disposizione di Spalletti sia per quanto riguarda i potenziali titolari che le eventuali alternative: la presenza dei cinque cambi è un aspetto da non sottovalutare, per incidere anche a partita in corso, così come una rosa profonda appare vitale quando si prospettano anche impegni europei accanto a quelli nazionali.

Andrè Anguissa, Kalidou Koulibaly, Lorenzo Insigne
Anguissa, Insigne e Koulibaly / Alessandro Sabattini/Getty Images

Non è però scontato che, dalla porta all'attacco, un tecnico abbia modo di cambiare uomini dall'inizio o partita in corso e di non intaccare di troppo il livello della squadra in campo: in tal senso tornano alla mente le parole di Mourinho e la sua frustrazione per una panchina poco esperta, meno pronta dei titolari, con conseguente difficoltà quando si tratta di dover ovviare a infortuni o stanchezza di chi gioca di più nella sua Roma. A metà campo e in attacco, in particolare, le soluzioni in mano a Spalletti sono numerose e intriganti, con giocatori anche diversi e complementari rispetto ai colleghi di reparto, tali da non risultare prevedibili a priori o leggibili già a tavolino.

Segnano tutti

Una rosa completa in cui le minacce arrivano da tutte le parti, complice una chiara efficacia anche su calci piazzati, preparati meticolosamente e messi poi in pratica sul campo. Non è un caso che i 10 gol segnati fin qui siano arrivati da ben 9 giocatori diversi, con un contributo importante anche della difesa e del centrocampo: da Koulibaly a Rrahmani passando per Fabian Ruiz e per tutti gli attaccanti, questo Napoli sa far male in tutti i modi e senza dare punti di riferimento fissi, pur avendo come punta di diamante un centravanti che sta esplodendo come Osimhen.

Del resto gli ingredienti ci sono tutti: centrali difensivi imbattibili nel gioco aereo, centrocampisti dalle grandi qualità balistiche con Fabain Ruiz, altri più pericolosi con gli inserimenti come Zielinski ed Elmas, attaccanti rapidi e tecnici ma anche soluzioni del tutto diverse grazie a Petagna, il tutto con un Osimhen ancora da scoprire del tutto nelle sue possibilità.

Amir Rrahmani
Rrahmani in gol / Alessandro Sabattini/Getty Images

Il contesto ideale

Esiste poi un aspetto ambientale da considerare, sia riferendosi a un discorso interno come fatto da Spalletti, e dunque a un ambiente capace di dare entusiasmo e motivazione ulteriore alla squadra, che spostando l'attenzione sull'esterno e su una Serie A in cui le certezze assolute (tra le big) latitano o sono comunque da ricercare. Le concorrenti del Napoli non si sono rinforzate in modo palese in estate e, anzi, hanno perso pezzi importanti a differenza della squadra azzurra, capace di preservare i propri punti di forza e di aggiungere uno Spalletti in più come direttore d'orchestra. Si tratta di fatto della condizione ideale per assumere grande credibilità ad alto livello, per non sentirsi certo ospite casuale in queste posizioni di classifica, pur sapendo quando sia lunga la strada da percorrere (e quanto siano pericolosi gli entusiasmi usa e getta delle prime giornate).

Leicester City - Napoli
Entusiasmo azzurro a Leicester / Laurence Griffiths/Getty Images

Cosa manca?

Spalletti ha sottolineato con favore come Anguissa dia al centrocampo caratteristiche complementari rispetto agli altri interpreti, al contempo il tecnico ha spiegato che la qualità nelle alternative non è mai abbastanza e (osservando la rosa) viene da applicare il discorso al reparto arretrato e in particolare ai laterali, con tanto di telenovela terzino sinistro annessa (senza il lieto fine). Tralasciando il discorso ormai stantio legato al mercato, però, l'aspetto più ricorrente e ingombrante a tornare in ballo riguarda il rinnovo di Lorenzo Insigne, non un giocatore qualsiasi ma il simbolo del Napoli e il suo capitano: un nuovo e rafforzato legame tra le parti (oggi utopistico da immaginare) potrebbe essere un'ulteriore fonte di entusiasmo e motivazione, per il giocatore come per la piazza.


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