Perché Francisco Gento è diventato una leggenda del grande Real Madrid
Il compito di un calciatore, di un singolo, all'interno di una storia enorme e celebrata può talvolta esaurirsi e spiegarsi nell'impatto immediato, nel compito di elevarne il livello tecnico, di contribuire meramente al successo a breve termine: soprattutto pensando al percorso del Real Madrid negli anni '50 verrebbe automatico immaginare un insieme di figurine magicamente assortite, con nomi mitologici come Puskas e Di Stefano e con l'epilogo inesorabile della vittoria.
La nascita di una leggenda, come quella del Real, parte però da un periodo nero e dalla chiave di volta per risorgere dopo il peggior piazzamento di sempre (undicesimo posto, 47/48). Un percorso che si lega ai grandi nomi individuati da Bernabeu ed alla nascita della Coppa dei Campioni, in luogo della Coppa Latina e delle altre competizioni internazionali dal raggio più ristretto: la missione, dopo essere tornati al titolo nel 1953/54 era quella di dimostrare di essere i migliori anche fuori dai confini spagnoli.
E se spesso si parla di quel Real Madrid citando Di Stefano, come stella totale e in grado di incidere come nessuno, diventa d'obbligo sottolineare il peso di Francisco Gento nella storia dei Blancos, dalla loro "rinascita" e poi per un ventennio fatto di trofei in Patria e fuori. Vediamo perché Gento ha saputo divenire una parte integrante e incancellabile di quella storia, come ha saputo scrivere il suo nome tra le leggende del Real Madrid nella sua militanza durata dal 1953/54 al 1970/71.
1. Una velocità incontenibile
La parabola sportiva di Francisco Gento, fin dall'inizio dell'attività da calciatore a 15 anni ma persino in precedenza, si connette in modo diretto alle sue doti atletiche.
Il suo nome del resto è spesso accostato ai 100 metri corsi in 11 secondi ma, al di là del dato in sé, è evidente come il fulcro del successo di Gento, tanto da essere notato dai Blancos dopo un solo anno da professionista nel Racing Santander, fosse quella sua corsa inarrestabile, la capacità di saltare in velocità ogni difensore.
Una corsa inizialmente più indisciplinata, tanto da scatenare qualche mugugno in principio nei tifosi e nei compagni, ma messa poi perfettamente al servizio di una squadra di campioni, come ingranaggio decisivo di una macchina perfetta.
2. Il ruolo di Di Stefano
Il Real Madrid tornò al titolo nel 1953/54, interrompendo un lungo digiuno e avviando un ciclo memorabile, e Gento vide dunque culminare col successo in campionato quel suo primo anno a Madrid.
Non è tutto oro quel che luccica però, a livello personale infatti arrivarono 17 presenze, nessun gol e un contributo che non lasciava certo intuire quanto sarebbe accaduto negli anni successivi. I mugugni per una corsa troppo indisciplinata e per un senso tattico da rivedere trovarono un punto anche grazie a Di Stefano: del fuoriclasse, infatti, fu l'intuizione di ricorrere a Hector Rial - mezzala argentina appena arrivata dal Nacional - per aiutare Gento a diventare più ordinato e funzionale all'orchestra di cui faceva parte.
Una vera lezione, decisiva, su come sfruttare al meglio una dote formidabile come la sua rapidità senza uguali: l'ultimo ingrediente per costruire un campione.
3. Le 6 Coppe dei Campioni: nessuno come lui
Ci addentriamo poi in un binomio indissolubile, quello composto dal Real Madrid e dalla Coppa dei Campioni.
Una connessione chiara fin dalla prima edizione del trofeo e ribadita poi per cinque stagioni consecutive: il Real ottenne il successo ininterrottamente dal 1955/56 al 1959/60 sconfiggendo in finale il Reims (due volte), la Fiorentina, il Milan e l'Eintracht Francoforte. A dimostrazione del ruolo di Gento non soltanto in quella fase di rinascita, ma anche nel decennio successivo, si sottolinea la presenza nel suo palmares della Coppa dei Campioni del 1965/66, vinta da esperto capitano a ben dieci anni di distanza dal primo successo.
Già un'epoca diversa, con compagni diversi e un ruolo di simbolo ormai già acclarato e mantenuto fino al 1971 (col ritiro, a 37 anni). 88 presenze e 30 gol rappresentano il suo bottino complessivo in Coppa dei Campioni.
4. Numeri e record
Il rapporto privilegiato con la Coppa dei Campioni non rappresenta il solo dato fondamentale, nel ricordo di quanto fatto da Gento con la maglia del Real Madrid e, in senso assoluto, per il calcio spagnolo.
L'ala sinistra al momento del ritiro, nel '71, era il terzo miglior marcatore di sempre nel Real e attualmente rappresenta il sesto giocatore in assoluto per numero di presenze nella storia dei Blancos e l'ottavo per numero di gol messi a segno.
Al contempo rimane il giocatore con più titoli vinti nella Liga, ben 12 le vittorie conquistate dal 1953 al 1971: Messi e Pirri, secondi in tale speciale classifica, sono a quota 10. Rappresenta anche il giocatore con più titoli all'attivo con la maglia del Real (23), raggiunto solo recentemente da Marcelo.
5. La fascia da capitano
I numeri dicono tanto ma non esauriscono ovviamente il discorso, soprattutto volendo spostare il ragionamento sul ruolo di un campione all'interno di una storia di prestigio e di successi.
Gento, dopo quell'inizio così altalenante in cui gli si richiedeva di disciplinare quella sua corsa incontenibile, riuscì a entrare nel cuore del Real e a diventarne il capitano: la fascia fu sua dal 1962 al 1971, anno del suo ritiro. E proprio da capitano, come detto, ottenne la vittoria della Coppa dei Campioni nel 1965/66.
Nel suo percorso all'interno del Real riuscì dunque a superare la diffidenza iniziale, a cogliere il meglio dall'esperienza vissuta accanto a un mostro sacro come Di Stefano e a diventare un punto fermo, un simbolo, di quella realtà così irripetibile.
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