Milan tra riscatti costosi e conferme: il coraggio di essere impopolari
Se volessimo chiedere a tifosi di ogni fede e provenienza di associare un'immagine specifica, una fotografia, al periodo del calciomercato è verosimile che più di uno si proietti su una spiaggia, sdraiato sotto l'ombrellone, a cercare traccia sul proprio quotidiano sportivo preferito dei movimenti della squadra del cuore. Una caccia al tesoro che trova soddisfazione, si sa, anche nell'idea esotica oltre che nel grande nome (per chi se lo può permettere) e che non conosce logiche di bilancio, di equilibro o sostenibilità. La realtà dei fatti, però, si trova spesso a muoversi su binari diversi, in cui la creatività e il sogno estivo lasciano spazio a un necessario pragmatismo, a una concreta e pratica reazione ai momenti del mercato e alle mille insidie che lo costellano.
Il Milan lo sa bene, meglio di chiunque altro, trovandosi a vivere un'estate a metà tra l'entusiasmo per la Champions League ritrovata e la beffa di due addii a parametro zero del calibro di Calhanoglu e, ancor di più, Donnarumma. Due situazioni, beffe in senso stretto, che hanno già dato modo a Paolo Maldini di illustrare il senso della missione rossonera sul mercato, nella costruzione della squadra, una missione fatta anche di paletti e di "no" che fanno rumore. Quello a Donnarumma e Raiola, con la decisione di smettere di provare ad assecondarli, ha detto tanto e ha tracciato un solco: il grande nome, per quanto davvero grande sportivamente, non potrà dettare la linea del club o stravolgerne i piani sull'onda della pretesa (seppur legittima) economica. Si è richiesto al tifoso di seguire il club in questo passo, una scelta anche rischiosa in una realtà abituata a grandi individualità, a talenti di primo piano e a vivere la Champions proprio sulle spalle di questi.
A fare da cornice a una situazione dagli effetti "drammatici" emerge poi chiara un'intenzione rossonera sul mercato: confermare chi è già parte del gruppo, spendere cifre importanti per dare fiducia a chi ha dimostrato di meritarla (Fikayo Tomori) o rinnovarla a chi aspetta legittimamente nuove opportunità per convincere (Sandro Tonali). Il tutto troverà poi una nuova conferma in Brahim Diaz, pronto a rinnovare il rapporto coi rossoneri e a vivere dunque una nuova stagione agli ordini di Stefano Pioli. Se Maignan e Giroud rappresentano colpi oculati, anche necessari, è chiara d'altro canto la scelta di investire su chi ha dato un buon contributo nella scorsa stagione, chiusa con un importante e per niente scontato secondo posto.
Sul fronte dell'entusiasmo estivo è logico come una simile strategia possa non pagare nell'immediato, aggiunta ai due addii-beffa, ma sul medio e lungo termine i segnali sono chiari: continuità del progetto, piena fiducia in mister Pioli e priorità al merito prima che al nome, con un equilibrio tra giovani su cu investire e veterani sempre utili anche in ottica Champions. Di fatto si tratta della decisione di fare di necessità virtù, correndo anche il rischio di risultare impopolari nell'immediato e lasciando da parte le accattivanti incognite estive. Per il coniglio fuori dal cilindro ci sarà sempre tempo, in un panorama che promette di accedersi più che mai negli ultimi giorni dopo questa dilatata fase di studio.
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