Milan, Maldini: "Il mercato? L'ho sempre odiato. Ibra alza il livello"
In un mercato avaro di grandi sussulti, se si escludono gli ultimi ritorni di Vidal e Morata in Italia, il Milan ha vestito i panni del protagonista anche al di là del rinnovo di Ibra. Paolo Maldini, direttore dell'area tecnica dei rossoneri, ha parlato anche di mercato a The Athletic pur senza esporsi sui nomi. Queste le sue parole:
Sul suo ruolo attuale: "Nel mio ruolo bisogna pensare a 200. Come calciatore, devi pensare solo a te stesso, ma quando sei capitano sei responsabile anche di altre cose al di fuori della tua sfera. Un direttore tecnico ha due ruoli. Io lavoro in ufficio. La finestra di trasferimento è aperta tutto l'anno. Si incontrano agenti e persone che lavorano nel gioco. Poi c'è il lato sportivo. Si va a vedere l'allenamento. Siamo a stretto contatto con la squadra. Poi si va alla partita".
Sul mercato, prima da giocatore poi da dirigente: "Quest'anno ho fatto otto giorni di vacanza. Ero in spiaggia, ma i nostri telefoni sono gli strumenti del nostro mestiere e si può sempre essere raggiunti. Il mercato? L'ho sempre odiato. Il mio interesse era per il gioco stesso. Purtroppo non si può riprodurre l'adrenalina che si prova in campo. Ora il mercato è parte del gioco, una componente fondamentale, e sapete una cosa? Quello che si cerca di fare è mettere insieme una squadra per raggiungere determinati obiettivi. È molto emozionante" riporta calciomercato.com.
Su Ibrahimovic: "La squadra è molto giovane e, pur essendo fiduciosa sotto alcuni aspetti, in altri è un po' insicura. La sua presenza ha alzato il livello della competizione a Milanello. Nel calcio ci sono cose che si evolvono nel tempo, ma alcune cose sono vere oggi come in passato. La competitività in allenamento e la sua importanza è una di queste. È l'unico modo per alzare il livello generale delle prestazioni nelle partite e sarà sempre così. Zlatan è un maestro in questo. Non vuole mai perdere, nemmeno a carte. Anch'io ero così".
Sul figlio Daniel: "Lui è l'attaccante di famiglia? Era ora. La nostra famiglia ha passato una vita intera a rincorrere altri giocatori. Ora abbiamo qualcuno che dovranno inseguire. Vi assicuro che è più difficile correre dietro alla palla che essere inseguiti con essa. Quando spingi in alto, come facevo io come terzino, non senti niente. Ma quando devi rincorrere la palla... Daniel mi sembra molto maturo. Ha avuto la fortuna di passare molto tempo con me a Milanello e a San Siro. Non è un estraneo a questo mondo, ma sta scoprendo la parte difficile, i sacrifici che devi fare".
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