Milan-De Ketelaere: perché è valsa la pena attendere tanto
Esiste una corrente di pensiero secondo cui, in linea di principio, la dilatazione dell'attesa avrebbe il potere di rendere ancor più importante l'appagamento per ciò che poi accade: un assunto cavalcato da spot televisivi e annessi tormentoni, sul piacere e sull'attesa di questo, che però nel calciomercato rischia di trovare un corto circuito poco felice, per ragioni anche piuttosto chiare.
Si parla spesso di uno Scudetto del mercato che va ad affiancarsi a quello reale (togliendone persino memoria) e la sessione in corso, in questo senso, ci aiuta a capire quanto le valutazioni estive possano risultare deleterie o persino tossiche rispetto alla parola del campo.
Senza farsi prendere dalla fretta
Uno Scudetto vinto da paradossale outsider, grazie a un lavoro equilibrato sul mercato e un Pioli in grado di compattare il gruppo, chiedeva poi al Milan - mediaticamente - di cavalcare l'onda anche attraverso il mercato, di riscoprire colpi dal sapore di una grandezza passata, quei nomi che fanno stropicciare gli occhi o che spingono a riguardare più volte la prima pagina di un giornale.
Eppure i titoli e i clamori se li sono presi gli altri: l'Inter col ritorno di Lukaku, la Juventus coi suoi Pogba-Di Maria, la Roma con l'ingaggio di Dybala. Il Milan, nella persona di Maldini e di Massara, nel frattempo proseguiva con un lavoro sotto traccia, con una cottura a fuoco lento che (viste le temperature) spazientiva e faceva mormorare, con poco entusiasmo, la piazza e gli osservatori esterni.
Niente arrivi in pompa magna in aeroporto, pochi slanci se si esclude il colpo Origi a parametro zero, una serie di nomi che ogni giorno si replicavano senza che, alla prova dei fatti, Pioli potesse accogliere nuove pedine. Soprattutto un nome, un tormentone: Charles De Ketelaere e una trattativa infinita, fino allo sfinimento, con il Bruges.
Quegli affari dati così spesso per fatti che, alla fine, sembrano tornare paradossalmente in bilico, col timore di inserimenti in extremis o di un'asta che (come noto e come di consueto) non avrebbe trovato l'approvazione degli uomini mercato rossoneri.
Perché valeva la pena attendere De Ketelaere
Nel giorno dell'arrivo del belga in Italia, atteso in serata, ci s'interroga dunque su quanto sia stato opportuno attendere, lavorare in silenzio, non mollare la presa. Interrogativo lecito, non si tratta del resto di un nome paragonabile ad altri candidati emersi nel recente passato come nuovi acquisti, da Isco ad Asensio passando per Dybala o Ziyech.
Si tratta però di un profilo perfettamente coerente con la strada ormai intrapresa dal Milan, un percorso virtuoso a livello tecnico - valutando le esigenze del tecnico - ma valido anche pensando alle prospettive a lungo termine, a una crescita più graduale del club ma al contempo più sicura e duratura.
De Ketelaere valeva la spesa, sì, e anche l'attesa: si tratta di un elemento dai margini di miglioramento ancora inesplorati, un classe 2001, ma già forte di più di 100 presenze tra i professionisti e di un ruolo già centrale in un club come il Bruges.
Un elemento giovane ma già responsabilizzato, un talento capace anche di adattarsi a più ruoli, col 4-2-3-1 di Pioli che lascia immaginare un largo ventaglio di possibilità. Il tutto considerando come i 35 milioni di euro investiti siano meno rischiosi, a lungo termine, rispetto a ingaggi faraonici o a accordi onerosi con calciatori già avanti con gli anni.
Accanto alle note virtuose sulla carta esistono quelle già rese chiare, anche numericamente: si può comprendere dai dati Wyscout come De Ketelaere sia già un protagonista del calcio europeo e non solo un prospetto. Un leader e un calciatore più che mai completo, in grado di eccellere sia nelle statistiche più prevedibili per un trequartista (assist, tiri in porta, passaggi e gol segnati) ma anche per quanto riguarda il recupero palla sulla trequarti, i cross effettuati da entrambe le fasce e l'abilità col piede "debole" (il destro).
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