Maledizione Champions per il PSG: perché una All-Star non basta
Henrik Ibsen è considerato il padre della drammaturgia moderna. Secondo diversi critici, il suo merito è stato quello di rappresentare la borghesia dell'Ottocento mettendone a nudo le vanità, le parvenze, la costante ricerca di scalare la piramide sociale.
Il norvegese era convinto che i soldi non ti rendano ricco, che ti permettano di comprare il cibo ma non la fame. E proprio questa metafora sembra rispecchiare la stagione del Paris Saint-Germain, ossia quella di una squadra piena zeppa di campioni, ma priva di qualsiasi motivazione.
Restando in tema teatrale, gli ottavi contro il Real Madrid sono quasi sembrati una tragedia in due atti: il primo, quello dell'andata, e il secondo, ambientato al Santiago Bernabeu. Ma proprio sul palcoscenico più ambito al mondo si è consumata una vicenda che ha del grottesco.
Il PSG ha giocato meglio per 150 dei 180 minuti disponibili nella doppia sfida. Il fatto che alla fine sia stato eliminato ha per certi versi i tratti di un dramma; eppure, gran parte dei tifosi è stata felice di questa ingiustizia. Sì, perché nel complesso i parigini avrebbero meritato il passaggio ai quarti, solo che di fronte si sono trovati un avversario infame, uno di quegli antagonisti che pensi di aver sconfitto, ma che non appena gli dai le spalle si rialza e ti accoltella alle spalle.
E noi abbiamo pure esultato... è stato come se avessimo fatto il tifo per il cattivo, non per il buono.
Onestamente non mi sento in colpa per aver sostenuto la squadra che ha giocato peggio e meritato meno. Tuttavia bisogna chiedersi come mai il Paris abbia attirato su di sé tutta questa ostilità. Certo, la campagna faraonica in un mercato duramente ridimensionato dalla pandemia stride un po' con l'idea di "calcio del popolo" tanto decantata, ma non è la prima volta che un club acquista grandi campioni sborsando milioni su milioni.
Il Real Madrid dei primi anni 2000 ne è un esempio. Però nessuno si sarebbe mai sognato di criticare i Galacticos e tuttora abbiamo un bellissimo ricordo di quella squadra. Cos'ha di meno il Paris Saint-Germain?
Con tutta probabilità, se Ronaldo, Zidane, Beckham e Figo si fossero trasferiti al PSG anzich non avrebbero comunque vinto niente di importante. I titoli nazionali non si sarebbero contati, questo sì, ma la Champions non sarebbero riusciti ad alzarla.
Questo perché l'elemento discriminante è il blasone del club. Giocare in una squadra che ha alle spalle decine e decine di titoli e una storia così importante fa la differenza. Cari amici parigini, non prendetevela, ma per ora non avete ancora raggiunto lo status di grande società.
Ieri sera il PSG ha dimostrato di essere una grande squadra, ma di non essere ancora un grande club. La linea è sottile, ma se ci pensate c'è un abisso tra le due dimensioni.
Comprare Messi, Donnarumma, Sergio Ramos, Hakimi e Wijnaldum è stato come costruire uno splendido palazzo senza però dotarlo di fondamenta solide. Lo sceicco Al-Khelaifi (che nel dopo partita ha vestito i panni del teppista da banlieue) ha fatto il passo più lungo della gamba: ha dotato la sua squadra di giocatori pazzeschi ma i mezzi per vincere trofei importanti ancora non li ha. Ha alzato incredibilmente le aspettative, ha catalizzato l'antipatia di milioni di appassionati e alla fine è crollato tutto, quella coppa con le orecchie grandi rimane sempre lontana.
"Cercare il proprio io nel potere dell'oro significa edificare sulla sabbia."
- Henrik Johan Ibsen
Segui 90min su Instagram.