La luce in fondo al tunnel: gli appigli della Juve per sperare nel domani
Nelle ore che precedono l'inizio dell'avventura della Juventus in Champions è chiaro come il sole che, risultati alla mano, in casa bianconera abbondino le ragioni di sfiducia e le spinte inquisitorie verso la società e la squadra. Un'aria di crisi che dovrà avere come prima possibile via di uscita, necessaria, la prima vittoria stagionale (contro il Malmo) e una pronta risposta anche nella prossima, delicata, sfida di Serie A contro il Milan. Al di là della stretta attualità esiste un discorso generale e profondo, sui famosi problemi strutturali che affliggerebbero la Juve, che richiede un certo sforzo per individuare appigli solidi e validi per costruire un futuro all'altezza del recente (e vittorioso) passato. Vediamo dunque i possibili aspetti per provare a vedere una luce in fondo al tunnel, anche a medio-lungo termine:
1. Massimiliano Allegri
Impossibile che il problem solver assoluto, il taumaturgo dai poteri magici, sia improvvisamente salito sul banco degli imputati: l'oggetto del desiderio di tante big europee è tornato in pompa magna in bianconero, forte dei cinque scudetti consecutivi, e resta indubbiamente l'uomo giusto per gestire un momento così delicato, dalle spalle abbastanza larghe per farsi carico del momento e per individuare le soluzioni giuste per uscirne. Del resto non è la prima volta che Allegri si trova a gestire una partenza difficile in campionato, anche al di là dell'esperienza in bianconero.
2. I margini di miglioramento
I colpi di mercato in entrata messi a segno dalla Juve dimostrano l'intenzione di pensare anche in prospettiva, partendo da Kaio Jorge fino ad arrivare a Locatelli e Kean. Parliamo di un classe 2002, un 2000 e un 1998: date che lasciano intendere quanto la Juve debba essere valutata anche in ottica futura, non pensando solo a chi è arrivato ma anche a chi si trova già in rosa. Da de Ligt a Chiesa passando per Kulusevski è chiaro che i margini di miglioramento siano ancora importanti, sempre se il livello tecnico sarà seguito (come spiegato da Bonucci) da un'evoluzione altrettanto eloquente sul fronte della mentalità.
3. Federico Chiesa
L'impatto di Federico Chiesa nel primo anno in bianconero, a fronte di un inizio che spingeva qualcuno a immaginare un Bernardeschi bis, è stato del tutto in linea con le aspettative più rosee: 45 presenze, 14 gol e 10 assist tra le varie competizioni raccontano di un ruolo subito centrale e non certo da comprimario. Una situazione che, con l'addio di CR7 e dopo un Europeo da protagonista in azzurro, vede Chiesa sempre più al centro del progetto bianconero, responsabilizzato già come una delle stelle della squadra e non più come giovane in rampa di lancio. Una fiducia, di fatto, più che meritata.
4. Un precedente confortante
Già anticipato il vizio di Allegri di partire in sordina è evidente come la stagione 2015/15, la seconda del livornese in bianconero, rappresenti un precedente confortante a cui rifarsi: in quel campionato, infatti, la Juve partì con un bottino di 5 punti in 6 partite, con sconfitta all'esordio contro l'Udinese e pareggi deludenti contro Chievo e Frosinone. Una situazione da cui i bianconeri riuscirono poi a risollevarsi, arrivando a vincere l'ennesimo Scudetto con 9 punti sul Napoli secondo in classifica.
5. Il contesto generale
Non è certo del tutto onorevole il mal comune mezzo gaudio, soprattutto nell'ambito di un club che mira per sua natura a imporsi, ma è altrettanto chiaro che la Serie A non viva un momento di splendore e di particolare solidità: addii come quelli di Lukaku, CR7 e Donnarumma dalle tre squadre più rappresentative dicono tanto e fanno capire come la Juve non sia la sola società a vivere un periodo delicato. Ogni club merita un discorso a parte ma, anche proiettandosi sulle prossime stagioni, è difficile immaginare che le rivali dei bianconeri vestano il ruolo del leone sul mercato e si concedano colpi tali da spostare del tutto gli equilibri.