Le Signore del Kerr: le radici profonde di un movimento sabotato in partenza

MacGregor/Getty Images
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Osservandole oggi, le calciatrici, potremmo mantenere il discorso sul piano della facciata e non percepire differenze tra il campione più celebrato della Serie A maschile e la stella di una formazione femminile: impegno e abnegazione in allenamento, spirito di sacrificio per arrivare agli obiettivi, necessità di fare gruppo e di integrarsi con le compagne. E poi le luci della ribalta, i follower sui social, le interviste e persino le partite trasmesse in TV. Ogni storia però ha più versioni diverse e può essere rivoltata e stravolta se solo cambia il punto di vista, se solo si scava un po' di più: siamo ancora a caccia di un panorama professionistico riconosciuto ufficialmente, di una pari dignità pienamente appurata e pacifica, e pur sentendoci infinitamente moderni risuona ancora il peso della differenza e dello spazio tra uomo e donna, col solco pesante della storia. Una storia fatta spesso di ghettizzazione, di emarginazione e, anche senza spingersi troppo in là, di giudizi e pregiudizi. Diventa quasi innaturale mantenerla una faccenda di solo pallone, senza sconfinare, ma la capacità allegorica e simbolica di un pallone è nota: quel che succede sul campo riesce talvolta a evocare altro, a rappresentare mondi diversi. Se ancora oggi il calcio femminile reclama a pieno titolo il proprio spazio e la propria forza è pur vero che di passi ne sono stati fatti, di traguardi ne sono stati raggiunti. Non cadiamo però nell'errore di pensare il calcio femminile come un movimento senza radici, un movimento senza una storia profonda e degna di essere scoperta. Esiste infatti un'eco lontana nel tempo ma capace di trasmettere la forza di un movimento, il suo potere tanto dirompente quanto frenato dall'alto, ostacolato deliberatamente.

Preston Ladies in allenamento
Preston Ladies in allenamento / Hulton Archive/Getty Images

Quando si scopre questa storia diventa difficile non domandarsi perché nessuno abbia pensato a metterla sotto forma di film o, ancora meglio, di farne una fiction televisiva: gli ingredienti ci sono tutti. Lo scenario è l'Inghilterra, il tempo della storia è la prima guerra mondiale: i lavoratori, gli uomini, sono al fronte e le industrie hanno bisogno di qualcuno che le tenga in vita, la produzione non può fermarsi. Le donne, allora, escono dalle case e prendono il posto dei loro uomini: non più "angeli del focolare" ma protagoniste dirette di un mondo generalmente alieno, fuori dalla loro portata e dal loro dominio. Un fenomeno che, in Inghilterra, portò più di un milione di donne a lavorare nelle fabbriche di armi e munizioni. La Dick, Kerr & Co di Preston, industria dedicata alla produzione di locomotive, fu riconvertita appunto nell'ottica di fabbricare munizioni già nel 1914 e, al contempo, furono numerose le donne che, di fatto, presero il posto degli uomini partiti per il fronte. Il calcio, per gli operai, rappresentava da tempo un piacevole diversivo: un momento di svago per occupare le pause, sì, ma anche la maniera migliore per cementare il gruppo e per tenere alto il morale. Capitava agli uomini prima e, successivamente, anche alle donne che ne presero il posto. All'interno dell'industria, quando le donne iniziarono a lavorare, non mancava chi - con una visione illuminata e coraggiosa - si rese conto di quanto quel gioco fosse un'occasione positiva e non solo autoreferenziale, un'occasione da sfruttare come evento a cui assistere, così degno da meritare un pubblico: nel 1917, proprio il giorno di Natale, le Dick Kerr's Ladies scesero in campo per un'esibizione a scopo benefico a cui accorsero ben 10mila spettatori, raccogliendo somme ingenti in favore dei soldati convalescenti e feriti, ricoverati presso il vicino ospedale.

Il lavoro alla Dick, Kerr & Co nel gennaio 1918
Il lavoro alla Dick, Kerr & Co nel gennaio 1918 / Heritage Images/Getty Images

Il talento di quelle ragazze e il livello dello spettacolo offerto erano tali da diventare show, da creare un evento: l'opportunità era enorme e sotto gli occhi di tutti, lo spettacolo era replicabile e non aveva potenzialmente confini, tanto da spingere anche una selezione francese a muoversi per affrontare la squadra della Dick, Kerr & Co (nel 1920) di fronte a 25mila spettatori. Un movimento partito dal basso, compreso da dirigenti lungimiranti e capace di superare i confini nazionali: qualcosa, dunque, di profondamente moderno. Il capitano Alice Kell, Florrie Redford, Lily Jones e le loro compagne affrontarono numerose sfide e seppero attirare un'attenzione sempre crescente. Il 1920 sembrava essere il coronamento di un percorso partito dalle lavoratrici in pausa e culminato in stadi strapieni, in un seguito così imponente da lasciare persone fuori dagli impianti per le troppe richieste. Ogni storia che meriti di essere raccontata ha però bisogno di un antagonista, soprattutto se potente e autorevole: i panni del nemico, in questa vicenda, li indossa la Football Association. Proprio la FA, in un 1921 ricco di impegni per le Dick Kerr's Ladies e per l'intero movimento calcistico femminile, arrivò a vietare alle società di concedere alle squadre femminili l'utilizzo dei campi da gioco: il pretesto era un fisico troppo fragile per rivelarsi adatto al gioco del calcio, ritenuto dunque prettamente maschile. Il veto posto dalla FA venne assorbito dalle Dick Kerr's Ladies, dotate a quel punto di un impianto in cui giocare, ma diede un duro colpo a tante altre squadre che cercavano di emularne le gesta e che stavano contribuendo all'espansione del calcio femminile, soprattutto sul territorio inglese.

Preston Ladies FC
Preston Ladies FC / Topical Press Agency/Getty Images

Dall'avanguardia all'oscurantismo, dalla modernità alla chiusura: il confine spesso si oltrepassa in modo rapido e tornare indietro diventa un'impresa titanica. Il cuore delle "signore del Kerr" non ha smesso di battere per decenni, restando legato a iniziative benefiche e al calcio come motore di solidarietà, ma d'altro canto è innegabile come l'ingranaggio che avrebbe avvicinato il calcio femminile a quello maschile sia stato volutamente sabotato, interrotto. Il presidente Frankland, divenuto poi allenatore in pianta stabile, portò le "sue ragazze" in Canada, una tournée che si scontrò però con un nuovo divieto, imposto stavolta dalla Dominion of Canada Football Association, e che vide le calciatrici spostarsi negli USA. Proprio negli Stati Uniti le Dick Kerr's Ladies ebbero modo di superare un altro limite, un altro tabù, andando a sfidare squadre maschili e a vendere cara la pelle, riuscendo a vincere più di una partita. L'acquisizione della Dick, Kerr & Co da parte della English Electric nel 1923 sancì un punto di non ritorno per il percorso della squadra femminile che, come detto, legò poi il proprio nome, come Preston Ladies, alle iniziative di beneficienza e ad esibizioni più sporadiche. La morte di Frankland nel '57 e la difficoltà pratica a reperire avversarie contro cui giocare rappresentarono l'epilogo di quest'avventura, un epilogo divenuto poi ufficiale nel 1965 e provocato, guardando al fulcro della vicenda, da un atteggiamento di ostilità da parte della FA. Un'opportunità rimossa e tagliata sul nascere, dunque, una possibilità di crescita vissuta come una minaccia: le folle non bastavano, non bastavano neanche il divertimento e la solidarietà, il destino di quella squadra era un destino comune a quello di tante donne, è stato per certi versi un emblema. E proprio da qui, dagli errori commessi in passato, si può riflettere su quanto sia ingeneroso percepire e trattare una risorsa come fosse una minaccia, sentirsi indebitamente padroni - in quanto genere maschile - di uno spettacolo che, in questa storia in modo lampante, ha dato prova di appartenere a tutti.