La sostenibilità prima dei successi estemporanei: il tifoso è davvero cambiato?

Tifosi del Monza in festa
Tifosi del Monza in festa / Giuseppe Cottini/GettyImages
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L'immagine di un tifoso incredulo, a un passo dalle lacrime di commozione per un colpo inatteso della sua squadra del cuore, per una proverbiale bomba divenuta realtà pur apparendo in partenza utopistica, dovrà presto lasciare spazio ad altro.

Non più occhi rivolti allo smartphone, niente più aggiornamenti compulsivi in attesa di novità oppure quotidiani svolazzanti sulla spiaggia, con la sete inestinguibile di sogni di mercato a cui votarsi. Qualcosa è cambiato e dobbiamo dunque immaginarci quello stesso tifoso con una calcolatrice in mano o con dei manuali di economia al posto del quotidiano sportivo, qualcosa di meno pratico da sfogliare sulla sdraio ma propedeutico per poter seguire il calcio.

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Juve-Chivas / FREDERIC J. BROWN/GettyImages

Un tifoso diverso?

Dobbiamo immaginarlo lanciato in caroselli per una plusvalenza, per una cessione deleteria tecnicamente ma remunerativa: un'iperbole, senz'altro, ma qualcosa che d'altro canto incontra anche i risultati di un'indagine condotta da SWG (per Inrete) e chiamata appunto "Calciomercato: per una spesa sostenibile".

Cosa emerge dall'indagine, peraltro molto recente (tra il 13 e il 15 luglio)? In sostanza il 41% del campione (un totale di 800 intervistati) ritiene che i club spendano troppo e male, il 19% inoltre ritiene che la propria squadra del cuore spenda troppo (un rimprovero per certi versi paradossale, riflettendo sulla prima immagine di tifoso tirata in ballo, quello in spasmodica attesa del colpo).

Paulo Dybala
Dybala in giallorosso / Gualter Fatia/GettyImages

Il dato che però dice di più e che certi versi sposta gli equilibri riguarda la preferenza verso un calciomercato attento alle esigenze di bilancio (preferito dal 76% del campione) rispetto al mercato fatto da trattative faraoniche, mosso dalla volontà di ottenere il successo a breve termine (24%).

Esiste dunque una importante fetta di tifoseria che, stando a quanto emerso dall'indagine, contraddirebbe il luogo comune del fanatico del tutto acritico rispetto a questioni di sostenibilità o di equilibrio: un tifoso che senz'altro spera il meglio per i propri colori ma che, al contempo, non coltiva soltanto sogni di gloria ma anche di continuità, di progettualità e di futuro.

Ed è curioso come, in seno a determinate piazze, esistano veri e propri "contrasti" tra le due visioni diverse: da un lato chi vuole sognare senza freni, chi attende lo sceicco come mira massima auspicabile, e dall'altra parte chi - in nome dell'equilibrio - pensa anche al bilancio, a quanto una certa mossa di mercato possa incidere sui conti (tanto da guadagnarsi l'epiteto di ragioniere da parte di chi la vede diversamente).

Giuseppe Marotta, Steven Zhang
Marotta e Zhang / Jonathan Moscrop/GettyImages

Le ragioni di un cambiamento

La voglia di sognare in grande, è evidente, resterà il motore primario e l'aspetto più viscerale: l'accoglienza di Roma nei confronti di Dybala o della Torino bianconera per Di Maria, restando al panorama della Serie A e del mercato in corso, dimostrano quanto la dimensione del sogno rivendichi un proprio spazio, al contempo non mancano ragioni per cui comprendere l'esito di una simile indagine, così orientata nei risultati verso un mercato sostenibile.

Da un lato esistono esempi non del tutto virtuosi, perlomeno pensando al rapporto spesa-risultato, che spingono a diffidare dal successo mordi e fuggi: l'eterno inseguimento della Champions League da parte del PSG, come chimera fin qui fuori portata, dice tanto sulla distanza tra una squadra all-star e il risultato effettivo espresso dal campo.

Non mancano al contempo grandi club scivolati in periodi complessi anche a causa di investimenti miopi, privi di una progettualità: i casi di Barcellona e Manchester United insegnano e fanno dunque da monito, un po' come il discorso PSG.

Lionel Messi, Neymar Jr.
Messi e Neymar / Koji Watanabe/GettyImages

In aggiunta, tornando al contesto italiano, è anche la storia recente a insegnare: il passaggio dall'Olimpo al baratro può essere rapido, il confine può rivelarsi sottile, e anche piazze importanti possono trovarsi di punto in bianco a scivolare giù, a trovarsi fuori dal calcio che conta. Oppure, altro fantasma da cui guardarsi, possono trovarsi a fare i conti con un orizzonte sempre limitato da cessioni obbligate per poter prendere respiro: una spada di Damocle che, di fatto, non aiuta davvero a sognare.


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