La Serie A ripensa ai playoff: una scelta aliena, questione di DNA
L'emergere nel 2020 della pandemia da Covid-19 ha rappresentato un ostacolo inatteso con cui fare i conti, il calcio non ha fatto eccezione e si è mosso per prendere le contromisure più utili, trovandosi laddove necessario a concludere anzitempo manifestazioni oppure a rinviarle in toto. Al contempo si sono presentate agli occhi di tifosi e addetti ai lavori soluzioni futuribili, più o meno praticabili, per rendere più sostenibile il sistema calcio e per attutire il colpo della pandemia almeno dal punto di vista economico, non solo a breve termine.
Ai proclami sul ritorno degli stadi a capienza piena, aspetto chiave e strategico per dare sostegno al movimento calcistico, si aggiungono altre idee, alcune delle quali già bocciate in modo perentorio: la Superlega in tal senso rappresenta l'emblema delle ipotesi fin troppo azzardate proposte da parte di chi, in un momento critico, ha provato a fare il passo più lungo della gamba, senza prendere in considerazione la prevedibile levata di scudi quasi unanime come risposta. A momenti alterni poi, come una sorta di tormentone estivo che si ripropone non appena si accende la radio, tornano d'attualità questioni più volte riprese e poi lasciate cadere: da un lato la Serie A a 18 squadre (com'era del resto fino al 2003/04) e dall'altro i playoff e i playout come soluzione da rendere standardizzata e abituale nel campionato italiano, al di là dunque dell'emergenza Covid che l'anno scorso riportò in auge tale proposta.
Se il ritorno a 18 squadre può avere un significato senza perciò arrivare stravolgere il senso del campionato, rendendo dunque interessante quanto elaborato da Deloitte nel dossier che sarà posto all'attenzione della Lega, la faccenda assume connotati diversi proiettandosi verso i tanto citati playoff, sponsorizzati con forza da Gabriele Gravina anche in tempi precedenti all'emergenza Covid. Una Serie A con Scudetto e retrocessioni da decidere attraverso playoff e playout rappresenterebbe infatti uno stravolgimento, una rivoluzione, dal peso spropositato, anche se bilanciato sulla carta da eventuali vantaggi dal punto di vista dell'appeal del "prodotto calcio". Lo scontro diretto esercita senz'altro un fascino particolare e unico ma, al contempo, ha già la sua sede ideale nell'ambito delle coppe: potrebbe essere necessario osare, questo sì, per ridisegnare la Coppa Italia o per rendere quest'ultima più appetibile, senza andare però a toccare l'idea di un campionato vissuto su 38 giornate (o 34 in caso di ritorno alle 18 squadre).
Decidere in particolare l'assegnazione dello Scudetto, trofeo più ambito sul piano nazionale, attraverso un tabellone fin qui del tutto fuori contesto nella storia del campionato italiano, minerebbe il percorso che, ogni anno, porta le squadre migliori a giocarsi il titolo finale, un percorso a lungo termine che può comportare anche un distacco più importante dalle inseguitrici, in base alla continuità avuta nell'arco della stagione. Un epilogo alternativo favorirebbe lo spettacolo? Può darsi, ma si tratterebbe di uno spettacolo comunque alieno rispetto a quel che rappresenta la Serie A, portando a barattare parte del proprio DNA, snaturandosi. Una valutazione che assume poi una eco ulteriore valutando quel che accade negli altri campionati europei, senza che la strada dei playoff sia percorsa nelle altre realtà di spicco.
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