La dura legge del gol e lo scotto di Anfield: Inter e Milan hanno un credito da riscuotere

Inter-Real Madrid 0-1
Inter-Real Madrid 0-1 / Anadolu Agency/Getty Images
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Se nell'intervallo del debutto stagionale di Inter e Milan in Champions League qualcuno avesse ipotizzato zero punti, come bottino finale, l'idea sarebbe apparsa dai toni fin troppo disastrosi e lo scenario persino apocalittico rispetto a quanto stava accadendo: Inter padrona del campo a San Siro contro il Real Madrid, con lo 0-0 solo come conseguenza del poco cinismo e di un super-Courtois, e Milan al contrario chirurgico nell'approfittare delle occasioni sul finire di un primo tempo a lungo dominato dal Liverpool. L'epilogo è stato di tutt'altro tono, in quarantacinque minuti tutto è cambiato, ma in entrambi i casi il sapore che resta non è quello della disfatta: due sconfitte amare contro avversari di livello assoluto, nessun punto ma tanti spunti per ripartire e per farlo con fiducia, pur con diversi distinguo tra le due sponde di Milano. Dispiacere e rabbia, i due sentimenti prevalenti raccontanti dal post-partita, che potrebbero comunque trasformarsi in un bel credito da riscuotere più avanti nel girone.

Rodrygo, Samir Handanovic, Milan Skriniar, Alessandro Bastoni
Il gol di Rodrygo / Jonathan Moscrop/Getty Images

La dura legge del gol

Mai come nel caso dell'Inter viene naturale parafrasare un vero cuore nerazzurro come Max Pezzali e il suo ricorso all'eterna idea secondo cui, senza concretizzare, si è destinati poi al rimpianto. Nel pezzo datato 1997 non si citava Thibaut Courtois ma lo scenario rappresentato era quello: un dominio non tradotto in gol e poi rimanere con un pugno di mosche al triplice fischio. Ancelotti stesso, sornione come gli si confà e persino generoso coi suoi, ha spiegato nel post-partita come il pareggio potesse rappresentare in modo più coerente il match. Negli occhi dei nerazzurri resta un primo tempo da applausi, con un duello senza esclusione di colpi tra l'attacco e Courtois, un primo tempo che lasciava presagire un epilogo differente, così come il miracolo del belga su Dzeko al 53', ma in maniera anche fisiologica (considerati i tanti impegni e un undici di base sempre invariato) gli uomini di Inzaghi hanno dato vita a una logica involuzione, coi cambi che non si sono rivelati risolutivi e che hanno intaccato il perfetto equilibrio emerso fin lì.

Il Real Madrid dal canto proprio, forte di un numero uno decisivo e in grado di tenerlo a galla, ha replicato il fare sornione del suo tecnico e proprio in extremis (con un punto che appariva comunque un traguardo rispettabile) ha ribaltato le prospettive con due dei suoi gioielli, un 2002 e un 2001 in grado di dimostrare - e non è poco - di poter sopportare il peso di quella maglia, di uno scenario come la Champions, di un campo come San Siro. Zero punti dopo un racconto così lasciano una sensazione sinistra, per chi vede da tempo la Champions come stregata, ma citando Inzaghi appare evidente che (per quanto il pallone resti imponderabile) questa Inter abbia realmente le carte in regola per superare il turno, per riscuotere quel credito da qui alla fine del girone.

Jordan Henderson, Joe Gomez, Andrew Robertson
Beffa Henderson / Shaun Botterill/Getty Images

Dal silenzio alla bolgia

Epilogo affine, doccia fredda dunque dopo l'illusione, ma racconto del tutto diverso per il Milan ad Anfield, fin dal preambolo. Parliamo cioè di un Milan a caccia di una nuova storia, di un filo da riallacciare col passato glorioso senza però poter avere fretta o pretese: Pioli stesso ha spiegato correttamente di dover costruire in Champions una squadra credibile che non viva di ricordi ma si proietti sul presente, il Milan di Kessié, di Rebic e Brahim Diaz e non quello dei fantasmi passati. Dopo 7 anni rientrare a casa e trovarci dentro il Liverpool, Jurgen Klopp e Anfield Road non dev'essere una sensazione confortante: lo scotto da pagare sulla carta era ingombrante, fin troppo, e la prima parte del match ha ricalcato fedelmente ogni logico timore. Alexander-Arnold era un coltello che si infilava quando spingeva, Salah la solita scheggia impazzita, era il solito Liverpool di Klopp pronto a schiacciarti nella tua metà campo e a non darti respiro: a rincarare la dose uno stadio da brivido, capace di sottolineare a dovere tutto quel che accadeva sul campo, ad anni luce dal periodo di silenzio vissuto sugli spalti e dalla capienza ridotta in Serie A.

Il doppio miracolo di Maignan, su rigore e conseguente respinta, ha sancito un punto da cui ripartire e sul finire del primo tempo il Milan si è travestito da Liverpool, sfruttando con cinismo gli errori di una difesa priva di Van Djik e poco reattiva: Rebic e Brahim Diaz, due dei protagonisti citati da Pioli alla vigilia, hanno fatto esplodere i rossoneri, d'incredulità e lacrime di gioia sugli spalti. Era un messaggio di ritorno? Poteva esserlo e ancor di più sembrava così, considerando il gol annullato in avvio di ripresa, ma come prevedibile i Reds hanno venduto carissima la pelle e hanno trovato la forza per reagire con Salah, pareggio sul filo del fuorigioco con breve suspense da VAR, e col conseguente trasporto che ha avuto come risultato più naturale il 3-2 finale. Eurogol di Henderson, non uno dal gol facile ma leader carismatico in grado di spedire il pallone alle spalle di Maignan con un gran tiro di controbalzo, imprendibile. Uno scenario carico di rimpianti, dopo aver assaporato il sogno, che in un gruppo diverso avrebbe anche consegnato qualche speranza in più. Lo scotto anagrafico, con tanti giocatori al debutto, resta però un dato da tenere presente: riuscire a superare il girone avrebbe il sapore dell'impresa.

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Illusione rossonera / PAUL ELLIS/Getty Images

Stessa città, prospettive diverse

Evidente il distacco tra le posizioni e le prospettive nerazzurre e rossonere, anche al di là della composizione dei rispettivi gironi di Champions League. L'Inter palesa ovviamente una solidità diversa e un'abitudine maggiore allo scenario dell'Europa che conta di più, se non altro come voglia di reagire a una sorte spesso avversa in Champions: gli ingredienti ci sono tutti e la sconfitta col Real non compromette la possibilità di credere in un esito diverso dal passato. In casa rossonera si tratta di ricostruire le fondamenta di una casa (quella milanista in Europa) apparsa per decenni come un dato di fatto, come scontata e inoppugnabile: Pioli è l'uomo giusto per riallacciare il discorso interrotto ma, come detto, il superamento del turno non può apparire un'ossessione. Uscire da Anfield senza una disfatta, senza doversi leccare le ferite, è un primo segnale da cui ripartire, anche al netto delle assenze.


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