La domenica dei tanti addii (sicuri e possibili) in Serie A

Rabiot e Di Maria
Rabiot e Di Maria / ISABELLA BONOTTO/GettyImages
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La fine di una stagione porta con sé il consueto bagaglio di aspettative disilluse, di sorprese gradite o comunque di bilanci su quel che è stato, dando inoltre la possibilità (talvolta un sollievo, oppure un rimpianto) di congedarsi da chi tra qualche settimana sarà già proiettato su qualcosa di diverso. L'ultima giornata della Serie A 2022/23 dimostra in modo pratico e diretto quanto ogni addio faccia storia a sé, quanto una separazione possa da un lato rappresentare un trauma da cui sarà necessario riprendersi oppure, al contrario, un sollievo dopo essersi sopportati forzatamente, senza crederci mai troppo.

La nota malinconica della festa

Già partendo dalle 18.30, dalla prima sfida di oggi e dall'unica che non si giocherà in contemporanea con le altre, si scopre quanto questa domenica sia a pieno titolo quella degli addii. E il primo di questi, con tutta probabilità, rischia di essere il più toccante o quello dalla portata maggiore, sia per un discorso a tutti gli effetti emotivo che - alla lunga - per i riflessi sull'intero progetto di una squadra, sulla continuità necessaria dopo un'impresa.

Un lungo addio, quello di Luciano Spalletti a Napoli, partito in sordina con frasi enigmatiche - come rebus da risolvere - ed esploso poi con estrema chiarezza nell'amore espresso dai tifosi azzurri, dalla loro riconoscenza e dalla reazione commossa del tecnico, diviso tra il richiamo di un anno di "tregua" e il trasporto emotivo dovuto a uno Scudetto ottenuto dopo più di 30 anni di attesa.

Nessun veleno e nessuna accusa, non in questo momento, ma semplicemente la presa di coscienza di doversi concedere uno spazio diverso, lontano dalle pressioni del campo, dei risultati e del vortice mediatico connesso al pallone. Il tutto condito dal privilegio (raro) di potersi concedere un addio da vincente, lasciando impressi sorrisi e abbracci, inserendo insomma l'addio, in modo coerente, nel contesto di festa che accompagnerà Napoli-Samp, pur aggiungendoci una dose di malinconia.

La fine del secondo Ibra rossonero

Restiamo sugli addii sicuri e sulle celebrazioni, pur con qualche rimpianto in più rispetto alla situazione tra Spalletti e il Napoli: Zlatan Ibrahimovic interromperà la seconda esperienza con la maglia del Milan, un'avventura differente dalla prima ma dal peso specifico altrettanto profondo, come emerso lo scorso anno in occasione del sorprendente Scudetto conquistato. In quel frangente, in quel suo specifico momento umano e sportivo, lo svedese ha saputo mescolare sapientemente il contributo sul campo a quello nello spogliatoio, senza arrivare a turbare equilibri o svilire altri ruoli (come quello di mister Pioli), diventando al contempo solista e direttore di una giovane orchestra.

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Zlatan Ibrahimovic / GABRIEL BOUYS/GettyImages

Un addio, come detto, che consente a qualche rimpianto di farsi largo - riflettendo sull'ultima stagione - sia considerando la condizione fisica dell'attaccante, il suo contributo solo parziale sul campo, che soffermandoci sul rendimento della squadra in campionato (con l'accesso alla Champions rimasto in bilico fino all'ultimo). Ad aggiungere una nota agrodolce all'atmosfera, logica, di celebrazione è anche l'assenza di una passerella sul campo: Ibra sarà indisponibile contro il Verona, pur avendo fatto il possibile per esserci e per lasciare un'ultima immagine di sé attraverso le proprie giocate.

Addii sul più bello e amori tormentati

Addii sicuri, ancora, ma senz'altro dal tono diverso saranno quelli di Angel Di Maria e di Adrien Rabiot alla Juventus. L'argentino ha vissuto una stagione del tutto speculare a quella bianconera, segnata da un impatto difficile, da un apparente riscatto e da un nuovo calo: una situazione che, a conti fatti, racconta in modo efficace anche il rapporto con la piazza, con un idillio illusorio che sembrava poter condurre anche a un futuro insieme e con un successivo dietrofront, tale da portare all'addio del Fideo dopo una sola stagione in bianconero.

Angel Di Maria
Di Maria / Jonathan Moscrop/GettyImages

Altrettanto ondivaga, nel corso della stagione, la situazione di un Rabiot del tutto ritrovato sul campo: a tratti sembrava che la Juventus potesse avere le armi per convincere il francese a rinnovare, puntando anche su un rapporto divenuto via via più saldo con Allegri, ma nelle ultime settimane le vicissitudini del club (con annesso addio alla Champions, anche tramite l'Europa League) hanno reso del tutto utopistica l'idea di una trattativa. Arrivando, dunque, a un paradossale addio proprio nel momento migliore, dopo una stagione ricca di gol che conclude un percorso complessivo che invece, spesso, ha regalato più ombre che luci.

Le situazioni in bilico

Sullo sfondo poi, in casa Juventus come altrove, emergono addii probabili o possibili, anche in questo caso saluti dotati di una loro specificità, di una loro forma peculiare. Da un lato c'è Allegri, pronto a farsi carico della responsabilità di riportare in alto la Juve ma sempre messo in discussione dalla piazza, d'altro canto - spostandoci sulla sponda giallorossa di Roma - scopriamo come la situazione di José Mourinho offra incognite e spazi di dubbio difficili da nascondere.

Sevilla v Roma - UEFA Europa League Final
Mourinho e Dybala / Anadolu Agency/GettyImages

Il tema del ruolo del tecnico, spesso caricato eccessivamente di responsabilità anche a livello mediatico oltre che tattico, si accompagna a quello delle ambizioni e della voglia di puntare più in alto, senza dover necessariamente vivere in costante emergenza o con le soluzioni contate: un punto d'incontro con la proprietà, al netto della riconoscenza per due finali europee consecutive, non può essere dato scontato.

Restando a Roma, poi, un ruolo cruciale (anche agli occhi della tifoseria) è quello rivestito da Paulo Dybala: dall'arrivo trionfale al sogno di ottenere un trofeo al primo anno in giallorosso, con l'epilogo amaro di una qualificazione all'Europa League come massimo traguardo raggiungibile. Un incrocio di idillio e disillusione che rende chiaramente minacciosa quella clausola da appena 12 milioni, valida per l'estero, che potrebbe permettere alla Joya di cercare altrove il proprio percorso in Champions.