L'Italia di Spalletti deve ripensare al modulo in assenza di Berardi?

L'infortunio di Berardi toglie un'arma importante alla Nazionale, i sostituti però non mancano.

Spalletti
Spalletti / Claudio Villa/GettyImages
facebooktwitterreddit

Nelle logiche di una squadra, di club o Nazionale che sia, andare a toccare un singolo ingranaggio può compromettere notoriamente un meccanismo funzionante e rodato: non è possibile insomma percepire il singolo come fine a se stesso e occorre, in alcuni ruoli ancor di più, comprendere l'effetto di un'assenza sull'intero sistema.

Pesando con l'ausilio dei numeri il valore di Domenico Berardi per l'Italia di Luciano Spalletti, nella sua esperienza da CT azzurro fin qui, possiamo notare come l'attaccante del Sassuolo sia stato un elemento cui cui l'allenatore ha scelto di fare affidamento con continuità: 3 partite da titolare sulle 6 con Spalletti in panchina, presenze condite peraltro da 2 reti messe a segno (la doppietta nel 4-0 contro Malta) e da un assist.

Berardi out: una tegola pesante

Non c'è dubbio, insomma, che il grave infortunio che ha portato Berardi a operarsi, con un'assenza conseguente che rende utopistico vederlo in campo nel 2024, tolga all'Italia un'arma più che mai utile in prospettiva Europei: si tratta, del resto, del prototipo ideale di esterno a piede invertito (profilo più che mai gradito a Spalletti) e di un attaccante che ha in dote quelle reti che tanto mancano, considerando anche il rebus prima punta, alla Nazionale azzurra.

Al netto degli infortuni e delle frequenti indisponibilità, con tanto di caso di mercato a inizio stagione per il mancato approdo alla Juve, Berardi è il miglior marcatore italiano nella Serie A in corso (9 reti come Pinamonti e Orsolini) ed è dunque fisiologico il senso di smarrimento per la consapevolezza di perderlo: un vero macigno sul Sassuolo, a caccia della salvezza, e un ulteriore grattacapo per gli equilibri offensivi azzurri.

L'infortunio di Berardi e la sua assenza nella spedizione tedesca hanno fatto sì che, nei giorni immediatamente successivi al grave problema fisico, emergessero con forza idee di rivoluzioni tattiche e di cambi di rotta rispetto al 4-3-3 fin qui sempre utilizzato da Spalletti in azzurro, assetto che del resto ha fatto le fortune del tecnico anche nell'esperienza da sogno al Napoli. Un'assenza, per quanto pesante come quella di Berardi, può davvero condurre a un ripensamento sul fronte del modulo?

L'Italia deve cambiare modulo?

Occorre tener conto, per rispondere, come gli interpreti a disposizione di Spalletti per il ruolo di ala destra - sempre ricorrendo all'idea dell'esterno a piede invertito - siano sotto gli occhi di tutti e prevedano candidati autorevoli come Orsolini e Politano. Da un lato un protagonista della stagione praticamente perfetta del Bologna e, dall'altro, un elemento già noto a Spalletti per le due stagioni al Napoli.

Matteo Politano, Giacomo Raspadori
Raspadori e Politano / Ciancaphoto Studio/GettyImages

Ma le ragioni per ritenere ancora preferibile la via della continuità, senza un passaggio al 3-4-2-1 o senza la necessità di rinunciare in toto agli esterni, riguardano anche la possibilità di utilizzare Chiesa o Raspadori sulla destra anziché - rispettivamente - a sinistra o come prima punta: proprio esprimendosi su Raspadori, anche in passato, Spalletti ha spiegato di ritenerlo utilizzabile in ogni ruolo dell'attacco, sottolineandone la naturale capacità di adattamento.

A fronte delle note e importanti incognite nella scelta della prima punta, con Scamacca, Immobile, Retegui, Belotti o lo stesso Rasapdori in ballo, appare ancora deleterio l'input di varare un ribaltone tattico che investa altri reparti o tolga certezze: l'assenza di Berardi pesa, a livello qualitativo come meramente realizzativo, ma non si pone come fattore tale da dover rimescolare le carte a pochi mesi dall'Europeo.