L'idillio ritrovato: i motivi del ritorno in massa negli stadi di Serie A
Ci si sta interrogando, ormai da tempo, su cosa abbia condotto il campionato di Serie A 2021/2022 a rivelarsi come uno dei più equilibrati e combattuti da un bel po' di tempo a questa parte: non più verdetti già indirizzati, niente epilogo previsto e prevedibile ma, al contrario, un insieme di saliscendi, di deviazioni da quel che ti aspetteresti.
Ci si interroga, appunto, sulla base logica di un simile dato: livellamento verso il basso o crescita del panorama? Big meno imbattibili o realtà medio/piccole alla ribalta? Qualunque sia la spiegazione, ammesso che sia possibile individuarla a monte, il risultato non cambia e conduce, al di là dei punti e dei valori sportivi emersi sul campo, a un riavvicinamento fisico, diretto, dei tifosi alle loro squadre del cuore.
Un fenomeno trasversale
Non si tratta di un fenomeno ascrivibile a una sola realtà, di un movimento isolato e legato all'entusiasmo di una singola città: da Roma a Milano, passando da altre piazze più o meno centrali del nostro calcio, lo spettacolo di uno stadio pieno è tornato prepotentemente attuale, togliendo polvere dalle immagini che troppo spesso relegavamo a un calcio passato, che ritenevamo persino anacronistico rispetto allo scenario presente.
Certo l'entusiasmo ha un suo peso, parliamo perlopiù di realtà come Roma, Milan e Inter che, a modo loro, lottano per obiettivi fondamentali e che si trovano in corsa, con una missione ben chiara da raggiungere e tutto il bisogno del supporto dei tifosi. Appare altrettanto chiaro, però, come esistano tratti più profondi tra le pieghe di questo riavvicinamento.
L'equilibrio in campo
La base è questa: la possibilità di lottare ha in sé la ragione d'essere di questo idillio ritrovato, di un afflusso importante negli impianti italiani. Il contesto insomma è fertile, basti pensare che (mentre è in corso la terzultima giornata di campionato) restano ancora da assegnare Scudetto, posti in Europa League, posto in Conference e ultimi tre posti in classifica, con conseguente retrocessione.
Sono poche le squadre realmente in pace con loro stesse e già rassegnate (oppure appagate) di fronte al loro destino, squadre che peraltro sanno trovare nuove motivazioni anche esterne al mero discorso dei punti in classifica: basti pensare al rendimento sorprendente di Bologna e Udinese pur senza una salvezza da conquistare od obiettivi più ambiziosi. Di fianco, con chiarezza, spiccano piazze capaci di riconciliarsi col loro pubblico: la Fiorentina di Italiano, la Roma che ha trovato in Mourinho una guida carismatica ideale, persino una Salernitana tornata incredibilmente a sperare in una salvezza che, fino a poche settimane fa, appariva solo una chimera.
La voglia di esserci
Le motivazioni e l'equilibrio come motori principali di un ritorno in massa negli stadi, di uno spettacolo ormai tornato abituale sugli spalti, ma di fatto resta logica la necessità quasi fisica di riconciliarsi con qualcosa che a lungo ci è stato sottratto: la chiusura degli stadi o la loro apertura a capienza ridotta hanno reso ancor più chiaro, sempre che che ce ne fosse bisogno, quanto il pubblico non sia solo una cornice ma sia, di fatto, parte integrante del gioco.
Mourinho ha sottolineato in modo diretto quanto possa contare un pubblico "desideroso di giocare" con la squadra: l'assenza prolungata ha reso ancor più lampante il peso di un ritorno, l'Olimpico in tal senso sta rappresentando una sede ideale per capire quanto l'entusiasmo e le motivazioni possano contare, a livello emotivo innanzitutto ma anche di resa sul campo: le sfide di Conference contro Bodo e Leicester hanno sancito, con forza, il corretto dominio dell'esperienza vissuta in presa diretta rispetto all'inflazionata piazza virtuale, al borbottio social che tanto ha tratteggiato il periodo di distanza tra i tifosi e le loro squadre.
Un patrimonio da non disperdere
Serate come quelle di Roma, di folla e di frastuono, non possono che rappresentare una nota lieta, un appiglio saldo e capace di andare al di là delle valutazioni tecniche relative al livello del campionato, al peso di una certa coppa rispetto alle altre. Come pura rappresentazione di fede calcistica, di appartenenza.
Esiste però un risvolto più sinistro e minaccioso: la paura che a livello di sistema non sia possibile, adesso, cavalcare fino in fondo quest'onda, valorizzarla al massimo. Le difficoltà sperimentate dalle proprietà intenzionate a investire sul calcio, gli ostacoli burocratici di fronte a chi vorrebbe puntare su nuove infrastrutture moderne e funzionali, appaiono come uno sgradevole conto da pagare (a medio lungo termine) da parte di chi spera che l'idillio prosegua al meglio.
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