Il sudore arricchisce i tre punti: Allegri e l'elogio della sofferenza
Non è raro, è anzi assolutamente comune, che il racconto del momento di una squadra da parte del suo tecnico sia quantomeno viziato da una certa dose di retorica, da piccole o grandi bugie mosse dalla voglia di spostare strategicamente l'attenzione da una parte all'altra, di colpire un bersaglio specifico tra le righe, senza esporsi troppo. In questo senso, pensando a Max Allegri e alla sua Juventus, tornano in mente le parole alla vigilia della sfida col Milan, dichiarazioni che videro il tecnico bianconero spostare sugli avversari il peso della pressione (conta più per loro, disse). Ma quando Allegri, dopo il successo per 3-2 sullo Spezia in rimonta, celebra l'importanza di vincere soffrendo lo fa per retorica o ci crede davvero?
"Menomale abbiamo vinto una partita soffrendo, altrimenti avremmo pensato che non c'è bisogno di niente"
- Massimiliano Allegri
Esperto di false partenze
Bisogna riconoscere ad Allegri di avere assolutamente un pulpito da cui esporsi quando si parla di false partenze, di avvii di stagione deludenti o persino disastrosi cancellati poi con strisce positive impressionanti e con un rientro in carreggiata costruito nel tempo. Al momento il bilancio bianconero parla di cinque punti in cinque partite disputate, con una vittoria, due sconfitte e due pareggi, un quadro certo non esaltante ma che appare in continuità con altre tappe della storia di Allegri in panchina: anche in bianconero, del resto, non si tratta di una novità e torna alla mente la stagione 2015/16 in cui la Juve riuscì a conquistare lo Scudetto nonostante i quattro punti nelle prime quattro giornate e un quattordicesimo posto all'ottava giornata. Al di là dei colori bianconeri si ricorda il 2012/13, con tre punti nelle prime quattro giornate (sconfitte con Samp, Atalanta e Udinese) smentiti poi dal terzo posto finale del Milan e dalla qualificazione Champions. Chi meglio di Allegri, dunque, può conoscere i segreti e i trucchi da mettere in campo per ripartire dopo una crisi (sostanziale o apparente) e per rimettere in piedi una stagione?
Viziati dal passato
Il discorso vale a maggior ragione se si valuta un contesto che, al netto dell'ultimo Scudetto finito in mano all'Inter, si è abituato negli ultimi dieci anni a dare per scontato il profilo di squadra da battere, di strafavorita a cui provare, anche utopisticamente, a mettere i bastoni tra le ruote. Partire di rincorsa non è un'abitudine per la Juve, così come è nota la tendenza a parlare di crisi ogniqualvolta i risultati non premiano del tutto, e l'approccio di Allegri si lega adesso proprio a un'intenzione: scongiurare sospiri di sollievo prematuri, tornare subito a sentirsi guariti anziché convalescenti, gonfiare prematuramente i muscoli senza prima averli allenati a dovere. E l'allenamento, a questo punto, consiste anche nella vittoria sudata contro avversari che in altri tempi sarebbero stati snobbati, guardati dall'alto al basso: un lusso che ora la Juve non può permettersi e che, magari, un netto 3-0 avrebbe fatto tornare in auge prima del tempo.
Ri-diventare grandi
Ci sono aspetti rilevanti che fanno capire quanto possa essere complesso per la Juve, per questa Juve, sentirsi fino in fondo stretta parente dell'ultima squadra guidata da Allegri: l'addio in extremis di CR7, un centrocampo senza le certezze di un tempo e l'esigenza di veder maturare elementi chiave (chiamati a essere decisivi) rendono necessario comprendere come poter tornare grandi. Il ruolo dei più giovani, qualsiasi cosa possa voler dire oggi essere giovani in Serie A, appare da tempo al centro del discorso: si tratta della necessità di superare certi vizi di inesperienza e di capire cosa significhi essere da Juve, un problema tornato spesso in ballo e citato anche dai senatori come Bonucci. In tal senso è significativo che i gol del successo con lo Spezia portino le firme di Kean, Chiesa e De Ligt, classe 2000, '99 e '97, così come è rilevante che elementi anagraficamente giovani si siano fatti carico della squadra nel momento di difficoltà. Una vittoria sul velluto, provando a leggere il pensiero di Allegri, avrebbe allontanato il gruppo (inesperti compresi) dall'idea di dover lavorare ancora duramente, di dover dimostrare ancora tutto.
I problemi restano
Questo perché, al netto della vittoria finale, i problemi non possono certo dirsi superati: lo Spezia ha messo eccessivamente in difficoltà la retroguardia bianconera, l'entusiasmo arrembante degli avversari è bastato per palesare falle testimoniate del resto da otto gol presi in cinque partite giocate, la Juve si è trovata ancora una volta a passare sotto o comunque a essere raggiunta da situazione di iniziale vantaggio (come con Udinese, Napoli e Milan), i bianconeri si sono trovati di fatto a difendere con fatica il risultato fino alla fine, senza mai sentirsi al sicuro. Al di là della difesa da rivedere restano anche altri problemi da considerare: Allegri ha citato gli errori nell'ultimo passaggio, la necessità di ridurre gli errori tecnici e l'attenzione con la palla tra i piedi, l'importanza dunque delle scelte corrette in tal senso. Il 3-2 può quindi essere un giusto compromesso tra l'esigenza di trovare la prima vittoria, ovviamente vitale, e la consapevolezza di essere solo all'inizio di un percorso che chiederà ben altre conferme.