A questa Juve serve un bomber per rinascere? Cosa ci dice la storia

Pogba, Morata e Vidal
Pogba, Morata e Vidal / MARCO BERTORELLO/GettyImages
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In tempo di mercato appare logico, persino scontato, che le esigenze dei club diventino, a forza di ripetersi e di rimbalzare mediaticamente, veri e propri tormentoni; da bisogni sportivi, per certi versi, si sfocia in un ritornello che diventa più grande dello stesso auspicio di partenza, come se vivesse di vita propria.

Anche il mercato invernale in corso ci consegna un quadro consueto in tal senso, con le big accostate con insistenza a giocatori del ruolo individuato come carente al momento: nel caso della Juventus, da tempo, rimbalzano perlopiù nomi di punte (da Icardi a Scamacca, da Depay ad Azmoun), anche al di là del destino di Alvaro Morata.

Viene dunque spontaneo chiedersi se, effettivamente, abbia senso concentrare a tal punto l'attenzione sul ruolo del centravanti, del bomber che punti alla classifica marcatori, anziché farne una questione più complessa e slegata dalle lacune in attacco (sganciandoci cioè dall'equazione che accosta il numero dei gol fatti al solo livello delle punte).

Juventus v Cagliari Calcio - Serie A
Morata e Kean / Stefano Guidi/GettyImages

Un vuoto che fa rumore

Il circolo vizioso che la Juventus pare attraversare, riferendoci alla ricerca del bomber perduto, si lega a quanto accaduto sul finire del mercato estivo e, soprattutto, a quanto successo nelle stagioni 2018/19, 2019/20 e 2020/21: avere Cristiano Ronaldo all'interno della propria squadra, abituarsi ad averlo, rischia di far perdere di vista l'entità dell'impatto del portoghese a livello realizzativo.

Come se, a tutti gli effetti, la routine e l'abitudine togliessero peso e attenzione a quanto accade sul campo. Una questione puramente statistica che non può essere aggirata, un vuoto inesorabile da cui passò anche il Real Madrid dopo l'addio di Cristiano Ronaldo: nel 2017/18, ultimo anno di CR7 alle Merengues, il miglior marcatore stagionale della squadra fu proprio il portoghese (con 44 gol), l'anno successivo, senza CR7, il giocatore che contò più realizzazioni fu Benzema (con 30 gol complessivi, ben 14 in meno).

Una tassa da pagare, insomma: un elemento accentratore, in grado di risolvere le partite anche in solitaria, un proverbiale deus ex machina che interviene e fa saltare il banco. Al contempo diventa necessario capire come un addio così epocale non possa passare dalla chimera di un "sostituto" ma da un ribaltamento di prospettiva, un meccanismo non semplice da attivare quando - per anni - si è investito tutto (o quasi) sul singolo pianeta a cui tutto il resto girava attorno.

Cristiano Ronaldo
CR7 / Alex Pantling/GettyImages

Prima di CR7

Per capire l'esigenza effettiva di un bomber da inserire nell'attacco bianconero, attraverso il mercato, possiamo provare ad andare a ritroso e a capire quanto, in Serie A e in particolare nel contesto Juve, sia stato decisivo il ruolo di un singolo finalizzatore e soprattutto di un centravanti inteso nel senso più classico (e anche CR7 in questo senso rappresenta un'eccezione). Partiamo dunque dal ciclo aperto da Antonio Conte nel 2011/12, proprio dieci anni fa, e osserviamo proprio come la Juve di Conte abbia spesso saputo far fronte all'assenza del centravanti come accentratore e come punto di riferimento della squadra.

Nel 2011/12, anno del ritorno al successo in Serie A, ci offre un panorama anche sorprendente: i migliori marcatori stagionali furono Matri, Vucinic e un centrocampista come Marchisio, tutti a quota 10 gol, mentre nella sola Serie A il migliore a livello realizzativo fu Matri (i suoi 10 gol arrivarono tutti in campionato). Fondamentale anche il contributo di Vidal, altro centrocampista, coi suoi 7 gol in quella Serie A. Nella stagione 2012/13, con un successo ancor più netto in campionato, fu proprio Vidal il miglior marcatore stagionale dei bianconeri: ben15 gol tra tutte le competizioni, 10 in Serie A così come Vucinic. Quella Juve riusciva ad andare in gol con tanti interpreti, c'era sì la classica punta come Matri (8 gol in A) ma anche centrocampisti prolifici come Pogba, Pirlo e Marchisio a dare un contributo fondamentale.

Arturo Vidal
Vidal esulta / Gabriele Maltinti/GettyImages

Passiamo al 2013/14, stagione incredibile in campionato per la Juve coi suoi 102 punti, scoprendo un contributo notevole dei nuovi arrivati Tevez (19 gol in A, 21 in totale) e Llorente (16 gol in A, 18 complessivi). Accanto alla dote di gol degli attaccanti scopriamo ancora una volta il ruolo di un centrocampo che segna: ben 18 i gol stagionali per Vidal, 9 quelli di Pogba, 6 quelli di Pirlo. Un tratto, quello di un centrocampo prolifico, che del resto ha rappresentato una delle cifre distintive della Juve dell'era Conte. Da Conte ad Allegri, col ciclo che nella mente di tanti si sarebbe inesorabilmente interrotto ma che, invece, trovò nuova linfa ed assunse connotati più importanti anche fuori dai confini nazionali.

Nel 2014/15 la Juve ottenne un altro successo schiacciante in Serie A, con ben 17 punti sulla Roma seconda. Tevez si rivelò sempre più decisivo e raggiunse 20 gol in Serie A (quota mai raggiunta negli anni precedenti dai vari migliori marcatori stagionali bianconeri), al contempo si mantenne vivo il ruolo dei centrocampisti in grado di segnare (8 gol per Pogba, 7 per Vidal, 4 per Pirlo e Pereyra). Morata dal canto proprio si rivelò prolifico in Coppa, al suo primo anno in bianconero, firmando 5 reti nel percorso che condusse fino alla finale (Tevez arrivò addirittura a 7). Il 2015/16, rispetto ai trionfi precedenti, presenta ricordi diversi e ci parla di una rimonta entrata nella storia, dopo un avvio deludente.

A livello realizzativo si sottolinea il contributo di Dybala, arrivato in estate dal Palermo, con 19 gol in campionato e 23 in totale. Accanto alla Joya si segnala il buon contributo di Mandzukic così come un Pogba in grado di arrivare a quota 10 tra le varie competizioni: anche in quel frangente, però, i successi della Juve non passarono dalle reti di un singolo bomber, di un centravanti che si giocasse il titolo di capocannoniere (conquistato da Higuain a Napoli, con tanto di record). L'incredibile stagione del Pipita al Napoli rappresentò una tentazione irresistibile per gli uomini mercato bianconeri, che tentarono dunque per la prima volta la strada del bomber prolifico come ulteriore tappa per avvicinare trionfi europei.

Gli addii di Pogba e di Morata trovarono dunque il contraltare nel colpo da 90 milioni, il Pipita appunto, che portò in dote 24 gol nella Serie A 2016/17. Inferiore, in quel caso, il contributo realizzativo di Dybala, mentre restò stabile il ruolo di Mandzukic a livello di gol fatti (11 nel complesso). Nel 2017/18 trovò conferma solo parzialmente l'inversione di tendenza, nonostante la presenza un vero e proprio bomber in rosa: ad esplodere, a livello di bottino di reti, fu infatti Dybala con ben 22 gol in campionato, Higuain si fermò invece a quota 16, ben lontano dai fasti del Napoli. Importante anche il contributo di Khedira e Pjanic (9 e 5 reti rispettivamente). Dal 2018/19, come logico che sia, tutto si nasconde dietro all'effetto CR7: 21 gol nel suo primo anno in A, 31 nel secondo e 29 nel terzo e ultimo (con tre allenatori diversi, Allegri, Sarri e Pirlo).

Non c'è una ricetta

Ripercorrendo la recente storia bianconera possiamo dunque notare come non esista una ricetta fissa, percorsa inesorabilmente, a livello di suddivisione dei gol messi a segno. Quel che balza all'occhio, però, è come in anni di grande successo sia stato cruciale il contributo realizzativo del centrocampo (soprattutto durante il ciclo Conte) e come anche successivamente abbiano giocato un ruolo fondamentale seconde punte come Tevez e Dybala, anche superando le reti messe a segno dalle prime punte (talvolta utilizzate anche in modo atipico, non da finalizzatori).

L'epoca di CR7 possiamo collocarla fuori dalla continuità bianconera, considerando l'effetto dirompente di per sé del portoghese, e diventerebbe dunque deleterio vedere nel bomber da 20 e più gol stagionali la panacea per tutti i mali, il seme da piantare per rinascere. Più logico capire come, dopo il vuoto lasciato da CR7, il rovesciamento necessario sia profondo e radicale, con nessuna bacchetta magica (neanche di Allegri) e con poche ricette semplici.

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La dirigenza e Allegri / MARCO BERTORELLO/GettyImages

Il tutto, peraltro, ricordando quanto la qualità offensiva e il bottino di reti non siano necessariamente connessi al livello dei soli attaccanti. Il centravanti è dunque la chiave? Risposta tendenzialmente negativa o comunque collegata a un grosso se: Scamacca o Azmoun sposterebbero gli equilibri in modo dirompente rispetto a Morata e Kean? Difficile immaginarlo: citando Allegri, del resto, per spostare davvero gli equilibri servirebbero quei 4-5 bomber di livello mondiale che, ovviamente, i bianconeri adesso non possono permettersi.


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