José Mourinho ha davvero spostato la dimensione della Roma?

José Mourinho
José Mourinho / Silvia Lore/GettyImages
facebooktwitterreddit

Tanti racconti diventano veri nella loro ripetizione, trovano fondamento nel fatto stesso che implicitamente li si diano per buoni e per appurati. Non si tratta neanche di mettere in discussione: ancor prima, insomma, esistono verità monolitiche con cui ci si trova a fare i conti. Tra queste, ad esempio, possiamo citare l'idea secondo cui José Mourinho avrebbe cambiato dimensione alla Roma, trasportandola altrove rispetto a dove si trovava in precedenza.

Un discorso che trova del resto uno specchio nei sussulti che, logicamente, i tifosi giallorossi si sono concessi quando hanno scoperto che Mourinho - proprio lo Special One - sarebbe diventato il nuovo tecnico della Roma, prendendo il posto di un Paulo Fonseca meno ammantato di gloria, di stelle e di onori. Il cambio di dimensione lo si può affrontare da tre diversi punti di vista: da un lato si può trovare il conforto degli esiti sportivi, dall'altro si possono considerare i colpi di mercato e, infine, si può prendere in considerazione lo status del club (anche nella sua percezione indipendente dai risultati).

Vincere aiuta a vincere

Soffermandosi sugli esiti sportivi possiamo basarci su quanto fatto nella scorsa stagione: sesto posto in campionato, eliminazione ai quarti di Coppa Italia e vittoria della Conference League. Proprio il successo nella neonata competizione sposta le valutazioni su un'annata che, altrimenti, sarebbe apparsa del tutto in linea con le tre precedenti (sesto posto e quarti di Coppa nel 2018/19, quinto posto e quarti di Coppa nel 2019/20, settimo posto e ottavi di Coppa nel 2020/21). Anche l'ultima stagione di Fonseca però, al netto di una classifica deludente, offrì un ribaltamento positivo in Europa, con la semifinale di EL raggiunta dai giallorossi

Jose Mourinho
Conference giallorossa / Chris Brunskill/Fantasista/GettyImages

Di fatto possiamo riconoscere come il vero e proprio balzo targato Mourinho abbia fin qui la forma e il nome della Conference sollevata a Tirana, un discorso che ci permette di legarci in modo diretto al tema dello status del club, della sua fama. Vincere aiuta a vincere, si afferma spesso, sottolineando come il successo instauri un circolo virtuoso tale da amplificare quella forza propulsiva portandola all'estrema potenza.

Coesione: noi vs loro

Se c'è un tratto che più di altri sa delineare l'era Mourinho alla Roma, del resto, è la capacità di compattarsi e di mostrarsi uniti anche nei momenti di difficoltà: nel percorso europeo tra Conference ed Europa League i giallorossi hanno dimostrato di saper chiamare a raccolta il loro pubblico soprattutto quando serviva gettare il cuore oltre l'ostacolo. Fin da subito Mourinho ha contribuito a creare a Trigoria un senso di appartenenza, a tracciare un noi vs loro che fosse più evidente del solito, tanto da lasciare a distanza di sicurezza franchi tiratori, spifferi o chiacchiericcio che minasse l'unità.

AS Roma v US Sassuolo - Serie A
L'idillio tra Mou e i tifosi / Ciancaphoto Studio/GettyImages

Nel virtuoso intreccio tra il ritorno al successo dopo tanto tempo e la narrazione dell'identità (unita e non più inesorabilmente frastagliata) si trova probabilmente il vero passo sancito da Mourinho, all'interno del mondo giallorosso, più che nei risultati in senso stretto (non così distanti dal recente passato) e dal mercato. Esatto, proprio dal mercato - pensando a un tecnico così prestigioso - in tanti si sarebbero aspettati immediati fuochi d'artificio.

Per capire quanto la dimensione della Roma in sé sia o meno ribaltata in assoluto basta capire quanto peso abbia Mourinho nella permanenza di un elemento come Paulo Dybala, oltre che nella sua scelta di arrivare: il reale cambiamento si avrà quando un calciatore di quella caratura non collegherà la propria continuità in giallorosso alla presenza o meno di un dato tecnico, il salto effettivo si avrà quando il Wijnaldum di turno non avrà la percezione di detenere uno status superiore rispetto a quello della piazza in cui si trova a giocare.

Europa League: la chiave di tutto?

Diventa evidente come il richiamo di un possibile addio estivo tolga un po' la terra sotto ai piedi: l'associazione diretta tra i sold-out, l'arrivo di campioni e la presenza di Mourinho in panchina è un'arma a doppio taglio e rischia di lasciare un senso di smarrimento nel momento dell'addio, senza dunque generare un'onda lunga in grado di mantenere vivo l'idillio attuale.

In senso stretto risulterà cruciale l'esito dell'avventura Europea: un successo in Europa League, bissando quanto accaduto l'anno scorso in Conference, darebbe un tono del tutto diverso allo status giallorosso e renderebbe ancor più salda la possibilità di apparire realtà e non soltanto meteora estemporanea.

Edoardo Bove
Roma-Leverkusen / Silvia Lore/GettyImages

Al contempo occorre tenere alla larga l'idea che, già oggi, la Roma sia diventata grande grazie a Mourinho: qualcosa è stato seminato, un cambio di passo è iniziato ma, al contempo, lo status sportivo del club (soprattutto senza la Champions) resta ad oggi tutto sommato in linea con le gestioni Di Francesco e Fonseca, per quanto possa suonare per certi versi surreale ammetterlo.

Il tutto tenendo vivo un assunto probabilmente cruciale e spesso rimasto erroneamente fuori dal quadro: i cambi di rotta e i balzi in avanti duraturi possono difficilmente legarsi all'uomo solo al comando, dovendo trovare un conforto più solido in una crescita condivisa e in una necessaria chiarezza d'intenti a livello societario. Ingredienti senza i quali, appunto, un potenziale addio del singolo protagonista può davvero risultare fatale, può minare tutto quel che è stato seminato.