Italia '90, 30 anni dopo: quali ricordi ho di quel Mondiale italiano

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WORLD CUP-1990-ITA-ARG-SCHILLACI / AFP Contributor/Getty Images
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Le bandiere alle finestre che tappezzavano le strade, le tante serate trascorse con gli amici davanti alla televisione; le piazze gremite, quell'odore di patatine fritte preparate da mio padre prima di ogni partita della Nazionale. A casa nostra le partite dell'Italia erano un evento imperdibile. Sono trascorsi trenta anni dall'ultimo Mondiale disputato in Italia. Io ne avevo appena 9. Ovunque risuonavano le note della splendida canzone cantata da Edoardo Bennato e Gianna Nannini, inno composto da Giorgio Moroder. La loro "Un'estate italiana" imperversava anche in Tv. Ricordo le lunghe tavolate con i parenti, io da sempre appassionato di musica invitavo tutti a fare silenzio: "Zitti, ci sono Bennato e la Nannini". Pretendevo che tutto si fermasse. Nulla era più importante.

Cosa dire poi di quella Nazionale? A me sembrava fortissima. Zenga in porta, Maldini, Bergomi e Baresi in difesa, Giannini e Donadoni a centrocampo. E cosa dire poi di quell'attacco. Baggio, Mancini, Vialli, Carnevale e Serena li conoscevamo tutti. Ma da ragazzino il calciatore che mi entusiasmava maggiormente era forse uno dei meno attesi: Salvatore Schillaci. Lui, del Sud come me, segnava sempre. Ogni volta che bucava le reti avversarie mi provocava delle emozioni indelebili. Tra me e me pensavo: "Magari lo prendesse il 'mio' Napoli...".

In quel Mondiale ebbi modo di apprezzare anche il Camerun. Lo confesso, adoro le squadre africane. Mi piace il loro modo di intendere il gioco del calcio, compresa quella loro ingenuità che, troppo spesso, non ha consentito loro di vincere qualcosa di importante. Non sono come noi italiani, maestri della tattica. Loro vivono il calcio con allegria, sono spensierati, ogni partita è una festa. In quel Camerun c'era un calciatore meraviglioso: Roger Milla. Aveva 38 anni, ma era fenomenale. Segnò 4 goal e fu protagonista. Dopo l'Italia il mio tifo andò a loro, una squadra che ti faceva riconciliare con il mondo del calcio.

Da napoletano non posso non parlare di Diego Armando Maradona. Lui nella mia città era una sorta di Dio. La scena che mi torna alla mente non è quella relativa alla sfida in semifinale giocata contro l'Italia, no. Ricordo invece una che mi è sembrata subito decisamente più forte. Mi riferisco a quel "figli di p..." gridato dall'ex Pibe de Oro come risposta ai fischi del pubblico dell'Olimpico all'inno argentino. Quella immagine mi fece molto male, non capivo. Io concepivo il Mondiale come una grande festa di sport, un evento emozionante.

A distanza di 30 anni, grazie a questo racconto, ho avuto modo di rivivere delle emozioni che resteranno indelebili nel mio cuore. Come vorrei che l'Italia ospitasse ancora una volta un evento del genere. Sarebbe meraviglioso tifare tutti insieme per la nostra Nazionale. Bando ad ogni rigurgito di campanilismo, tutti noi italiani uniti per celebrare i nostri eroi. In fondo siamo un grande popolo e nel calcio esprimiamo, da sempre, il meglio di noi stessi...


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