Il Sarrismo non si colora di bianconero: un fatto di DNA, epilogo già scritto
La Juventus ha esonerato Maurizio Sarri, i "giorni di riflessione" di Agnelli si sono tramutati in ore e la decisione è stata rapida, fulminea. L'eliminazione dalla Champions League, l'ennesima, e una stagione finita con un solo titolo (non accadeva da tempo) sono stati fatali ma, ovviamente, sarebbe riduttivo farne solo un discorso di risultati.
Questo perché uno Scudetto in casa Juve, ormai, non è più un timbro o una garanzia: ne sa qualcosa Allegri, esonerato da vincente ancor prima di Sarri. Vincere è l'unica cosa che conta? No, vincere non è abbastanza, ormai. La Champions, sì, la solita maledizione bianconera...ma non solo. L'arrivo di Sarri a Torino rappresentava un cambio di rotta, una dichiarazione d'intenti: vincere costruendo un gioco che diverta, aggiungere un senso estetico - il marchio del Sarrismo - allo schiacciasassi bianconero, meccanismo già oliato.
Eppure qualcosa si è rotto o non è mai scattato: una questione di DNA, forse, di una pretesa rigettata dal mondo bianconero. L'anti-Juve che conquista la Juve si è tramutato in un oggetto estraneo, un elemento chiamato fin da subito a "convincere" tutti di essere all'altezza, senza mai diventare parte di quell'identità. Il tanto celebrato e citato Sarrismo non parla bianconero, necessita di un motore diverso, di pretese più orientate al "modo" che non al raccolto finale. Il messaggio alla fine è arrivato, forte e chiaro, e Agnelli non ha potuto far finta di niente.
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