Il ritorno di Ibrahimovic al Milan: uomo della provvidenza o fumo negli occhi?

Due narrazioni diverse di un ritorno atteso, ufficializzato ieri.

Zlatan Ibrahimovic
Zlatan Ibrahimovic / Marco Canoniero/GettyImages
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Non era un mistero, gli indizi erano abbondanti già da tempo, e ieri è arrivato il timbro ufficiale: Zlatan Ibrahimovic è nuovamente parte del Milan, pur se in vesti lontane da quelle di calciatore, e si prepara dunque a vivere la sua prima esperienza dirigenziale dopo l'abbandono del calcio giocato. C'è una narrazione frequentemente percorsa in queste ore, pensando appunto al terzo atto dello svedese in rossonero, un racconto che ci pone davanti a un uomo dal carisma e dalla storia sportiva tale da rappresentare un valore aggiunto, un bonus per l'intero club rossonero.

Un tipo di immagine che - seguendo tale linea - dovrebbe compensare una posizione tornata fragile di Stefano Pioli: l'ex eroe Scudetto tornato sulla graticola, agli spifferi neanche troppo silenziosi dei #PioliOut, agli esami che di fatto non finiscono mai. Si pone perlopiù l'accento sullo spessore indubbio di Ibrahimovic sia come uomo di sport, forte di esperienze di primo piano in ogni parte del mondo, che come vero e proprio marchio, come totem a cui aggrapparsi volendo scoprire identità e forza comunicativa.

Dalla chiarezza al caos

Esistono però, neanche troppo tra le righe, aspetti che rendono più nebuloso il tutto, che perlomeno portano a interrogarsi su più livelli di questo atteso e pubblicizzato ritorno. Si è spesso sottolineata, in passato, l'importanza di un Ibrahimovic "operativo" e dal ruolo ben delineato già sulla carta: non una prestigiosa figurina da mostrare con orgoglio ai tifosi ma, appunto, un valore aggiunto nel lavoro dirigenziale o (in alternativa) come trait d'union tra società e squadra.

C'è qualcosa insomma, nel comunicato ufficiale del Milan, che stride con tale presupposto e che crea una certa nebbia attorno al ruolo dell'ex fuoriclasse: come se la nota rossonera tradisse la volontà di cogliere dallo svedese un raggio troppo ampio di qualità e di valori, perdendo il focus (perlomeno a priori). Da un lato "l’intelligenza e lo spirito imprenditoriale" fuori dal campo e dall'altro il contatto con lo spogliatoio e la pianificazione sportiva: due aspetti complessi da conciliare, nel quotidiano.

AC Milan v FC Internazionale  - Serie A
AC Milan v FC Internazionale - Serie A / Anadolu/GettyImages

La posizione ufficiale ricoperta da Ibrahimovic sarà quella di Partner Operativo di Redbird, collaborando in tale veste "nel supportare il portafoglio di investimenti esistente di RedBird nei settori sport, media e intrattenimento. Aiuterà a reperire e valutare nuove opportunità di investimento per l'azienda e fornirà consulenza alle società del portafoglio RedBird su progetti commerciali, strategie di contenuti digitali e iniziative strategiche di costruzione del marchio per estendere la loro presenza su base globale".

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Ma non finisce qui, si parla di Ibra anche in qualità di Senior Advisor della Proprietà, e di un "ruolo attivo nelle operazioni sportive e commerciali del Club e contribuirà a rafforzarne la cultura vincente. Il suo mandato includerà lo sviluppo dei giocatori e la formazione per alte prestazioni, la promozione del marchio globale e degli interessi commerciali di AC Milan e il sostegno a progetti speciali di importanza strategica, incluso il nuovo stadio".

Don't call me Zlatan, call me God

Due diverse anime della società, dunque, due panorami del tutto distinti che si mescolano e che includono a loro volta un mosaico infinito di opportunità/sfide: le strategie commerciali, la promozione del marchio, il nuovo stadio, le operazioni sportive, lo sviluppo dei calciatori. Si è spesso giocato sulla tendenza di Ibrahimovic ad accogliere ben volentieri virtù quasi messianiche, rivendicando la propria unicità, ma in questo caso diventerebbe davvero necessario un presupposto di onnipresenza e di onniscienza per rispondere compiutamente al puzzle appena descritto.

Al contempo emerge un altro tema, forse ancor più dirompente, tale da indebolire mediaticamente la posizione di Pioli e della stessa squadra: il ruolo di Ibrahimovic risultò virtuoso nella sua ultima fase da calciatore, facendo da guida ai più giovani senza creare alcun problema al tecnico, ma - considerato il momento delicato vissuto dalla squadra ormai lontana dalla corsa Scudetto - un elemento di simile forza attrattiva rischia di emergere quasi in contrapposizione alla figura del tecnico, indebolendolo ulteriormente agli occhi della piazza.