I fischi di Parigi a Messi: l'ultimo paradosso di una realtà rovesciata

PSG vs Lyon: French Ligue 1
PSG vs Lyon: French Ligue 1 / Anadolu Agency/GettyImages
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Quale spazio separa una presentazione in pompa magna dall'eco dei fischi, come si spiega la voragine tra una febbricitante attesa all'aeroporto e un silenzioso imbarazzo che segue i mugugni di uno stadio? Si tratta dello stesso grado di separazione tra il ruolo di eroe e quello di estraneo, non può essere una distanza fisica e somiglia piuttosto a una sovrapposizione di realtà parallele, inconciliabili tra loro e del tutto in contraddizione.

Eroe o estraneo?

Sono passati pochi giorni dal Lionel Messi preso d'assalto a Buenos Aires, sull'onda lunga dell'euforia per il Mondiale vinto: una divinità scesa sulla terra banalmente per cenare, investita dall'incontenibile devozione di un popolo riconoscente. E poi la sicurezza che tiene lontana quella foga, i sorrisi in risposta a chi vorrebbe abbracciarti, portati in trionfo, idolatrarti a oltranza.

Lionel Messi
Paris Saint-Germain v Olympique Lyon / Xavier Laine/GettyImages

Pochi giorni ma, appunto, uno spazio infinito: Messi potrebbe serenamente cenare in un Bistrot parigino senza che voli una mosca, coi tumulti per strada che di certo non troverebbero nel calcio un loro motivo di esistere. In una placida indifferenza, con qualche mugugno o con gli sguardi storti dei passanti come unico segno di attenzione.

Dopo i fischi ricevuti contro il Rennes, dunque, Messi ha fatto nuovamente i conti con la frustrazione del "suo" pubblico: anche contro il Lione, alla lettura delle formazioni, il fuoriclasse argentino è stato investito dall'ondata di disappunto tradotto appunto in fischi.

La costante e mai sedata idea di un ritorno al Barcellona, come macigno che segue la Pulga ad ogni passo fin dal giorno dell'addio, rappresenta soltanto una delle pieghe in cui si inserisce questo surreale sottofondo, del tutto distante dalla febbrile accoglienza del "primo Messi" parigino e da quei sogni di gloria che portava (come pesante bagaglio) con sé.

La punta dell'iceberg

Esistono e non da oggi temi dalla forte carica paradossale all'interno della Parigi calcistica, a partire da una sorta di distacco identitario tra la "vecchia guardia" e ciò che il PSG è diventato. Il tema Messi, in sostanza, diventa la proverbiale punta di un iceberg ben più profondo e radicato: si tratta del capro espiatorio più efficace, dalla maggior risonanza, in un castello che scricchiola fin dalle fondamenta.

Come ribadito anche da ex calciatori e addetti ai lavori vicini al mondo del PSG, poi, il ruolo rivestito dalla "maledizione" Champions League appare dirompente. Diventa, insomma, la chiave di lettura necessaria per intrepretare ciò che altrimenti non avrebbe senso.

In modo efficace e illuminante, ad esempio, Blanc ha spiegato che "una volta usciti dalla Champions per i tifosi finisce la stagione del PSG, si pensa a quella dopo". Ed essendo il PSG, nelle intenzioni, una macchina perfetta per raggiungere la vetta d'Europa diventa fisiologico perdersi non appena l'utopia cade, veder sgretolare l'idea di perfezione sotto i colpi di realtà più strutturate e tradizionalmente vincenti in Europa.

Paris Saint-Germain v Olympique Lyon - Ligue 1 Uber Eats
Paris Saint-Germain / Xavier Laine/GettyImages

Un ritornello ormai noto a Parigi: cambiano i nomi e i volti ma la sostanza no, col tecnico di turno chiamato a raccogliere i cocci e a vivere (per assurdo) la caccia al titolo nazionale come un fastidio, come una noiosa bega burocratica da sbrigare in fretta. Una serie di paradossi saldamente connessi tra loro, coi fischi al più forte calciatore del mondo come acme, momento di sintesi ideale: come se, di colpo, si volessero voltare le spalle a un sogno che (per quanto luminoso) non è più il nostro.