Gli incompresi del calcio: Cengiz Under
Comprendere le cose è una virtù? La domanda sembra elementare, conducendo a una risposta affermativa senza grandi dubbi o ripensamenti. Ma può darsi che qualcuno arrivi a fare qualcosa in modo sublime anche senza comprenderlo del tutto? Non per stupidità, niente del genere, ma per una naturale distanza culturale, per il puro piacere di giocare, anche per troppa generosità. O, magari, solo per il fatto di non capire una lingua straniera.
"Non capisce una parola, è meglio così. Non deve tapparsi le orecchie in campo…" disse Di Francesco, tecnico che più ha creduto in lui durante l'esperienza alla Roma, parlando proprio di Cengiz Under. Detta così potrebbe essere la classica faccenda di "genio e sregolatezza", di qualità tecniche non sostenute da una mente e da un fisico altrettanto solidi, ma la storia è diversa e parte proprio da un paradosso: Under, nella sua capacità di emergere nel panorama turco, mise in mostra doti di abnegazione e di generosità decisive per farsi strada, per crescere senza troppi proclami, pedalando a testa bassa fino a diventare un vero e proprio fiore all'occhiello dell'Altinordu e, ancor prima, del Bucaspor.
Chi iniziò a intravedere barlumi veri di classe, restandone persino stupito, fu proprio Di Francesco e, per dimostrarlo, basta anche solo il paragone inatteso con Vincenzo Montella per il modo di calciare in maniera sorprendente: finché non colpisce il pallone non si capisce bene quando e come tirerà, rendendo così difficile anticiparne le mosse. In sostanza Under, per Di Francesco, ha l'abilità rara di "nascondere" il tiro e di non caricarlo in maniera tale da diventare prevedibile: qualità che apparteneva proprio all'Aeroplanino (pur con tutte le differenze palesi di ruolo in campo). Di fatto, alla fine, se lui ci capisce poco anche gli altri finiscono per navigare a vista.
Ci sono i gol segnati all'Udinese, al Verona e all'Inter, nella stagione 2018/2019, che spiegano bene quel che Di Francesco apprezzava tanto: un primo controllo eccellente, la rapidità nel puntare la porta e, senza la minima avvisaglia, il sinistro velenoso dalla lunga distanza: Handanovic immobile, che guarda il pallone entrare in porta, sul primo palo, dice tanto e forse tutto. La scena, poi, tiene vivi anche i rimpianti: ma che arma poteva essere? Il bilancio completo della vita di Under in giallorosso non è dei peggiori, si parla comunque di 88 presenze e di 17 reti tra tutte le competizioni, ma spesso il classe '97 si è trovato a vestire i panni del comprimario, del cambio in corsa o, nell'ultimo periodo, del subentrante a pochi minuti dalla fine, senza neanche il tempo per incidere davvero.
E si è dunque entrati nel circolo vizioso che, poi, permette di pensare a Under come a un "incompreso" o per un'occasione non sfruttata fino in fondo: poco spazio in campo, poche giocate da ricordare, qualche fischio ingeneroso e troppe voci slegate dal campo ma fatali per compromettere un possibile idillio. Che fosse una forma fisica da perfezionare, che si trattasse di prese di posizione politicamente inopportune (con tweet criticati dai tifosi) o delle continue news di mercato che lo vedevano protagonista resta l'idea di aver intravisto il barlume di un qualcosa che, per adesso, ha brillato soltanto a sprazzi e che, in fondo, ci si sia persi in un bicchier d'acqua.
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