Gli aspetti chiave della prestazione di Dusan Vlahovic in Juventus-Inter

  • Un gol che sa di futuro, per allontanare le voci
  • Ancora una rete di destro: non è più un punto debole
  • Il recupero su Dumfries e il dialogo con Chiesa

Dusan Vlahovic
Dusan Vlahovic / Anadolu/GettyImages
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Il repertorio delle esultanze rabbiose è quanto di più ricco e vario esista, all'interno dell'infinità di modi con cui si può esprimere la gioia dopo un gol: il gol come sfogo, come un fatto personale, un punto esclamativo alla fine di un discorso sgradito. Dita portate davanti alla bocca e inviti al silenzio, una consuetudine ormai rodata, un modo per liberarsi di un peso ingombrante e per rivendicare con forza il proprio ruolo.

Nell'esultanza di Dusan Vlahovic dopo il gol del provvisorio vantaggio in Juventus-Inter c'è anche questo, c'è soprattutto questo: un modo per dire che mentre gli altri parlano, mugugnano e sentenziano esistono i fatti (i gol) ed esiste un loro peso specifico in grado di spazzare via il resto. La lingua di un attaccante del resto è questa, prosaicamente, la sola risposta possibile e non soggetta a interpretazione.

L'attaccante serbo, nel corso di una carriera ancora relativamente breve, ha conosciuto già diversi momenti di riscatto e di rinascita, lo ha fatto innanzitutto nel suo periodo in viola: a lungo, anche nella Fiorentina, sembrava che Vlahovic non sbocciasse mai definitivamente ma - di fronte a una meritata fiducia - seppe poi prendersi il posto da titolare, premiando la lungimiranza di Prandelli e la voglia del tecnico di interrompere un'alternanza deleteria. Siamo dunque di fronte a un nuovo crocevia, a una nuova tappa di riscatto: la prova fornita contro l'Inter, con tanto di gol, ha in sé diversi aspetti degni di considerazione, spunti di fiducia in chiave bianconera.

Voglia di Juve

Uno degli aspetti che probabilmente hanno condotto Vlahovic a lasciarsi andare a quell'esultanza, così rabbiosa, può legarsi verosimilmente alle tante voci a tema contratto, all'idea che la Juventus viva come un peso l'ingaggio dell'attaccante serbo, al punto da non escluderne una cessione per non dovere (come da accordi) aumentare annualmente la cifra da corrispondere. Un Vlahovic troppo ingombrante a bilancio e meno incisivo sul campo, dunque, come narrazione in grado di irritare - comprensibilmente - il centravanti classe 2000.

Juventus v Inter - Serie A
Vlahovic / Anadolu/GettyImages

In quell'esultanza c'è dunque tutta la voglia di caricarsi la Juve sulle spalle, di porsi plasticamente al centro del progetto e di ribadire la volontà - al di là del discorso contrattuale - di fare da punto di riferimento, senza fuggire verso altri lidi. Vlahovic non spinge per un addio e, anzi, intende rivendicare il proprio valore per questa Juve, ripagando quanto speso dal club a suo tempo e allontanando le troppe distrazioni a tema bilancio.

Il lavoro di perfezionamento

Riallacciandosi a quanto già affermato, alle varie tappe di riscatto che Vlahovic ha già conosciuto in carriera, possiamo notare come cifra distintiva della vita calcistica del serbo una costante fame di miglioramento, un perfezionismo tale da voler sempre spostare l'asticella, senza adagiarsi. Nel corso della sua impressionante ascesa in maglia viola, quella spinta dalla fiducia di Prandelli e poi esplosa definitivamente con Italiano prima dell'approdo alla Juventus, si potevano già trovare tracce concrete di quella voglia di migliorarsi, di una costante sfida con se stesso.

Dusan Vlahovic
Italiano e Vlahovic / Gabriele Maltinti/GettyImages

Nei suo mesi migliori in viola l'attaccante serbo è gradualmente divenuto più concreto e cinico, trovando anche quei "gol brutti" che spesso gli mancavano, con Italiano poi ha alzato ulteriormente l'asticella diventando un punto di riferimento cruciale per una squadra che macinava gioco, limitando i difetti spalle alla porta e sviluppando un gran senso del collettivo. Mantenendo, a conti fatti, tutte quelle aspettative connesse al profilo di numero nove coi piedi da numero dieci. Ci si sposta poi sull'attualità e su un dato: gli ultimi tre gol di Vlahovic (contro Lazio e Inter) son stati segnati col destro. Un dato in totale discontinuità rispetto al passato, la testimonianza ulteriore della voglia di perfezionarsi, di annullare ogni potenziale limite.

Oltre al gol c'è di più

Nel gol firmato da Vlahovic contro l'Inter, poi vanificato dal pareggio di Lautaro, c'è tutto questo e anche di più: anche andando oltre il peso specifico della rete, anche soprassedendo sull'ennesimo gol di destro di questa stagione, possiamo notare come Vlahovic abbia costruito la rete fin dal recupero su Dumfries.

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Un incrocio virtuoso di intelligenza tattica e di fame agonistica, la ricerca di Chiesa per poi affondare come una lama nella difesa avversaria e concludere l'azione: un lavoro che ogni tecnico vorrebbe veder fare al proprio centravanti, un vero marchio di fabbrica di quello che fu il Vlahovic in grado di far innamorare Firenze (e di far investire pesantemente la Juventus, nel gennaio 2022). Un episodio, quello del gol di ieri, che detiene dunque un peso cruciale anche in ottica futura: una dichiarazione d'intenti e un segnale all'ambiente, oltre che un messaggio chiaro a livello mediatico per riportare l'attenzione sul campo ed allentare ogni rumore di sottofondo.