Com'era la Fiorentina nella stagione 2011/12

La Fiorentina di 10 anni fa
La Fiorentina di 10 anni fa / 90min
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Quella che sarebbe dovuta essere la stagione della crescita con Sinisa Mihajlovic alla guida, dopo un anno di assestamento con il serbo concluso al nono posto in classifica, si rivelò di fatto un'annata tempestosa, convulsa e ricca di stravolgimenti per la Fiorentina; tre allenatori diversi, una salvezza raggiunta faticosamente e una quantità con pochi precedenti di meteore e colpi di mercato certo poco azzeccati.

Di fatto si trattò della stagione che convinse la dirigenza gigliata a voltare pagina in modo radicale, per ritrovare un progetto convincente, optando poi per Montella e per il suo calcio fatto di possesso, con un centrocampo di qualità assoluta.

Sinisa MihajloviC
Mihajlovic in viola / Gabriele Maltinti/GettyImages

La Fiorentina 2011/12

Ma la storia, prima di arrivare a quel punto di ripartenza virtuosa, visse di tutt'altre vicende: era una Fiorentina alla ricerca di se stessa, nel bel mezzo di un cambio d'identità necessario per certi versi ma senz'altro doloroso. Una Fiorentina che perdeva quei pezzi a cui si era tanto legata nel corso degli anni di Prandelli: Frey e Mutu lasciarono i viola in estate, Gilardino lo fece nel mercato invernale, la presenza in squadra di elementi come Vargas, Jovetic (al rientro dopo un grave infortunio) e Montolivo non bastò per ridare entusiasmo e continuità, il tutto con una conferma di Mihajlovic che, a tutti gli effetti, si rivelò poi poco convinta e decisamente legata ai risultati.

L'avventura del tecnico serbo sulla panchina viola, un idillio a dire il vero mai sbocciato del tutto con la piazza, si concluse il 6 novembre 2011 dopo la sconfitta di misura al Bentegodi col Chievo: il bilancio viola parlava in quel momento di 13 punti in 11 partite, frutto di 3 vittorie, 4 pareggi e altrettante sconfitte. La situazione che si presentò successivamente ha dei tratti paradossali, a dire il vero non così rari ripercorrendo tappe recenti di storia gigliata: Delio Rossi fu accolto come il salvatore della Patria, come il tecnico che avrebbe riportato la Fiorentina a giocare un calcio piacevole, non solo conservativo, con l'ambizione di tornare a calcare palcoscenici europei.

Stevan Jovetic
Esultanza viola / Gabriele Maltinti/GettyImages

Il nome di Delio Rossi del resto aleggiava già da tempo tra radio e siti internet a tema viola, individuato proprio come l'uomo giusto per risollevare le sorti della squadra (a fronte di un Mihajlovic che mai aveva convinto del tutto).

L'episodio chiave: Rossi vs Ljajic

Quel che successe presentò però uno scenario del tutto diverso e certo meno lieto di quanto previsto, dimostrandoci come spesso le sensazioni di pancia, quelle che sulle prime ti appaiono giuste e da seguire, nel calcio finiscano per condurre in un vicolo cieco. Appena 6 mesi dopo, a inizio maggio 2012, lo scenario si ribaltò e Rossi si tramutò (mediaticamente e in modo troppo rapido) da eletto, da taumaturgo accolto a furor di popolo, in tecnico vissuto come troppo umorale per poter sostenere una panchina di Serie A.

Delio Rossi, Adem Ljajic
Delio Rossi e Ljajic / Gabriele Maltinti/GettyImages

L'episodio chiave, quello che a conti fatti resta nella mente ripensando a quella stagione, fu la sostituzione di Ljajic dopo mezzora di gioco contro il Novara, coi viola sotto per 0-2: un gesto di troppo e una parola fuori luogo da parte del talento serbo e Rossi si avventò contro il suo stesso giocatore, con tanto di intervento dello staff per sedare gli animi e fermare una surreale rissa tra allenatore e tesserato della sua stessa squadra.

Un momento diventato senz'altro virale ma anche capace di suggerire tanto di quel particolare periodo della Fiorentina, in cui le individualità superavano il gruppo, in cui la mancanza di coesione per una causa (e l'assenza di un progetto di gioco coltivato con continuità) portarono ad assicurarsi la salvezza solo alla penultima giornata di campionato, a Lecce, grazie a un gol di Alessio Cerci sul finire del primo tempo.

Sulla panchina gigliata c'era Vincenzo Guerini, individuato come uomo di fiducia, quello giusto per rimettere i panni dell'allenatore dopo 6 anni (e svestire provvisoriamente quelli di club manager). Un Vincenzo salvò la Fiorentina e un altro Vincenzo riportò entusiasmo pochi mesi dopo, col corso di Montella che riuscì poi a condurre la squadra là dove Mihajlovic e Rossi avevano fallito (con la complicità di errori di mercato e di un gruppo poco coeso).

Come giocava la Fiorentina

Il portiere titolare in quella stagione, dopo l'addio di Frey, fu il polacco Artur Boruc che già nella stagione precedente aveva sostituto il francese dopo il serio infortunio. La difesa rimase sempre a quattro con Mihajlovic, con uno tra Cassani e De Silvestri a destra, la coppia Gamberini-Natali al centro e con Pasqual come terzino sinistro. Con Rossi la situazione cambiò e i viola si schierarono spesso con il 3-5-2, con annessa crescita di Nastasic e Camporese e uno spazio sempre maggiore per gli allora giovani difensori. De Silvestri e Pasqual divennero a quel punto i quinti di centrocampo.

Vincenzo Guerini
Guerini saluta il Franchi / Gabriele Maltinti/GettyImages

A metà campo il terzetto più utilizzato fu Behrami, Montolivo e Lazzari (autore di un gol fondamentale all'Olimpico, nella vittoria con la Roma) con altre comparse entrate poi nella storia delle meteore viola, come Salifu, Kharja, Munari e Ruben Olivera (utilizzato anche come punta). In avanti Gilardino iniziò a vivere un periodo di flessione in viola e lasciò a gennaio, Jovetic venne spesso impiegato come prima punta nel 4-3-3 e poi nel 3-5-2. Come esterni e come seconde punte si alternarono El Loco Vargas, Alessio Cerci e Ljajic, protagonista come detto dell'episodio che più di tutti rimane impresso di quell'annata decisamente controversa.


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