ESCLUSIVA | Mendieta: "L'Italia con me non ha avuto pazienza. Arthur? Alla Juve per un motivo"
L'esperienza di Gaizka Mendieta in Italia risultò di fatto una parentesi, breve e dall'impatto diverso dalle attese, ma è innegabile che il centrocampista di Bilbao abbia tracciato pagine importanti in Spagna, in particolare con la maglia del Valencia. La redazione spagnola di 90min ha avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con lo stesso Mendieta e di soffermarsi anche su temi di sicuro interesse in ottica italiana: dall'esperienza alla Lazio agli ultimi intrecci di mercato sull'asse Juve-Barcellona. Queste le sue parole:
Gaizka perché alla Lazio non hai reso al tuo massimo livello?
"Io credo che il motivo principale è perché ci fu poca pazienza, una parola che nel calcio si usa molto, ma è difficile da applicare. La Lazio aveva appena vinto due titoli e aveva una super squadra. In quella stagione arrivarono molti giocatori nuovi, alcuni dalla Serie A e altri dall’estero tutti questi sono dei fattori che nel calcio si conoscono e richiedono un tempo di adattamento. Quando arrivi in una squadra praticamente nuova oltre ad ambientarti a livello individuale e personale, hai bisogno di tempo per capire i metodi di allenamento e il nuovo sistema di gioco. Poi in una squadra come la Lazio, c’era l’aspettativa logica che tutto iniziasse a funzionare sin dal primo momento e invece non andò così. Abbiamo avuto due allenatori e a livello societario diversi presidenti, quindi fu una stagione in cui, soprattutto per quelli che erano appena arrivati non c’erano i presupposti per fare bene. In quanto a me io credo che basti guardare i numeri delle presenze e dei minuti avuti a disposizione, per rendersi conto che non erano sufficienti per adattarsi ad un campionato difficile come quello italiano".
Se dovessi fare una classifica dei campionati in cui hai giocato come sarebbe?
"Senza dubbio metto la Liga al primo posto, soprattutto per la qualità delle squadre sia a livello individuale che collettivo e perché in tutte le partite c’è sempre un livello molto alto indipendentemente dalle squadre che scendono in campo e credo anche che negli ultimi anni sia diventato il campionato più competitivo a livello mondiale. Al secondo posto la Premier League, però quella in cui ho giocato io, non quella di oggi. Quella di oggi è diversa perché ci sono molti allenatori stranieri. Quando arrivai io era ancora da “addomesticare”, con un calcio molto offensivo. Ho avuto la fortuna di giocare in una squadra che giocava un buon calcio, quindi per un giocatore con le mie caratteristiche era divertimento assoluto, con partite piene di occasioni in cui le squadre si sfidavano colpo su colpo. Al Middlesbrough avevamo giocatori come Zenden, Doriva e Juninho. Al terzo mosto metto la Serie A per quella che è stata la mia esperienza. Era un calcio molto fisico e diretto che per un centrocampista come me a cui piaceva toccare molto il pallone era difficile. Però come ti ripeto, sento di non aver avuto a disposizione il tempo necessario per potermi adattare e godermi il calcio italiano, quindi è una classifica che si basa sull’esperienza che ho vissuto".
Cosa pensi dello scambio Arthur-Pjanic?
"Io credo possa giovare ad entrambe le squadre perché si tratta di due grandi giocatori. Arthur ha optato per la Juventus per avere la possibilità di giocare con più continuità. Ha avuto difficoltà a trovare spazio al Barcellona perché c’erano molti giocatori con caratteristiche simili alle sue. Pjanic invece per caratteristiche, può essere il giocatore in grado di far rifiatare Busquets ed è un tipo di giocatore che il Barcellona stava cercando da tanto. Arthur non corrispondeva più di tanto a questo identikit, mentre Pjanic sì. Fare quello che fa Busquets non è facile, però credo che il bosniaco possa dare garanzie".
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