Cosa può dare adesso Felix Afena-Gyan alla Roma?
Quando si parla di un classe 2003, di un ragazzo poco più che diciottenne alle prese con la Serie A, è evidente che la sua sua presenza in campo risulti già un traguardo considerevole, al di là del dato tecnico e delle analisi di rendimento.
Si cita spesso la scarsa propensione italiana ad accogliere prontamente i giovani più talentuosi, a dargli minutaggio e continuità, e già l'esordio col Cagliari lo scorso 27 ottobre, da parte di Felix Afena-Gyan, ha in qualche modo fatto notizia, ha acceso i riflettori e l'attenzione attorno al ragazzo esploso con la Primavera di De Rossi e monitorato già da Fonseca prima dell'addio e dell'approdo di Mourinho nella Capitale.
Adesso, bruciando decisamente le tappe, si è passati già allo step successivo: se col Cagliari il contributo del giocatore si poteva definire senz'altro virtuoso, nel finale, contro il Genoa di fatto Afena è risultato decisivo per la Roma, lo ha fatto ancora una volta rivelandosi lucido e attento nelle giocate e nei movimenti ma, ancor di più, mostrando personalità e classe coi due gol messi a segno, uno più bello dell'altro.
Stabilmente coi grandi: il timbro di Mou
L'attaccante ghanese, oltre ad aver regalato 3 punti alla sua Roma, ha scritto il suo nome nel libro dei record: primo 2003 a segnare in Serie A e primo, ovviamente, a concedersi persino una doppietta.
In tanti si chiedono, a questo punto, quale possa essere il contributo di Afena per la causa giallorossa, anche a lungo termine, e in questo senso José Mourinho ha già dato qualche indizio nel post-partita del Ferraris: il tecnico della Roma ha intanto ammesso, e non è poco, che Afena resterà in maniera stabile con la prima squadra, dispiacendosi in qualche modo per la Primavera di De Rossi e quasi scusandosi col collega per questo "furto" così pesante.
Un timbro che nei fatti era già arrivato, il giocatore ormai era già parte del gruppo dei grandi, ma la partita da protagonista a Marassi ha definitivamente rotto gli indugi e ha consegnato una volta per tutte in mano a Mourinho un'arma importante: adesso si tratta di comprendere come sfruttare la crescita del giocatore e, per certi versi, di come poterla indirizzare per renderlo un ingranaggio funzionale alla squadra, anche a lungo termine.
Cosa può dare Afena alla Roma?
Il tecnico della Roma, spiegando la ragione della sua fiducia nei confronti di Afena e la sua scelta di dargli spazio, ha citato la sua intensità e la sua capacità di dare verticalità alla squadra, un aspetto che era mancato soprattutto nel primo tempo, con scelte spesso prevedibili o più prudenti, a fronte di un possesso stabilmente in mano alla Roma.
La stanchezza di Shomurodov e un El Shaarawy "sacrificato" a tutta fascia hanno fatto il resto, aprendo al ghanese la strada per un finale da protagonista assoluto. Il 3-4-1-2 va considerato come episodico, legato soprattutto alle contemporanee indisponibilità di Spinazzola, Vina e Calafiori (con assenza totale di laterali bassi per il 4-2-3-1) ma coi rientri è verosimile che Mourinho torni al modulo che ha usato nella quasi totalità delle sfide di questa Serie A, per poi passare alla difesa a tre in emergenza.
L'aspetto interessante, pensando ad Afena, è anche la versatilità che gli appartiene: può disimpegnarsi come ala sinistra nel 4-2-3-1, partendo largo e accentrandosi, ma può anche vestire i panni della seconda punta in un 3-5-2 o in un 3-4-1-2, come accaduto ieri dopo l'ingresso al posto di Shomorudov e come successo stabilmente in Primavera.
Accanto alla versatilità poi spiccano doti certo non secondarie, una di queste è la complementarità rispetto agli altri elementi dell'attacco giallorosso: Afena offre possibilità decisamente differenti rispetto a Shomurodov e Abraham ma, al contempo, non è la "copia" dei giocatori chiamati a giocare sugli esterni, cioè di El Shaarawy, Zaniolo e Carles Perez. Un vero e proprio rinforzo "di mercato" fatto in casa e congeniale alle esigenze della squadra, rimasta priva di alternative come Cengiz Under e Kluvert, elementi certo utili in un 4-2-3-1.
La testa giusta: al servizio della squadra
A completare il quadro, e non è un aspetto da sottovalutare, c'è l'umiltà: Mourinho ha esaltato la grande voglia di imparare e di mettersi a disposizione, di assorbire insegnamenti e consigli dal mister, ovviamente, ma anche dai compagni più esperti, semplicemente osservandoli col giusto spirito e senza sentirsi arrivato.
Nessun rischio che possa montarsi la testa, considerate le premesse e le basi mentali solide che ha già mostrato di avere: poche scelte avventate, nessun dribbling azzardato, ma la capacità di capire in un dato momento della partita cosa serva alla squadra. Doti che, in genere, emergono col passare degli anni e che (in gioventù) lasciano spesso spazio a un'intraprendenza debordante e spesso "cieca", alla voglia di sgomitare per mettersi in mostra in mezzo agli altri.
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