Cosa abbiamo appreso dal primo appuntamento con Open VAR?
A fronte dei numerosi cambiamenti che attraversano il calcio nel corso dei decenni, a livello regolamentare ma ancor di più a livello mediatico e di fruizione da parte di tifosi e appassionati, c'è una costante che non conosce tregua o momenti di appannamento: la valutazione dell'operato arbitrale, spesso con atteggiamento critico e polemico, fa parte del DNA che il calcio si è costruito nel tempo e - in molti casi - diventa il principale terreno di dibattito, la cornice entro la quale si muovono i tifosi (virtualmente oppure fisicamente).
In questo senso un'altra costante è sempre stata quella di una distanza per certi versi abissale tra più mondi, da un lato quello delle società e dall'altro quello arbitrale, senza contare poi il "terzo incomodo" rappresentato dai tifosi e dall'opinione pubblica in generale. Distanza, questa, che può riportarci alla mente tutti quei folkloristici dibattiti televisivi in cui si reclamava "la moviola in campo" come panacea di tutti i mali, serate dai tratti surreali passate a sviscerare i temi arbitrali di ogni giornata, vere e proprie crociate (dai toni aspri) che hanno preceduto l'epoca di Calciopoli come punta dell'iceberg a livello di rapporti tra arbitri e opinione pubblica.
Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e ci troviamo, oggi, in un contesto in cui la tecnologia è effettivamente entrata - come ausilio sostanziale - all'interno del contesto calcistico, pensando alla goal-line technology alla possibilità di tracciare linee che aiutino a valutare il fuorigioco e, nel complesso, pensando all'introduzione del VAR. Tutte novità di rilievo, risorse chiave che richiedono però un lavoro cruciale in due direzioni: da un lato l'integrazione a livello regolamentare, all'interno di un quadro già definito, d'altro canto la necessità di ripensare all'identità arbitrale e ai rapporti tra la classe arbitrale stessa e tutte le altre componenti del mondo calcistico.
L'input di Gianluca Rocchi è esplicito in questo senso, lo scopo è quello di ampliare i contesti di dialogo tra le parti e di rendere la classe arbitrale sempre più aperta e trasparente: non solo i confronti coi tecnici e con le società, per dare delucidazioni e indicazioni, ma anche un passaggio storico come quello dell'apertura sul fronte mediatico, con un appuntamento televisivo che abbia nel designatore arbitrale il principale protagonista.
Open VAR: una prima volta per il calcio italiano
Siamo dunque all'attualità e a quanto accaduto domenica sera, dopo il posticipo della quinta giornata tra Torino e Roma, all'interno di Sunday Night Square: su DAZN è andato in scena Open VAR, un appuntamento per certi versi storico all'interno del panorama calcistico italiano, una prima volta a tutti gli effetti, con Gianluca Rocchi che ha avuto occasione di ribadire le proprie linee guida e di chiarire più punti relativi al regolamento, al rapporto tra designatore ed arbitri, alla possibilità di reagire dopo errori di valutazione e ai rapporti "di forza" in campo tra arbitro, VAR e collaboratori. Al contempo la partecipazione televisiva di Rocchi è stata un'opportunità per ricostruire e valutare episodi controversi che - fin qui - hanno contraddistinto la Serie A. Questi gli episodi presi in considerazione grazie agli audio dei dialoghi tra arbitro e VAR:
- Contatto tra Theo Hernandez e Lautaro Martinez in Inter-Milan
- Interazione tra arbitro e VAR sul rigore di Frosinone-Sassuolo
- Giudizio su pallone uscito o meno dal campo in Juve-Lazio (azione che ha portato al gol bianconero di Vlahovic)
- Espulsione di Baschirotto in Monza-Lecce, con l'arbitro richiamato dal VAR ma che ha confermato il rosso.
Si è trattato di episodi ritenuti esemplari e utili, non di situazioni legate alla quinta giornata, quella appena andata in scena. Questo perché, come ribadito da Rocchi, non era possibile entrare nel merito delle varie situazioni prima che il Giudice Sportivo si esponesse e prima che tutti gli audio e gli episodi dell'ultimo turno fossero opportunamente valutati.
Una questione di trasparenza
Questo ci fa capire come, di fatto, Open VAR non possa essere considerato come un mero appuntamento concentrato sulla stretta attualità, all'insegna dunque dei dibattiti accesi e delle impressioni a caldo, ma in sostanza potrà risultare un'occasione utile per togliere qualche dubbio, definire meglio i confini dell'operato di VAR e arbitro, capire i criteri con cui viene valutata una direzione di gara e - soprattutto - fondamentale per mostrare tutte le criticità e le complessità del lavoro del direttore di gara e dei suoi assistenti.
Criticità che si legano sì all'aspetto tecnico e di applicazione del regolamento, in breve tempo, ma che soprattutto toccano la sfera "umana" dell'arbitro. Proprio in tal senso Rocchi ha colto l'occasione per ribadire quanto sia cruciale un cambiamento di paradigma, una maggiore comprensione nei confronti degli arbitri e una necessità di ridurre al minimo proteste plateali e atteggiamenti polemici da parte delle panchine. Non una moviola, dunque, ma un tentativo di avviare un processo di cambiamento all'interno di una cultura sportiva spesso avvelenata o contraddistinta da toni aspri, priva di obiettività o di pragmatismo nelle valutazioni (quelle immediate così come quelle del giorno dopo).