Continuità o rivoluzione: due idee di mercato a confronto
Le ragioni per cambiare nel calcio sono molteplici e sfaccettate, non sempre dipendenti dalla propria volontà, e il mercato invernale - ancor più di quello estivo - sancisce una linea di demarcazione piuttosto chiara tra chi percorre la strada nota e consolante della continuità e quei club che, invece, si trovano a fare i conti con cambiamenti persino radicali.
La voglia di risollevarsi dopo un'andata deludente, gli sviluppi del mercato e le conseguenti toppe o semplicemente l'arrivo di un tecnico con diktat diversi da quelli del predecessore: anche l'ultima sessione di mercato ha sancito un punto di rottura, per diverse squadre, con tutte le incognite del caso.
D'altro canto c'è chi non è riuscito ad assicurarsi gli obiettivi prefissati o ha semplicemente preferito dar fiducia alla rosa, senza vedere il mercato come strumento utile alla causa. Scopriamo dunque i diversi scenari, i due schieramenti in Serie A, rispetto all'approccio al mercato appena concluso.
Continuità
Si ritiene che lasciare la strada vecchia per la nuova ponga davanti ai rischi dell'ignoto, al pericolo di derive sconosciute e di ricette da ricreare in fretta e furia. Esistono dunque realtà, a dire il vero la maggioranza, che scelgono di non sfruttare il mercato come soluzione di tutti i mali e che, al contrario, non alterano gli equilibri costruiti. In tal senso occorre fare un distinguo tra le società che, individuata la formula magica, non trovano logico cambiare quel che funziona e quei club che, invece, hanno palesato un certo immobilismo nonostante qualche difetto emerso nella prima parte del campionato.
A chi non trovava ragioni per cambiare s'iscrive senza dubbio l'Atalanta di Gasperini: nessuno scossone, con una cessione pesante come quella di Gosens che però (considerato l'infortunio del giocatore) non rimescola in alcun modo le carte rispetto a quanto fatto fin qui in stagione. Boga, al contempo, porta talento e imprevedibilità all'attacco: la ricetta però resta quella nota e rodata, quella della Dea di Gasperini. Nessun ribaltamento di prospettiva neanche a Bologna, col solo Aebischer a dare un'alternativa in più a Mihajlovic a metà campo, così come l'Inter capolista non ha trovato ovviamente motivi per ripensare un meccanismo fin qui fenomenale.
Marotta si è mosso per perfezionare quel che già andava, con un Gosens in più a sinistra e un uomo di fiducia d'Inzaghi come Caicedo. Nessuna nuova ricetta, solo qualche ingrediente in più. Nel caso di Lazio, Milan e Napoli, seppur per motivi diversi, l'immobilismo sul mercato ha fatto storcere il naso a più di un tifoso. Chi si attendeva un mercato biancoceleste indirizzato a profili ideali per il gioco di Sarri sarà rimasto deluso: è arrivato il solo Jovane Cabral ma gerarchie e titolari non cambiano, con buona pace del tecnico.
Il Milan ha semplicemente sostituito Pellegri con Lazetic, e ha seguito una linea ormai percorsa più volte: continuità, fiducia alle alternative e nessun rinforzo neanche in una difesa in cui la coperta è spesso corta. Una decisione rischiosa, per certi versi, ma coerente con quanto offerto da Maldini e Massara anche in estate. Il Napoli rinvia all'estate ogni discorso sulla sostituzione di Insigne: Spalletti crede nel gruppo che, del resto, fin qui ha meritato fiducia. In casa Sassuolo continuità fa rima con programmazione, come di consueto: al di là dell'addio di Boga i neroverdi hanno trattenuto i più forti e si preparano a sostituirli in estate con profili giovani, italiani e dal sicuro avvenire.
Torino e Verona dal canto loro, a fronte di un girone d'andata soddisfacente, hanno puntellato la rosa con intelligenza senza però alterare gli equilibri trovati con Juric e Tudor. Infine l'Udinese, al netto di uno Spezia che non poteva fare mercato: i bianconeri si sono limitati a sostituire i partenti in difesa, con Pablo Mari che appare il solo a poter insidiare i titolari (almeno a breve termine).
Rivoluzione
Se da un lato c'è chi ha proseguito sui binari già tracciati, come scelta più ragionevole o come immobilismo difficile da spiegare, non mancano squadre che hanno vissuto il mercato come occasione per reinventarsi. Una rivoluzione che non passa necessariamente da acquisti e cessioni in serie ma che regala anche una possibilità alternativa: pochi innesti ma in ruoli nevralgici, tanto da cambiare volto a una squadra e da metterla di fronte a incognite e tanta curiosità in vista del ritorno in campo.
Il mercato del Cagliari è emblematico in tal senso, con l'intenzione di puntellare il gruppo e di lasciar partire quegli elementi "di nome" ma ormai fuori dalle idee di Mazzarri, in tal senso anche la scelta di puntare su giocatori italiani (Baselli, Goldaniga e Lovato) suggerisce una programmazione, a fronte di addii ormai "necessari" come quelli di Godin e Caceres. La rivoluzione in questo senso porta a ripartire dal gruppo, a costruire uno zoccolo duro per puntare alla salvezza e assecondare Mazzarri. La Fiorentina non ha cambiato tanto ma lo ha fatto in modo da togliere certezze a Italiano o da obbligarlo, comunque, ad accelerare l'ambientamento dei nuovi: Vlahovic era un punto di riferimento, tanto da condizionare il gioco viola, l'attacco Gonzalez-Cabral-Ikoné intriga ma obbliga a trovare una nuova intesa tra giocatori che ancora non si conoscono.
Rivoluzione totale, in senso stretto, in casa Genoa: niente di conservativo ma un manifesto programmatico, partito con l'arrivo di Blessin in panchina e proseguito con l'innesto di giovani rampanti, provenienti anche dall'estero, e dal contemporaneo addio della vecchia guardia. Un piano rischioso, opposto a quanto visto in passato, ma certamente stimolante e in grado di riaccendere una scintilla. La Juventus si è assicurata il titolo di regina del mercato, lo ha fatto investendo con forza su Vlahovic ed entrando così a gamba tesa sulla sessione invernale.
L'acquisto del capocannoniere del campionato già di per sé ha un valore rivoluzionario, uniamoci gli addii di Bentancur, Ramsey e Kulusevski e l'acquisto di Zakaria e troviamo una squadra diversa, pronta ad attaccare Serie A e Champions. Non una squadra ribaltata ma qualcosa in più, un'iniezione di fiducia in un ambiente fin qui critico. Rivoluzione vera e propria in casa Salernitana: Sabatini è arrivato e come un ciclone ha messo mano al mercato, in entrata come in uscita, dando vita a una squadra che cercherà l'impresa salvezza puntando su un undici del tutto diverso da quello dell'andata.
Non solo quantità ma anche colpi ad effetto per il fanalino di coda: da Perotti a Verdi passando per Fazio, l'incognita fisiologica è l'amalgama da creare. La Sampdoria non è rimasta a guardare sul mercato, pur senza fondi a disposizione: Sensi e Supryaga sono innesti da seguire con attenzione, Conti e Rincon potranno dare una mano. Infine un Venezia sorprendente e non solo con Nani: Cuisance e Nsamé sono colpi che vanno ben al di là del discorso salvezza, innesti ambiziosi per un girone di ritorno in crescendo.
La terza via
Esiste infine una potenziale terza via, per completare il quadro: squadre che hanno cambiato poco, quantitativamente, ma che potrebbero scoprire qualcosa di nuovo e di importante nel ritorno (in positivo come in negativo). La Roma si è mossa con innesti mirati, Sergio Oliveira ha già avuto un rapido impatto sulla Serie A e Maitland-Niles è un jolly prezioso: le fondamenta sono le stesse ma i cambiamenti (seppur rari) potrebbero fare la differenza in positivo.
In casa Empoli l'addio di Ricci può pesare e non poco: Benassi e Verre daranno il loro contributo ma, mai come in questo caso, una singola cessione può cambiare volto a una squadra che fin qui si è messa in mostra come una delle rivelazioni del campionato. Un cambiamento che, a differenza di quanto ipotizzato per i giallorossi, non incoraggia e che non è stato certo accolto con favore dai tifosi.
Segui 90min su Instagram.